The wolf of Wall Street

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Titolo originale: The wolf of Wall Street. Diretto da Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Jon Favreau, Jean Dujardin, Shea Whigham, Spike Jonze, Jon Bernthal e Matthew McConaughey Anno: 2013, Genere: Commedia/Biografico, Durata: 179 minuti circa, VOTO: 10

Jordan Belfort (DiCaprio), giovane broker di New York, grazie alla guida di Mark Hanna (McConaughey) viene iniziato ad un mondo di sesso, droga ed esagerazioni di ogni tipo. Fondata la società di brokeraggio Stratton Oakmont con Donnie Azoff (Hill) e diventato milionario, farà sempre più fatica a controllare i suoi eccessi…

La prima cosa che sorprende è che a settantun’anni suonati Scorsese ha ancora la forza e la voglia di creare tre ore di spettacolo cinematografico originale e incalzante. E il film, tra farmaci e cocaina, mogli e prostitute, Yacht ed elicotteri, festini e un addio al celibato da due milioni di dollari, di respiro non ne lascia nemmeno un po’. Ma la domanda da porsi è: cos’ha voluto rappresentare il buon Martin? Per certi versi molto simile ai suoi film sulla mafia, The wolf of Wall Street è fondamentalmente una commedia nera sull’avidità dell’uomo, la biografia di un figlio del capitalismo, sincera e per questo in grado di evitare ogni facile buonismo.

Molti, in America, non hanno considerato questo semplice aspetto: una volta che scegli un protagonista, per quanto controverso, e lo rendi voce narrante, non puoi chiedere che contraddica le sue stesse parole, in una girandola di redenzione, buonismo e lezioncina morale. Tutto questo nel film non c’è, per fortuna, perchè Scorsese non si prende la briga di giudicare il suo personaggio (come non l’aveva fatto in quel mostro sacro di film che è Toro Scatenato, ricordo a tutti quei critici che stanno storcendo il naso) ma di lasciarlo girare a ruota libera. E lasciando che la sua parabola morale si infranga e si commenti da sola, consapevole che quando vengono abbattuti tutti i limiti morali e sociali il male entra per forza nella vita delle persone. Per questo ogni critica sull’eccessiva bontà dell’autore nei confronti del protagonista non sta in piedi: perchè l’etica è inseparabile dall’estetica.

Ma nel film “The wolf of Wall Street” c’è molto altro. Per iniziare l’interpretazione di un DiCaprio sovraccarico, che in tre ore affronta praticamente tutta la gamma dei sentimenti, per un personaggio affascinante e ripugnante in parti uguali. E almeno altre due interpretazioni d’eccezione, quella di McConaughey, riscoperta inaspettata e purtroppo utilizzata solo nel primo quarto d’ora e soprattutto Hill, che se non ruba la scena a tutti, almeno ammalia col suo fascino gigione e la sua carica sovversiva incontrollabile.

Grazie all’ottima trovata di abbassare i toni dal tragico (che nel film non appare praticamente mai) al comico, sono possibili scene straordinarie come quella con Belfort che impasticcato è ridotto un’ameba che si trascina sul pavimento dell’hotel o come la Stratton Oakmont trasformata da un festino quasi in un sabba infernale. Cari critici, se non vi sembra ironico e critico tutto questo, io non so che farci…

Edoardo Saccone

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