In occasione dell’incontro conviviale in programma per lunedì 15 dicembre all’Hotel della Città di Forlì, i soci e gli amici dell’Associazione di Cultura Romagnola “E’ Racoz” riceveranno in omaggio una copia dell’opera “Vicolo Sassi” di Sauro Rocchi dedicata a una delle più affascinanti strade della vecchia Forlì.
Nella “Guida raccontata di Forlì” Giuliano Missirini offre un’immagine suggestiva delle vie che conservano la pavimentazione in ciottoli di fiume che “intersecano il nucleo Garibaldi – Duomo – Maroncelli -Morattini… Una rete di vicoli che è difficile giudicare come belli. Ma se belli, è impossibile non trovarli stupendi. Sugli acciottolati della rete interna (ai tempi della prima edizione della guida le vie con tale pavimentazione erano: Gaddi, Sassi, Merlini, Maldenti, Placucci, Solferino e Torelli mentre ora lo sono rimaste solo le prime quattro Ndr.) si levano muri spessi e quasi sempre sgraziati; rare finestre suggeriscono interni discreti e tappezzerie centenarie; spigoli vivi si proteggono dal mozzo dei carri con cilindri classicizzanti di granito; sforano dalle porte carraie, dai recinti impervi, alberi senza età, aneliti di loggette aeree, colombaie massicce come torri… Vedere queste strade nelle ore di sole implacabile, o al gioco radente delle luci incerte. O spiare – all’alba, d’inverno – il dialogo, purissimo di geometria, che s’intesse fra le grondaie ancora cupe e il cielo che impallidisce”.
Al vicolo Sassi è dedicata l’opera di Sauro Rocchi, artista e disegnatore che nel 1985, dopo che nel giro di pochi mesi andò esaurita la pubblicazione “C’era una volta la via Bagnola”, diede alle stampe il prezioso volume “Vedere Forlì”, contenente 100 suoi disegni accompagnati da testi estratti proprio dal libro di Missirini, che è stata scelta dall’Associazione di Cultura Romagnola “E’ Racoz” per realizzare la cartella da donare in occasione delle festività natalizie 2014-2015.
Vicolo Sassi è una strada laterale di corso Garibaldi. Parte di fronte all’antico e affascinante edificio chiamato Casa Parmeggiani. Eretto nel Quattrocento su antiche strutture preesistenti, l’edificio costituisce uno degli esempi più suggestivi di architettura quattrocentesca forlivese. Fu di proprietà del pittore e architetto Marco Palmezzano, allievo prediletto di Melozzo degli Ambrogi, il quale peraltro mai vi abitò. La facciata è composta da quattro grosse colonne che so reggono le tre campate del portico: una campata presenta un doppio arco ribassato mentre ciascuna delle altre due racchiude una coppia di archetti pensili che si fondono al centro su di un capitello a goccia di spungone, decorato con una rosa a quattro petali.
L’interno ha perso totalmente i suoi connotati peculiari e originari a causa dei numerosi interventi di ristrutturazione a cui l’edificio è stato sottoposto nel corso dei secoli. La complessità delle soluzioni adottate porta a pensare che alla fase costruttiva dell’edificio abbia partecipato un maestro molto abile ed esperto. La struttura in legno del soffitto del porticato unitamente alla facciata testimoniano l’alto livello di sviluppo raggiunto a Forlì dall’architettura civile nel Quattrocento, come abbiamo evidenziato Marco Viroli e il sottoscritto nel volume “Forlì. Guida alla città”, edizione Diogene Books 2012. Confinante con Casa Parmeggiani sorge Casa Fusaroli già Brocchi. Dalle cronache cittadine si apprende che Caterina Sforza, nel 1495, in seguito all’uccisione di Giacomo Feo, suo secondo marito, fece incarcerare alcuni componenti della famiglia Brocchi. Dal loro cognome deriva la denominazione del porticato sottostante, prolungamento di quello di Casa Parmeggiani, popolarmente definito “La loza d’ e’ Pont d’ e’ Broch”.
Lungo vicolo Sassi si estendono le parti laterali dei palazzi Gaddi Pepoli e Torelli Guarini. Il primo è un imponente edificio sviluppatosi grazie all’evidente aggregazione di case medievali che, in quell’epoca, univano alle funzioni di residenza quelle di fortilizio. Il complesso divenne uno dei palazzi nobiliari più rimarchevoli di Forlì e appartenne alla famiglia Gaddi, di origine toscana, la quale a partire dal XVI secolo giocò un ruolo rilevante nella vita politica della città. Nel XVIII secolo i Gaddi commissionarono un importante restauro del palazzo agli architetti bolognesi Giuseppe Antonio Torri e Francesco Maria Angelini, i quali lo trasformarono in una splendida residenza barocca. Il 4 febbraio 1797 ospitò niente meno che Napoleone Bonaparte, di passaggio per un solo giorno a Forlì, che qui incontrò varie autorità locali, essendo l’edificio sede dell’Amministrazione Centrale dell’Emilia. Nel 1820 gli ambienti del piano nobile vennero affrescati dal pittore Felice Giani. Risale probabilmente allo stesso periodo il collegamento con Palazzo Sangiorgi, acquistato per essere utilizzato come accessorio all’edificio principale.
All’aspetto esterno piuttosto semplice, tipico delle dimore nobiliari forlivesi, ove “solo l’interno è dei padroni”, si contrappone la ricchezza di decorazioni, stucchi e affreschi che abbelliscono gli ambienti interni. Palazzo Gaddi è attualmente sede del Museo del Risorgimento e del Museo del Teatro che occupano una porzione dell’immobile, il quale, essendo uno dei palazzi più belli e prestigiosi di Forlì, necessiterebbe di un intervento di restauro conservativo complessivo, com’è stato ribadito anche nel libro “Forlì. Guida alla città”. Il progetto di recupero è al momento in fase di stallo, mentre risalgono a diversi anni fa il ripristino delle coperture e il restauro dello straordinario scalone, delle relative decorazioni e degli affreschi.
Sull’intera parte destra di vicolo Sassi si snoda lo storico Palazzo Torelli Guarini, elegante edificio cinquecentesco. La famiglia Guarini, di lontana origine bolognese, è documentata a Forlì sin dal 1172. L’edificio si distingue per le varie soluzioni architettoniche e decorative che vennero adottate nella sua realizzazione. Notevole è innanzitutto il seicentesco portale d’ingresso, contrassegnato da due pesanti stipiti che oscillano tra il classico e il barocco. Le sale del primo piano sono infatti alcune in stile barocco, altre in stile classico. All’esterno, sul lato destro del palazzo spicca un singolare balcone d’angolo in pietra d’Istria, riconducibile alla fine del Cinquecento, che si affaccia su via Torelli e che risulta essere l’unico elemento decorativo della severa facciata. Il cortile interno, che presenta caratteri rinascimentali, è a pianta quadrata ed è reso armonioso dalla presenza di tre archi per lato, con pilastri in cotto, completate da base e capitello corinzio in pietra. Per accedervi occorre superare un notevole cancello in ferro battuto, realizzato nel 1902 dall’artigiano Francesco Matteucci dell’omonima bottega di Faenza, su cui compaiono come figure ornamentali foglie di ippocastano. Al di là del cortile si allarga il giardino, su cui svettano una torre colombaia di proporzioni insolite oltre ad alcune sequoie e lecci maestosi e secolari.
Vicolo Sassi, nella parte terminale di sinistra, costeggia il retro di Palazzo Sassi Masini, edificio di fine seicento restaurato di recente per ricavarne alloggi per gli studenti universitari, capace di 120 posti. Si tratta di un insieme di fabbricati addossati l’uno all’altro, che vanno a circoscrivere una grande corte, dalla irregolare forma a ventaglio. Molto particolare è la lunga e mossa facciata dell’andamento a paravento, espressamente voluto per seguire il corso della strada. Sul fondale della corte, inserito in una nicchia, si può ammirare il “Ratto di Proserpina”, scenografico gruppo scultoreo in stucco di tema mitologico, probabile opera dello scultore Francesco Andreoli, databile intorno al 1818, copia del celeberrimo gruppo statuario di Gian Lorenzo Bernini. La presenza della scultura raffigurante la giovane rapita da Plutone, re dell’Ade, ha fatto sì che l’edificio sia ancora chiamato col nome di “Palazzo del Diavolo”, declinato in dialetto romagnolo. Il fascino e la magia della corte sono esaltati, specie durante la fioritura, dalla presenza di due straordinari glicine di oltre 160 anni di vita che coprono gran parte di due facciate fino alla copertura.
Grazie a Sauro Rocchi e all’Associazione di Cultura Romagnola “E’ Racoz” da ora in poi passeggeremo più spesso in vicolo Sassi per godere della suggestione che emana. Con la consapevolezza che il luogo stesso e quelli attigui sono stati protagonisti della storia della nostra bella città.