La Marì d’Otello
Indirizzo: via Isonzo 51 a Forlì
Recapiti tel.: 3895916294
Giorno di chiusura: mai
Orario di esercizio: mezzogiorno/sera.
Chiusura per ferie: mai
Si può prenotare? Si, la sera: indispensabile.
Accettano le Carte di Credito.
Come arrivare, itinerario consigliato: da Forlì portarsi a Porta Schiavonia, verso Bologna: dietro la grande stazione Agip troverai Via Isonzo, sulla sinistra vedrai la trattoria-pizzeria La Marì d’Otello.
Locale climatizzato e ha una piccola sala all’aperto.
Parcheggio: antistante, zona Agip.
Un paio di segnalatori mi hanno indicato La Marì d’Otello. Reputandomi, lo spero per voi che mi leggete, un “esperto della pizza”, ho ben pensato di recarmi quattro volte ad assaggiare la pizza prima di scrivere l’articolo.
Ho trovato una pizza buonissima e con tutti i crismi della pizza “meridionale” (napoletana). Il titolare è il Mauro Asirelli, forlivese doc, già noto come titolare della ex-Pizzeria Forum Livii: assieme al figlio Renam, conduce caparbiamente la pizzeria; in cucina troviamo due cuochi di cui uno addetto alla pizza. Dopo la chiusura del locale Forum Livii Asirelli si trasferisce ad Ischia e continua a fare il pizzaiolo: lì Mauro deve avere attinto dettagli e peculiarità della pizza partenopea, che oggi potremo assaporare nel suo nuovo locale, “La Marì d’Otello”.
Il locale La Marì d’Otello, rifatto ex-novo, è attivo da giugno 2014. Appena entrato nella pizzeria, lo trovo come ambiente semplice e rustico, tutto pulito ed in ordine. Mi piace la vivacità del locale e mi sovviene una mini-pizzeria a Posillipo: mi portò un amico di Napoli a mezzogiorno: quella volta mangiai 5 pizze margherite di cui 2 fritte. Marì d’Otello è ricavato da una struttura in mura bianche, sembra tufo, ricorda certi posti della Grecia, difatti le tendine a far da separé son anche lì. Come entri sulla sinistra troverai un piccolo lavandino attrezzato di tutto punto messo lì per lavarti le mani (io le lavo lì): davvero singolare. La sala principale conduce a quella secondaria, più piccola e un po’ più rumorosa della prima: in tutto avremo circa 50 coperti. Atmosfera festaiola, cordiale, familiare. Una ragazza aiuta ai tavoli assieme a Renam; Mauro farà il resto.
La Pizza. Quante volte l’ho scritto: per essere napoletana deve avere un certo spessore sottile, base non cruda né bagnata mai secca; deve possedere mordibezza; il suo impasto sarà stato a lenta-lievitazione; sopra avrà mozzarella di qualità e posta a tocchettini spessi irregolari, (non a carta-velina, tutta coperta); avrà un sugo di pomodoro di qualità senza semi nè bucce (alcuni, come Gigi de “Barone Rosso” a Medicina, mettono solo pezzi di pomodoro in qua e in là, senza bucce nè liquido); avrà un po’ di basilico; il suo famoso bordo sarà rigonfiato e morbido giammai secco (questa è la parte migliore della pizza.
Non è facile fare una buona pizza ma è allo stesso tempo, ahimè, banalmente ripetitiva spesso si commettono piccoli errori.
Serve molta manualità: una volta messa nel forno, la pizza va “monitorata”, deve essere alzata sovente con la pala e girata più volte su sé stessa cambiando posizione (in certi grandi locali vedrai un addetto solo per il forno). La cottura sarà velocissima (forni che viaggiano sui 450-500 gradi!) ed ecco l’importanza del girarla, se l’addetto non la ruota, avrebbe inevitabili bruciature nel punto in cui la pizza tocca il forno dato. Può capitare di trovare bruciature sulla base, le chiamo “ecchimosi”. Ricordo l’episodio di Amalfi, la migliore pizzeria del paese, eravamo in 12: arrivarono le pizze ed erano tutte, ma tutte, col fondo bruciato! Le portarono via tutte! Dopo mezz’ora arrivano le pizze nuove ma metà erano ancora bruciate! Si vede che non era serata.
Dimensione del locale: Due sale una piccola ed una più grande, un po’ di rumore di fondo (migliorabile, ad esempio, riparando i due mixer dei sorbetti, fastidiosissimi!).
Note sul locale e la tavola: tavola di legno, salvietta e tovagliolo di carta.
Servizi igienici: due bagni in buona sistemazione, carta asciugamani e dosatore sapone liquido (più il lavello posto nell’ingresso).
La Cucina come area: media ampiezza, attrezzata; forno a legna posto nella cucina, spazio relativamente stretto.
Note sulla cucina: a mezzogiorno offerta di primi e secondi piatti a prezzi contenuti, il classico “Menù da Lavoro”. Pizza di valore; birre selezionate.
Direzione: Mauro Asirelli; capo sala il figlio Renam.
Chef: Mauro Asirelli. Due addetti in cucina di cui un pizzaiolo esperto.
Target $$$: medio-basso.
Descrizione Menù:
– Antipasti: salumi misti romagnoli; Tavolozza detta “Orologio” di formaggi misti con schiacciatina (ottima).
– primi piatti: solo a mezzogiorno, vedasi come “menù del giorno” (buoni).
– secondi piatti: come sopra.
– contorni: di stagione.
Le Pizze:
– Margherita, loro la chiamano “Marì”: era un pò secca, ma di pregio, Voto: da 8 a 9 secondo le varie degustazioni effettuate;
– Calabrese (pomodoro mozzarella salsiccia broccoli),ottima; Voto: 8 e ½;
– Romana (pomodoro, mozzarella, alici, olive taggiasche, capperi. Un appunto sulle acciughe, troppo “salate”); Pizza di valore, Voto: 8 +;
– Vegetariana (pomodoro, mozzarella, verdure: troppa rucola, copre troppo). Pizza comunque ottima; Voto: 7 e ½.
– Vecchia Napoli (mozzarella; provola; salsiccia; friarelli) stupenda, voti: da 9 a 10 e lode, secondo le varie 4 degustazioni fatte.
– (seguono altre pizze, es. la 4 stagioni, tutte valide, voti superiori alla media)
– dolci: della casa, proposti a prezzi onesti. Evidenzio una torta napoletana.
– caffè, amari: nella norma.
Voti globali:
Locale: 7 e 1/2; Servizio 7 e 1/2; Menù/Pizza: da 8 a 10 e lode.
Piatti consigliati. Pizza a base bianca; il top è la “Vecchia Napoli”.
Le chimere gastronomiche: la vera Pizza Napoletana.
La Cantina/Carta dei Vini. Poche etichette di vino; registriamo una buona scelta di birre, anche di pregio.
E la carta …dell’Acqua: ottima acqua in bottiglia da 75 cc.
L’Olio, il sale & l’Aceto: nello standard.
“Sulla Porta”. Il locale è citato su queste Guide:
4live.it
Puoi anche provare in zona:
– Pizzeria Fofò Fo-Vecchiazzano (recensito su 4Live)
– Eataly (P.zza Saffi – FO recensito 4Live)
– Vittorio (Via Ravegnana – FO recensito 4Live)
– Le Querce (Via Ravegnana – FO recensito 4Live)
Cosa c’è da vedere in zona: Forlì: Musei San Domenico. Castrocaro. Faenza.
In definitiva: La pizza, napoletana è di casa, la fa da padrona.
Aggiornamento del 1 aprile 2018
È la new-entry “Pizza Partenope” che scatena il pezzo in essere dedicato allo stesso: una buona occasione per riprendere la vecchia recensione del locale ed aggiornarla.
Ho chiamato il titolare per una degustazione Renam Asirelli e mi avverte che il Provolone, ingrediente clou, è agli sgoccioli, ne è rimasta un quarto, mi prega sbrigarmi pena esaurimento scorte. Decido seduta stante per la pizza in degustazione, il verdetto sarà eccezionale, massimo dei voti. Così aggiorno il vecchio pezzo.
Renam Asirelli, figlio d’arte, parte una settimana in Campania, non solo gita turistica ma anche, e soprattutto, un affinamento e ricerca del meglio sul mondo della pizza. Dopo Silicon Valley, c’è Napoli Pizza Valley! Noi forlivesi ricordiamo con affetto la vecchia pizzeria Forum Livii del papà di Renam. Bene la scuola dei pizzaioli è quella partenopea, anzi di Ischia, location da favola.
Pizza denominata “Partenope”, in onore della Sirena magica che con un solo colpo di coda, formò il Porto di Napoli. Lo scopo, cercare materie prime nuove da proporre ai romagnoli, forlivesi, del locale Marì d’Otello: c’è riuscito. L’ingrediente principale è questo grande ottimo formaggio campano: Provolone del Monaco dop.
Si tratta di un formaggio a pasta filata, stagionato, semi-duro, prodotto da latte di vacca pregiata di razza Agerolese (una piccola nicchia ad Agerola – NA) ottenuto nell’area della penisola sorrentina-monti Lappari: parliamo di posti incantevoli da vedere almeno una volta nella vita.
C’è molta storia dietro questo provolone: l’appellativo “Monaco” dato dal fatto che i pastori, in inverno, usavano coprirsi con lunghe grandi mantelle, durante le lavorazioni, sembrando dei monaci. Bella questa similitudine con i frati, gente che lavora sodo e per poco, come i pastori. Già a fine dell’800 i pastori più evoluti portavano, in barca a vela, il prezioso formaggio sul porto di Napoli: ai tempi una provola era per pochi golosi buongustai. Oggi è più alla portata di tutti.
Si tratta dell’unico formaggio, assieme a quello di bufala, che vanta la Denominazione di Orgine Protetta, anzi, al fine di tutelarlo al meglio, è stato posto in essere un “Consorzio del Provolone del Monaco Dop”.
Renam mi spiega che questo utilizzato sulle pizze è da Presidio Slow Food, un’altra chicca che mi fa brillare gli occhi pensando a Carlo Petrini, premiato a Casa Artusi (Forlimpopoli).
Del Monaco Dop: sapore forte con retrogusto persistente tendente al dolce, note piccanti ma tenui; odore meraviglioso, fresco, invitante. Invecchiamento circa 18 mesi. Buccia e muffe sono commestibili! Squisito, ideale da “fondere”, centrato l’abbinamento, tutto napoletano, con la pizza.
Mi sconvolge la vista di una giovane ragazza che lascia nel piatto il “Cornicione” cioè il bordo della pizza, un po’ grosso, forse non si è abituati a questo tipo di pizza; potrei allargarmi su discorsi nord/sud del tipo “pizza sottile/pizza grossa” ma anche, terribile, “pizza croccante / pizza morbida”. La pizza dev’essere napoletana e basta, come questa. Comunque il mio “Cornicione” era perfetto.
L’assaggio. La pizza è “bianca” cioè senza pomodoro, scelta obbligata, da condividere. Decisamente basica ma non sarà propriamente un pizza dietetica, però non è grassa. Gli ingredienti: Pizza / farina selezionata; base bianca; Mozzarella del tipo “Fior di Latte” (di Agerola); Peperoni del tipo friggiteli (peperoncini dolci un po’ lunghi da non confondere assolutamente coi Friarelli!) saltati in padella; Salsiccia (favolosa); Provolone del Monaco Dop, presidio Slow Food, di Agerola (NA), una chicca. Condiscila con un filo d’olio leggero; da bere si consiglia una birra secca sgrumata non troppo alcolica: io ho bevuto acqua naturale per far si che il palato non si confondesse coi sapori.
La salsiccia: dopo la magia del Provolone, è l’ingrediente mi ha colpito al punto che ho chiesto se fosse stata sbollentata per “sgrassarla”, è stato risposto che era così naturale dal loro produttore di fiducia, perfetta magra buona, senza dubbio rara a trovarsi. Poi il Provolone del Monaco Dop: ormai un must su Forlì. E’ la new-entry “Pizza Partenope” che scatena il pezzo in essere dedicato allo stesso: una buona occasione per riprendere la vecchia recensione del locale ed aggiornala. Apprendo di questo nuovo “scoop” tramite mass media: se ne parla bene; serve indagare.
Subito incuriositomi ho chiamato il titolare per una degustazione: Renam Asirelli mi conosce bene ed è meta di pellegrinaggio sia personale che dei miei segnalatori forlivesi: mi avverte che il Provolone, ingrediente clou, è agli sgoccioli, ne è rimasta un quarto, mi prega sbrigarmi pena esaurimento scorte. Decido seduta stante per la pizza in degustazione, il verdetto sarà eccezionale, massimo dei voti. Così aggiorno il vecchio pezzo. Renam Asirelli, figlio d’arte, parte una settimana in Campania, non solo gita turistica ma anche, e soprattutto, un affinamento e ricerca del meglio sul mondo della pizza. Dopo Silicon Valley, c’è Napoli Pizza Valley! Noi forlivesi ricordiamo con affetto la vecchia pizzeria Forum Livii del papà di Renam.
Bene la scuola dei pizzaioli è quella partenopea, anzi di Ischia, location da favola. Pizza denominata “Partenope”, in onore della Sirena magica che con un solo colpo di coda, formò il Porto di Napoli. (Napoli città stupenda un po’ caotica ma ricca di sfaccettature contraddittorie). Renam è stato a Napoli dove ha incontrato anche maestri storici come Sorbillo, Michele ed altri. Lo scopo, cercare materie prime nuove da proporre ai romagnoli, forlivesi, del locale Marì d’Otello: c’è riuscito. L’ingrediente principale è questo grande ottimo formaggio campano: Provolone del Monaco dop.
Si tratta di un formaggio a pasta filata, stagionato, semi-duro, prodotto da latte di vacca pregiata di razza Agerolese (una piccola nicchia ad Agerola – NA) ottenuto nell’area della penisola sorrentina-monti Lappari: parliamo di posti incantevoli da vedere almeno una volta nella vita. C’è molta storia dietro questo provolone: l’appellativo “Monaco” dato dal fatto che i pastori, in inverno, usavano coprirsi con lunghe grandi mantelle, durante le lavorazioni, sembrando dei monaci. Bella questa similitudine con i frati, gente che lavora sodo e per poco, come i pastori.
Già a fine dell’800 i pastori più evoluti portavano, in barca a vela, il prezioso formaggio sul porto di Napoli: ai tempi una provola era per pochi golosi buongustai. Oggi è più alla portata di tutti.
Si tratta dell’unico formaggio, assieme a quello di bufala, che vanta la Denominazione di Orgine Protetta, anzi, al fine di tutelarlo al meglio, è stato posto in essere un “Consorzio del Provolone del Monaco Dop”.
Gigi Arpinati