Nel 1954 nasceva “Romagna mia”, una delle canzoni italiane destinate a essere un successo a livello internazionale. Sessant’anni fa, Secondo Casadei, detto lo “Strauss della Romagna”, incise il brano che ha diffuso il “liscio” romagnolo nel mondo, divenendo un vero e proprio inno. Nel luglio del 2014 è stato pubblicato il libro “Tu sei la stella, Tu sei l’amore. La vita e i luoghi di Romagna mia. Il diario inedito di Secondo Casadei” a cura di Giuseppe Pazzaglia, Andrea Samaritani, Paola Sobrero, edito da Minerva Edizioni.
Per celebrare l’importante ricorrenza, il volume contiene testi che ripercorrono le tappe fondamentali della carriera artistica di Secondo Casadei, una testimonianza della figlia Riccarda e un diario, fino a oggi inedito, scritto nel 1971, in cui il Maestro racconta la sua vita e la sua carriera dal 1919 al 1938.
La lettura di alcune parti del diario che abbiamo proposto in diverse occasioni – compresa la serata organizzata al Circolo Democratico di Forlì per celebrare i sessant’anni di “Romagna mia” insieme al Trio Iftode, chiamato a eseguire in modo magistrale diversi brani di Casadei – ci ha fatto scoprire che la prima importante esibizione pubblica di Secondo Casadei, avvenne a San Martino in Villafranca, frazione di Forlì, nel 1924, con l’allora famosissima orchestra di Emilio Brighi, figlio di Carlo Brighi (Zaclen), vero “inventore” della musica popolare romagnola.
Ecco cosa scriveva Secondo Casadei a ricordo di quella magica serata:
“1924. Qui si apre la strada del mio destino. Un giorno mi arriva una cartolina che ero invitato a suonare con una orchestra di Cesena e niente popò di meno l’invito era stato fatto dalla orchestra famosa di Emilio Brighi (detto Zaclen) fui presentato dal clarinettista Giuseppe Fantini facendo parte a detta orchestra. Ricordo che i miei genitori rimasero stupiti dicendomi: ma non può essere che possa andare con questa orchestra, il maestro rimarrà indubbiamente deluso, ma io con molto coraggio e faccia tosta risposi vedrete che incontrerò. Si fa la domenica e prendo la mia bicicletta e mi reco a Cesena dove abitava il titolare di questa orchestra, dopo la presentazione montai in macchina e partimmo per San Martino di Villafranca di Forlì.
Eravamo 5 elementi: il Maestro Emilio Brighi primo violino, io secondo violino, clarino Giuseppe Fantini, Viscardo contrabbasso, e il figlio del Maestro Ivo Brighi, che oltre a suonare la chitarra faceva anche da autista. La macchina in cui viaggiamo era una Fiat circa 900 di cilindrata, strada non asfaltata, in un tratto di 40 chilometri per arrivare sul posto si poteva incontrare una qualche macchina, qualche cavallo, e pochissime biciclette, io mi trovavo seduto accanto l’autista; ricordo che provai a parlare con l’autista, il capo orchestra fece uno scatto seduto nel retro dove si trovava con un urlo, mi raccomando non parlare mai con l’autista [per non distrarlo]. Potete immaginare che differenza di tempi: secondo me la macchina date le strade brutte si poteva marciare a 25 chilometri all’ora.
Arrivati sul posto con una grande aspettativa di gente, conoscendo la macchina perché il contrabbasso era legato sopra con delle corde, fummo accolti con un gran battimani e subito su sul palco attaccati al soffitto e incominciammo a suonare. Dopo fatto qualche programma il Maestro Brighi si complimentò; tenendo anche presente che come prima volta senza prove niente me la cavavo abbastanza. Finito il pomeriggio ci mandano a mangiare da un contadino dei più benestanti del posto e ospitati gentilmente con una grande cena e onorati di aver avuto l’orchestra a casa. La sera riprendiamo le danze con molto successo e quando fu verso le 11, l’abitudine di quei tempi era chiamare gli elementi, ognuno col suo a solo e nessuno ballava per ascoltare.
Prima di tutto incominciò il capo orchestra, poi chiamarono fuori il clarino Fantini, poi applausi dicendo: Ora vogliamo il ragazzetto che sarei stato pur io. Il capo Brighi mi guardò, non conoscendomi ancora troppo bene e mi disse: ti senti di fare qualche cosa anche tu? Dico volentieri. Gli altri due elementi avevano fatto un walzer per uno e io venni fuori con la celebre mazurca di Migliavacca. Non per niente, ma essendo fresco di un discreto studio, la facevo molto bene, il pubblico insistente con i suoi applausi,mi alzai in piedi e incominciai essendo un pezzo di musica molto noto e non essendo facile poterla ascoltare di sovente, ebbi un successo che non finiva mai di battere le mani. Si complimentò il capo orchestra con tutti i componenti. Alle 2 del mattino successivo termina il nostro programma, mentre si mettevano a posto gli strumenti il signor, Brighi va a fare i conti, poi mi venne incontro con 40 lire e con la buona notizia che era rimasto soddisfatto in pieno e se volevo restare con lui mi avrebbe tenuto per sempre. Potete immaginare che momento di soddisfazione, proprio emozionante; accettai la proposta in pieno e fui invitato come prime serate per il sabato successivo e la domenica assicurandomi 40, più 40 ottanta lire.
Arrivati a Cesena con questa macchina circa le ore 3 del mattino presi su la mia bicicletta poi mi recai verso casa. Ero molto coraggioso, ma in questi tempi che nelle stalle dei contadini durante la veglia non facevano che parlare nell’incrocio tale fra Gambettola e Case Missiroli ci si vede uno vestito di bianco, nel posto tale tutte le notti a tarda ora si presenta una immagine vestita di bianco. Dovevo passare avanti un cimitero, insomma erano momenti un po’ impressionanti. Ripeto mi salvavo essendo molto coraggioso, poi sapendo [che] nella tasca del retro dei pantaloni tenevo lire 40. Arrivai a casa circa le ore 4 del mattino i miei sentirono subito quando presi la scaletta nel retro, non avevano ancora chiuso un occhio pensando a me, convinti che non avessi fatto buona figura ecc…
Entro nella camera da letto dei miei genitori, e la prima parola fu la seguente: e allora come sei andato? Non bene, ma benissimo! Intanto mamma andatemi a prendere qualche cosa da mangiare che ò molta fame, poi vi racconterò tutto. Mi misi seduto sul letto, con un tegamino sul comodino, e incominciai a mangiare; loro restavano sempre nell’ansia che avessi incominciato il racconto di questa mia prima avventura. Dopo raccontato tutto il successo ottenuto, salto fuori col la grossa bomba, mi vado in tasca e tiro fuori 40 lire. Signori di questi tempi, ora voi vivete in un altro clima, ma erano soldi. Potete immaginare che mio babbo come sarto rinomato prendeva 4 lire a fare un vestito buono e questi soldi venivano dati un po’ per volta perché il soldo non c’era.
Mia mamma non ci vedeva più, si mise seduta sul letto e incomincia a contare, ed essendoci la lira, le 5 lire, i 4 soldi non arriva mai alla fine. Quando concluse arrivando alle 40 lire, salta fuori mio babbo dicendo ma ti sarai sbagliata; ma non può essere, la mamma ma come, poi li ò contati bene e da capo ancora… Sono proprio quaranta guardando al cielo con un urlo allegro e felice. Salto fuori io con l’altra novità, che ero stato impegnato per sempre e il primo sabato e domenica andavamo ancora a suonare e sono in tutto lire 80. Mio babbo alzò la testa guardando mi mamma [che] con le lacrime agli occhi disse: te lo dicevo che da un matto ci si tira fuori qualcosa. (…)”.
Per completare la storia dell’esibizione del giovane Secondo Casadei a San Martino in Villafranca sarebbe interessante individuare la famiglia presso la quale cenò insieme all’orchestra di Emilio Brighi e se di quell’avvenimento è rimasto qualche ricordo.
È questo un appello che rivolgiamo a tutti i lettori, nella speranza che, un momento tanto importante per la carriera del grande e indimenticato Maestro, non possa essere ricostruito con maggiore dovizia di particolari.
La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli