Quarant’anni fa, il 16 maggio 1976, l’intera città di Forlì, la Romagna de “mutor”, il mondo sportivo nazionale ed europeo restarono attoniti e profondamente colpiti quando si diffuse la notizia che Otello Buscherini, giovane campione motociclistico, aveva perso la vita in un terribile incidente mentre stava disputando una gara nella classe 250cc sul circuito del Mugello. Su quella tragica giornata ha scritto il giornalista Massimo Falcioni: «Ero presente il 27 marzo 1966 a Riccione quando Otello Buscherini debuttò con un bel secondo posto su una Benelli 60 super privat sul circuito del lungomare romagnolo ed ero proprio all’Arrabbiata uno del Mugello quando il 16 maggio 1976 il 27enne pilota forlivese fini tragicamente la sua promettente carriera…
L’autodromo del Mugello, spettacolare quanto impegnativo e pericoloso, era stato inaugurato nel 1974 e già due anni dopo fu teatro, davanti a una imponente cornice di pubblico, del Gran Premio delle Nazioni. In una giornata primaverile assolata, dopo aver corso in mattinata una 125 in chiaroscuro (prima di ritirarsi segnò il giro più veloce della corsa, ndr), Buscherini non voleva mancare il colpaccio nella 250 in sella alla competitiva Yamaha bicilindrica. Il forlivese, rimasto ingolfato nel serpentone al via, si riprese subito, agganciandosi al gruppo di testa con “numeri” che accesero la folla sugli spalti. Ma il boato del pubblico si trasformò subito in un cupo silenzio, anticipatore della tragedia: Otello aveva sferrato l’attacco nel punto più insidioso, in piega, all’Arrabbiata uno, per lanciarsi poi verso la salita dell’Arrabbiata due. Il bolide ebbe uno scarto tremendo, innescando a forte velocità la paurosa carambola fuori pista, con l’esito tragico.
Otello inseguiva la sua vittoria più luminosa e incontrò il buio della morte: lasciava lì, nella polvere insanguinata di una arena traditrice, con la vita, il suo sogno iridato, ormai a portata di mano… Buscherini viveva per le corse, era pilota di talento, non piccolo anche se magro come un chiodo, stilista alla Provini, un Giotto del manubrio, pennellatore di rara bravura ed efficacia, generoso e d’assalto, fin troppo, con staccate e sbandate che si tramutavano anche in paurose cadute. L’ultima delle quali – prima di quella fatale del Mugello – a Imola, con frattura scomposta dell’apofisi, prima vertebra cervicale ecc. Come era “duro” in pista, era altrettanto sereno, gioviale, aperto con tutti, sorridente con la battuta romagnola pronta, fuori dalla mischia delle corse».
Nato a Forlì il 19 gennaio 1949, meccanico di professione, Buscherini si iscrisse alle prime gare motociclistiche non ancora maggiorenne (per farlo carpì al padre la firma per l’autorizzazione). Esordì partecipando a una gara su un circuito cittadino, quello di Riccione, in un’epoca in cui le competizioni che si svolgevano lungo le strade delle principali località turistiche della Riviera romagnola erano all’ordine del giorno. Molto serio era il problema della sicurezza per il numerosissimo pubblico che correva ad assistere alle gare e che, per poter vedere al meglio la corsa, si accalcava a bordo pista o si arrampicava su alberi, cancellate stradali, balconi, ecc.
Otello si impose subito all’attenzione del mondo motoristico. Pluricampione italiano, amava correre ovunque, dalla salita alla pista, con qualsiasi moto. Corse e vinse con la Minarelli (fu anche recordman mondiale con la 50 e la 175 della Casa bolognese), con la Itom, Villa 125 e 250, Honda 125, Derby 125, Malanca 60 e 125, Morbidelli 125, Triumph 750, Yamaha 250 e 350.
Quella del 1967, in particolare, fu per Buscherini una stagione piena di successi, collezionò sette vittorie, numerosi piazzamenti e, su Minarelli 50 e 175, conquistò due mondiali sul quarto di miglio. Nel 1968 e 1969 fu alla guida di una Malanca con la quale, oltre ad ottenere buoni piazzamenti, si aggiudicò due titoli di campione italiano: nel 1968 tra i cadetti e l’anno dopo il Campionato italiano della Montagna.
Nel 1970, in un tremendo incidente durante una gara in Belgio, si fratturò il bacino. Tornò alle competizioni l’anno dopo vincendo il titolo italiano nella classe 125. Nel 1972 vinse tre gare internazionali, fu secondo in Italia per il titolo nazionale e quinto assoluto nel mondo nella classe 50 su Malanca. Il 1973 fu l’anno del trionfo al Gran Premio Riccione che si corse a Misano Adriatico, del secondo posto a quello di Pesaro, alle spalle del grande Angel Nieto, e delle affermazioni nel G. P. di Francia e di Roma, dove arrivò primo nella classe 125. Vinse due Gran Premi iridati a Brno, in Cecoslovacchia, e a Imatra in Finlandia. Fu quinto assoluto, nel mondo, per la 125 e campione d’Italia per la classe 50. Nel 1974 vinse il titolo tricolore 125 e fu terzo nella graduatoria mondiale. Collezionò inoltre una serie di affermazioni di rilievo, nelle varie classi, dalla Francia al Casco d’Oro AGV di Imola, da Misano al circuito olandese di Assenza dove si piazzò secondo. Vinse il G. P. di Abbazia in Istria e arrivò secondo, su Malanca 125, nella prima edizione della Coppa del Mugello, che poi gli fu fatale. Nel 1975, passato alla scuderia Diemme di Lugo, corse sulle leggendarie Yamaha giapponesi 250 e 350. Dopo tutta una serie di onorevolissimi piazzamenti internazionali vinse la seconda edizione della Coppa del Mugello, su Yamaha 250. Nel 1976, ritornato alla Malanca, arrivò terzo al Gran Premio d’Austria 125.
A 27 anni, campione italiano e primatista mondiale, padre felice della piccola Solidea avuta dalla moglie Grazia, perse la vita in uno dei circuiti più famosi per i tantissimi appassionati romagnoli di questo sport.
A Forlì è attiva da tempo un’associazione che porta il nome di Otello Buscherini e che organizza iniziative. Ha all’attivo numerose pubblicazioni a ricordo di Otello e degli altri campioni del motociclismo forlivese, che l’hanno preceduto, tra cui vi sono stati personaggi di grande rilievo nazionale e internazionale: Luigi Arcangeli, Sandro Artusi, Terzo Bandini, Arrigo Cimatti, Cesare Donatucci, Mario Preta, Olindo Raggi, Giancarlo Santarelli, Adalberto Sgarzani, Genunzio Silvagni, Dino Valbonesi (Cadinela), Orlando Valdinoci.
Dopo Otello Buscherini, prima Loris Reggiani poi Andrea Dovizioso hanno gloriosamente onorato e sostenuto la grande tradizione del motociclismo forlivese a livello mondiale.
La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli