«Dopo avere affossato volontariamente un progetto unitario di recupero e riqualificazione degli Istituti Culturali Forlivesi, fatto in epoca precedente, per disperdere l’azione in mille rivoli, adesso arriva il bello: trovare cosa mettere dentro agli edifici “recuperati”. Andiamo per ordine: dopo avere spacciato per grandi realizzazioni cose come il Palazzo Romagnoli, un costosissimo intervento per dare nei fatti lussuosi uffici ai funzionari della culture e per conservare sostanzialmente una raccolta di quadri, ecco che sono partite altre idee improvvisate e prive di reali significati come l’ex Santarelli, col quale si vuole smembrare la Biblioteca insieme con altre improbabili destinazioni, dipende dai soldi che si pensa di recuperare.
Potremmo continuare nel descrivere la mancanza di una visione lungimirante e strategica che pure con tante luci ed ombre ha caratterizzato alcune amministrazioni del passato, intendiamo qui soffermarci sull’ultima delle cose venuta agli onori delle cronache in questi giorni: l’ex palestra del Campostrino e l’immancabile chiosco, nate nell’era precedente a questa. Non si sa cosa si potrà mettere dentro alla palestra, si fa riferimento generico alla cultura e si dice che dovrà autofinanziarsi. Nessuno si è chiesto di cosa c’era bisogno a Forlì, se il recupero di quel pezzo di storia era funzionale a qualche cosa? Si balbetta di Università poi l’unica cosa su cui si punta… è il chiosco.
Anche quello non si sa bene come e per cosa possa essere utilizzato, cosa ci si farà dentro, se ci sarà la piadina o si farà altro. Una cosa sola è certa: pur di fare non sono andati troppo per il sottile, anzi pur di sostenere un’opera di cui non era chiara alcuna possibilità di utilizzo. è stata violata anche la legge. Infatti la costruzione di quell’orrendo cilindrotto di cemento all’interno dell’area di quel complesso insediato storico è espressamente vietata dall’art. A-7, comma 3, lettera c) dei contenuti della pianificazione- Capo A – II , Sistema insediativo storico, legge regionale 20/2000.
La sopra citata lettera c) del comma 3, art.A-7 recita infatti: c) non è ammesso l’aumento delle volumetrie preesistenti e non possono essere rese edificabili le aree e gli spazi rimasti liberi perché destinati ad usi urbani o collettivi nonché quelli di pertinenza dei complessi insediativi storici. Dopo la vicenda del “chiosco Corvini” si torna ad inciampare ancora su questi elementi di “rivitalizzazione”. Quello dei giardini Tonelli è stato demolito forzosamente, questo dovrà fare la stessa fine o si inventeranno un altro maccherone in spregio agli obblighi di tutela che riguardano la parte antica della città»?
Federazione dei Verdi di Forlì-Cesena