Si è conclusa, il 26 giugno, la mostra al San Domenico dedicata a Piero della Francesca e già si progetta la nuova mostra che farà parlare di sé, dai primi mesi del prossimo anno alla fine di giugno. Seguendo la prassi e la tradizione, poco prima della chiusura della mostra sono state tirate le somme ed i bilanci sulla mostra di Piero, che si è rivelata molto interessante e gradita ad un cospicuo numero di visitatori. Hanno illustrato, in maniera analitica ed esaustiva, il bilancio della mostra, il Presidente della Fondazione Carisp, l’Assessore Comunale in rappresentanza del Sindaco ed i responsabili della Società di servizi Civita che gestisce le mostre al San Domenico.
Non vi annoierò comunque con una lunga serie di dati e notizie, di scarso interesse per gran parte del pubblico. Quello che mi ha interessato maggiormente è stata invece la relazione di Gianfranco Brunelli, il responsabile della ricerca e del reperimento delle opere che saranno esposte, dai primi mesi del prossimo anno, nella nuova mostra al San Domenico. Il dottor Brunelli, come sanno tutti quelli che hanno seguito l’organizzazione delle mostre precedenti, è il classico Cireneo che, tutti gli anni, si carica della croce e si assume l’onere di cercare, pazientemente e sapientemente, le opere necessarie per l’allestimento della mostra successiva. Non mancheranno naturalmente i collaboratori e, prevalentemente, le pazienti collaboratrici che lo affiancheranno in questa difficile ricerca, ma, come noto, ogni museo, collezione privata o privati stessi, considerano le proprie opere preziosissime ed incedibili, o perché veramente tali, o per ottenere più alti compensi od altri particolari favori.
Molti ormai si chiederanno cosa aspetto ad indicare l’argomento della prossima mostra, interesse pienamente legittimo. Sciogliamo quindi l’arcano e, benché il titolo della nuova mostra non sia ancora definitivo, è già noto che l’argomento di tale mostra sarà l’Art déco, il movimento artistico successivo al Liberty (già trattato in una mostra precedente) che si è sviluppato fra le due guerre, ed in particolare nel terzo e quarto decennio del 20º secolo, ed ha tratto il suo nome dall’Esposizione Internazionale sulle Arti Decorative ed Industriali tenutasi a Parigi nel 1925. Il titolo completo della mostra parigina era: “Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes” da cui è stato ricavato il nucleo centrale, estremamente breve: Art déco, facile da ricordare ma diffusosi, in particolare, a partire dagli anni ‘60.
Il Liberty era stato uno stile fluido, elegante ricco di volute che si intrecciavano con forme floreali e popolate da piccoli animali che si rincorrevano negli eleganti cancelli in ferro battuto, molto spesso asimmetrici, e nei preziosissimi gioielli, anche questi spesso asimmetrici, fantasiosi ed animati ed arricchiti essi stessi da eleganti e preziose libellule dalle ali leggere o da altri fantasiosi animaletti, riccamente colorati, ed impreziositi da perle e pietre preziose. L’Art déco è tutt’altra cosa, le forme sono prevalentemente geometriche, simmetriche, spesso ripetitive, con figure a zig-zag, a scacchi e motivi a “V” che ricordano i raggi solari.
I materiali utilizzati sono spesso l’acciaio inossidabile, l’alluminio, il legno intarsiato o laccato e la pelle di squalo o di zebra. Troviamo anche forme aerodinamiche e a volte sfacciatamente opulente, come reazione forse alla crisi economica causata dalla prima guerra mondiale. Gli anni di massimo splendore di questo movimento sono gli anni ’20 e ‘30. Spesso l’Art déco viene considerata come un’alternativa al Modernismo ed al Razionalismo italiano in architettura, anche se non sempre è così.
Gio Ponti legherà in parte il suo nome a questo grande movimento così come non si potrà non attingere al ricco patrimonio del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza per l’allestimento della futura grande mostra sull’Art déco. Tale stile continua comunque a trionfare nella Parigi che gli ha dato i natali e vediamo anche grandi artisti come Picasso, Braque e Matisse mostrare interesse per queste nuove esperienze formali.
Con l’approssimarsi dei venti di guerra le luci della ribalta si spengono e l’austerità portata dalla guerra darà il colpo di grazia a questo stile legato alla moda, alle signore eleganti e slanciate fasciate in abiti lussuosi arricchiti dai gioielli di Cartier.
L’Art déco continuerà a vivere, per alcuni anni, negli Stati uniti d’America dove il Chrysler building di New York, con la sua originale guglia, si erge a simbolo di tale movimento.