In rappresentanza del Comune di Dovadola parteciperò alla celebrazione della Santa Messa che lunedì 8 agosto verrà celebrata da monsignor Lino Pizzi, Vescovo di Forlì-Bertinoro, nella cinquecentesca chiesa di Santa Maria della Neve di Sirmione, in occasione dell’ottantesimo anniversario della nascita di Benedetta Bianchi Porro. Sulla vita di Benedetta, in particolare da quando il 23 dicembre 1993 ne è stata riconosciuta l’eroicità delle virtù, sono stati scritti autorevoli libri e saggi.
Da molti anni a questa parte in occasione delle ricorrenze della nascita e della morte, sia a Dovadola, sia a Sirmione, dov’è deceduta il 23 gennaio 1964, durante le messe che vengono celebrate in tali occasioni, importanti rappresentanti della Chiesa, in particolare vescovi e cardinali, nel corso delle loro omelie mettono in evidenza la figura di Benedetta e invitando i fedeli a esplorare quel mondo interiore nel quale la Venerabile dovadolese ha vissuto fino “a raggiungere in breve altezze sublimi”. In sostanza hanno sollecitato a conoscerne lo sviluppo umano e spirituale seguendo la volontà di Benedetta di “collaborare con Dio”, pur nella cruda constatazione di una diagnosticata malattia che l’attanagliava fisicamente e in continua progressione, fino a condurla alla morte, ma senza mai domarla dal punto di vista spirituale, tanto da farle affermare che “Gesù mi dà soavità nella solitudine e luce nel buio”.
Ciò le permetterà, anche quando il corpo sarà completamente privo dei sensi, di “non ripiegare su se stessa restando sempre disponibile ad una amorosa attenzione ai tanti che, in numero sempre crescente, a lei fanno riferimento ed ai quali risponde con precise indicazioni di valorizzazione e di comportamento per un giusto mantenimento o recupero del senso vero del vivere”. Questa importante considerazione svolta dal vescovo di Forlì – Bertinoro, monsignor Lino Pizzi, nell’introduzione al libro che il suo precedessore, il vescovo emerito Vincenzo Zarri, ha dedicato a Benedetta ormai tre anni fa, ci deve fare riflettere, indipendentemente dalle nostre convinzioni religiose sulla forza del messaggio di Benedetta che dall’esortazione “Prendi la tua croce e seguimi” legge non una pesante consegna ma un messaggio di vita. Con tutto ciò che di orribile ogni giorno capita nel mondo è un messaggio che ci riguarda tutti per continuare a lavorare contro le ingiustizie sociali, le discriminazioni, la povertà, le privazioni in un’attività quotidiana fatta di gesti normali, ma anche decisi, che messi insieme fanno sperare nell’affermarsi di virtù civiche improntate alla tolleranza e non alla sopraffazione.