È notizia di questi giorni che tra dirigenti regionali APT e gli avvocato del capoufficio stampa della stessa azienda è avvenuta la conciliazione. Che carini. E pensare che dopo la scandalo scoppiato a fine luglio e raccontato sul Corriere della Sera dalla giornalista Anna Budini che denunciava il presunto tentativo di corruzione avvenuto al Palazzo del Turismo di Cesenatico ai suoi danni e di altri due colleghi, di conciliazione non parlava nessuno, anzi. Si promise chiarezza ed intransigenza di fronte ad eventuali responsabilità personali così gravi.
Fu la presidente di APT Servizi, Liviana Zanetti (nella foto con Fabio Grassi), pochi giorni dopo “i presunti illegittimi rimborsi spese ottenuti dall’ex Capo Ufficio Stampa e Comunicazione Fabio Grassi”, a conferire mandato “al suo legale di fiducia, l’avvocato Vittorio Manes, per valutare le iniziative più opportune per la tutela legale dell’Azienda” Anche la politica disse la sua: “Se saranno confermate, sono accuse molto gravi e noi, statene certi, saremo inflessibili nei suoi confronti”. Prenderemo gli adeguati provvedimenti”, tuonava in quei giorni Andrea Corsini, assessore regionale al Turismo.
Oggi, a conciliazione avvenuta, l’assessore commenta con soddisfazione l’esito dell’operato da parte dei vertici APT: “Mi pare di poter dire che l’azienda ha fatto ciò che doveva fare, affrontando il caso con rapidità ed efficacia. Si chiude – aggiunge Corsini – per la parte che riguarda l’azienda, una vicenda spiacevole”. Nessun commento però riguardo al presunto comportamento corruttivo di Fabio Grassi e al fatto che APT, nel provvedimento, non ne fa menzione. Intransigenza 2.0.
Per onore di cronaca, il caso Grassi scoppiò per effetto della denuncia del M5S regionale riguardo a cene e hotel di lusso pagati ai giornalisti da APT, denuncia alla quale hanno poi fatto seguire un altro esposto in procura per il caso specifico di Cesenatico. “A quanto ne sappiamo, è stato solo il M5s a presentare un esposto in Procura e alla Corte dei Conti su questa vicenda. Ne esistono altri? Apt ha intenzione di procedere anche in sede legale contro il suo dipendente?” Così Raffaella Sensoli, Portavoce regionale 5Stelle, si è espressa dopo la conciliazione avvenuta nei giorni scorsi.
I dirigenti dell’Azienza di Promozione Turistica regionale hanno infatti valutato, come promesso sui giornali, il comportamento del proprio dirigente Fabio Grassi ma da chi sbaglia paga, son passati a chi sbaglia concilia. Nella valutazione però, il collegio disciplinare ha tralasciato un fatto che aggrava ulteriormente la posizione di Fabio Grassi: il presunto tentativo di corruzione tentato nei confronti di tre giornalisti nel Palazzo del Turismo di Cesenatico non è uno scherzo ma un comportamento per il quale è doveroso far seguire provvedimenti. E sebbene anch’esso sia un fatto documentale (audio e pubblicazione cartacea di esso) esattamente come “le spese irregolari” non è stato considerato meritevole di giudizio dell’azienda ma lasciato solo alle valutazioni della magistratura. In pratica quel tentativo presunto di ottenere “il silenzio dei giornalisti” che a quelle cene non hanno mai partecipato, non ha provocato da parte di APT alcun provvedimento disciplinare. Intransigenza 3.0. Naturalmente la notizia sul cartaceo locale è uscita solo sull’unico, dei 3 quotidiani, che fin dall’inizio se ne occupò anche se goffamente, e cioè il Corriere di Romagna. Per il Resto del Carlino edizione locale e La Voce di Romagna, il presunto tentativo di corruzione per nascondere il peculato da parte del capo ufficio stampa Fabio Grassi non è mai esistito. Giornalismo 4.0.
La conciliazione da parte degli avvocati di Grassi con i vertici APT dimostra almeno che le spese irregolari sono state rilevate e per questo è stato sospeso dal suo incarico pubblico per 6 mesi ed condannato alla restituzione di 5.230 euro. Tornerà al suo incarico dirigenziale poco prima della stagione turistico balneare nonostante una prova audio nella quale in pratica “avviene la confessione” e soprattutto il tentativo di corruzione per nascondere altri reati. Non dimentichiamoci che tutto ciò, senza la denuncia pubblica della giornalista Anna Budini, oggi sarebbe ancora un segreto. Strano perché subito dopo il caso finito su tutti i quotidiani nazionali i vertici APT dichiaravano minacciosi che sarebbero state presi provvedimenti duri. Le solite frasi di facciata al momento del “bulirone” poi, col passare delle settimane, l’intransigenza promessa di fronte ad un caso cosi grave si è trasformata in “amnesia conciliante”. In un qualsiasi paese del nord Europa, il solo peculato di 100 euro avrebbe causato l’allontanamento definitivo di qualsiasi dirigente pubblico vita natural durante. Il tentativo di corruzione per nascondere tale reato pubblicato dal Corriere della Sera non avrebbe lasciato scampo a nessun amministratore ne dirigente pubblico del mondo occidentale. Ma evidentemente i vertici APT il presunto tentativo di corruzione audio documentato, è un fatto ininfluente. Bazzecole.
Cari dirigenti APT, se quei soldi fossero stati totalmente vostri e Grassi un dirigente stipendiato da voi, lo avreste cacciato 5 minuti dopo aver appreso il fatto e non aver ottenuto subito chiarimenti convincenti, documentali, cristallini. Se poi, a quell’utilizzo indebito di risorse private, fosse emerso un audio del tentativo per nasconderlo, al licenziamento avreste aggiunto anche l’esilio su una piattaforma marina. Non aver preso provvedimenti dopo aver letto ed ascoltato “la confessione denunciata e pubblicata” sul Corriere della Sera, dimostra quanto siate inadeguati nel giudicare il discutibilissimo comportamento di un vostro collega con ruoli dirigenziali. Per questo motivo dovreste dimettervi al pari di quanto ha fatto subito Fabio Grassi, consapevole lui per primo, di quanto sia indifendibile il presunto tentativo di corruzione raccontato “dalla confessione audio”, anche se qualche giorno dopo il “fattaccio”, il capoufficio stampa APT Fabio Grassi, parlava di “attacco politico”.