“La storia ufficiale dello stemma forlivese per come noi fino ad oggi la conoscevamo era incompleta, o meglio, mancava la vera conoscenza dell’origine dei due ovuli che l’Aquila di Federico tiene negli artigli“. Lo afferma lo scrittore forlivese Ivo Ragazzini nel suo libro “Sotto le branche verdi – Gli ultimi ghibellini”, racconto storico forlivese sulla strage dantesca del sanguinoso mucchio.
“Mentre l’aquila in campo d’oro che ci donò Federico è certa, dei due ovuli che l’aquila tiene negli artigli, non sono mai stati chiarite in modo univoco le vere origini fino al 2014, data di pubblicazione del mio racconto”, spiega Ragazzini. Quegli ovuli rappresentano, uno la bandiera ghibellina (croce bianca in campo porpora), e l’altro lo stemma dei guelfi bianchi con la scritta Libertas, antico grido di battaglia dei fiorentini. Ma chi erano i ghibellini e chi erano i guelfi bianchi e cosa c’entravano con Forlì? “Ghibellini eravamo noi forlivesi, filo-imperiali convinti, che avevamo ricevuto l’Aquila da Federico II, e i guelfi bianchi fiorentini che scacciati dai guelfi neri di Firenze, attorno al 1303 si unirono assieme ai ghibellini italiani per far causa comune e combattere i guelfi neri. Ma si unirono sotto di chi? Sotto Scarpetta Ordelaffi che divenne capo dei ghibellini e guelfi bianchi d’Italia nel 1303”.
Ecco cosa dice la cronaca di Dino Compagni: «La terza disaventura ebbono i Bianchi e Ghibellini (la quale gli accomunò, e i due nomi si ridussono in uno) per questa cagione: che essendo Folcieri da Calvoli podestà di Firenze, i Bianchi chiamorono Scarpetta degli Ordalaffi loro capitano, uomo giovane e temperato, nimico di Folcieri».
“Inoltre come scrisse Leone Cobelli, lo stemma originale che ci lasciò Federico II stringeva le armi del popolo tra gli artigli dell’aquila di Federico e Guido da Montefeltro consegnò bandiere ghibelline con croce bianca in campo rosso ai suoi reparti prima dell’attacco del sanguinoso mucchio nel 1282. Poi Guido da Montefeltro fu cacciato da Forlì e si fece frate assieme a Bonatti. e Scarpetta Ordelaffi divenne dopo un trattato firmato in toscana, capo dei ghibellini e guelfi bianchi D’Italia e si mise a combattere contro Fulceri de Calboli che aveva sconfitto a Forlì. Da notare che lo stemma bolognese, nostri nemici storici dell’epoca, risulta completamente opposto a quello forlivese, con due croci guelfe rosse in campo bianco e due stemmi dei guelfi neri con la stessa scritta Libertas ma in campo blu notte” prosegue Ragazzini.
“Tornando a Forlì tra i guelfi bianchi ci fu pure Dante Alighieri in persona, che venne a Forlì come segretario personale di Scarpetta Ordelaffi, e che vide la Crocetta, il monumento che avevamo creato dopo la vittoria del sanguinoso mucchio del 1282 sulla quale Scarpetta aveva posto le sue insegne con le branche verdi degli Ordelaffi, e stranamente nessuno ha mai notato prima, che quando Dante scrisse “E sotto le branche verdi sanguinoso mucchi si ritrova” stava parlando proprio del monumento della Crocetta e dei 2,000 francesi ivi seppelliti sotto. Tuttavia sarebbe molto riduttivo pensare che quel libro contenga solo queste novità perché oltre a contenere tutte le fasi della battaglia, contiene spiegato per la prima volta molte altre cose, compreso chi erano veramente gli Ordelaffi e chi era veramente la patrona forlivese prima della madonna del fuoco, ma queste sono altre storie che non vi rivelo e vi lascio il piacere di scoprire da soli” conclude Ragazzini.