Alla presenza del Cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, che ha celebrato la Santa Messa all’Abbazia di Sant’Andrea (La Badia) di Dovadola, domenica 22 gennaio è stata ricordata Benedetta Bianchi Porro in occasione dell’anniversario della morte avvenuta a Sirmione.
Della Venerabile dovadolese è stato scritto che è stata “la più chiara manifestazione del paradosso cristiano; la vita attraverso la morte, la potenza attraverso la debolezza, la conquista attraverso la perdita, la realizzazione di sé stessa attraverso il proprio annientamento. (…) Lungi dall’essere isolato e solo, il suo letto divenne un pulpito dal quale Benedetta “predicava senza predicare” lezioni di pazienza, umiltà, fortezza…”.
In effetti di fronte alla testimonianza di Benedetta tutti coloro che vengono a contatto con la sua storia si mettono nella condizione di pensare che le parole “suonano povere, ci si sente diminuiti, impari al proprio compito è non si può che ascoltare e tacere”. Ma i gravi problemi sociali che attanagliano le nostre collettività e quelle di tutto il mondo ci devono anche spingere a trovare le giuste motivazioni per un impegno di carattere civile affinché tutti coloro che vivono situazioni di disagio non si sentono soli.
A Dovadola c’è lo hanno insegnato nei giorni scorsi i trecento giovani che hanno partecipato al raduno degli Oratori Don Bosco. Per cinque giorni li ho visti attivi come non mai nel campo della solidarietà (hanno raccolto 300 quintali di cibo prontamente inviato alle loro missioni in Perù), così come si sono cimentati in campo culturale e religioso. A dimostrazione che le differenze, le diffidenze e le difficoltà si possono affrontare. Occorre prendere il bandolo giusto della matassa, che per Benedetta è stato il vivere pienamente la propria esistenza. Insegnamento che vale anche per tutti noi.
Gabriele Zelli