Una rara fotografia pubblicata sul sito “sanmartinoinstrada.com“, curato da Andrea Gorini, mostra il centro di San Martino in Strada nel periodo antecedente al Secondo conflitto mondiale. Lo si può dedurre dalla presenza nell’immagine della Casa del Fascio che fu costruita fra il 1934 e il 1936. Nel volume “Forlì. Guida alla città”, edito nel 2012 da Diogene Book, scritto da Marco Viroli e dal sottoscritto abbiamo dedicato un breve capitolo a questi edifici ed abbiamo scritto: “In un articolo dell’aprile 1934, pubblicato su “Il Popolo di Romagna”, dal titolo “Bisogna fare del fascismo un fenomeno prevalentemente rurale”, vengono fornite indicazioni per la costruzione delle Case rurali del fascio.
“Verso queste campagne che ci sono familiari (…) il fascismo vuol portare tutti i benefici della civiltà. (…) Per quanto modesta possa essere la Casa essa non avrà mai l’aspetto del Circolo ricreativo o del villino. Essa vuole ed ha una architettura virile e modernissima, tutta proprio del tempo nostro, senza la rimasticatura di vecchi stili, espressioni di età sorpassate. A tempi nuovi architettura nuova. Elemento fondamentale di ogni Casa del Fascio è la Torre Littoria. Essa non è e non sarà mai in queste case una semplice torretta di villino, disegnata o appiccicata alla meglio solo allo scopo di soddisfare il regolamento, ma al contrario rifuggendo da qualsiasi considerazione economica, o altro, la Torre, simbolo di potenza, deve essere alta, bene in vista, con linee e volumi ricorrenti nella casa in guisa da costruire non già un completamento, ma un tutto omogeneo, una espressione inconfondibile della Casa del Fascio”. In questo contesto si annunciava la costruzione di due edifici a San Martino in Strada e a Vitignano, da realizzarsi su progetti elaborati dagli ingegneri Gino Cervesi ed Elio Danesi. Una terza “Casa” sarebbe stata costruita a Pievequinta su indicazioni degli ingegneri Giuseppe Maltoni ed Elio Danesi. Il 28 ottobre 1936, anniversario della marcia su Roma, le tre Case del Fascio furono inaugurate con grandi festeggiamenti. Su ognuna svettava la Torre Littoria, come si può notare nella fotografia in questione, mentre al pianterreno e al primo piano si sviluppava una serie di spazi destinati a varie attività funzionali al regime, comprese quelle inerenti lo svago e il tempo libero.
Attualmente dei tre edifici quello di Vitignano è utilizzato come sede di un circolo ricreativo delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), quello di Pievequinta, dopo anni di abbandono e di crolli, è stato interamente ristrutturato e restaurato da un privato. Mentre quello di San Martino in Strada non esiste più dal novembre 1944. Infatti, durante il passaggio del fronte fu demolito dai soldati inglesi, come mi ha raccontato di recente il sanmartinese Domenico Saragoni, classe 1923, attualmente ospite presso la Casa di riposo Zauli di Dovadola, i quali per reperire materiale adatto alla pavimentazione della via Monda, in quel periodo impraticabile, non ci pensarono due volte e atterrarono la Casa del Fascio. In quei giorni nessuno poteva rivendicarne la proprietà e tanto meno cercare di salvarla.
Le testimonianze dell’epoca, come abbiamo evidenziato Marco Viroli e chi scrive nel libro “I giorni che sconvolsero Forlì. 8 settembre 1943 – 10 dicembre 1944”, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena, 2014, ci dicono che anche i liberatori spesso si comportarono in modo molto spiccio e discutibile.
A tale proposito abbiamo riportato nel volume la testimonianza di don Biagio Fabbri il quale descrive nel suo diario quando, il 9 novembre 1944, la parrocchia di Vecchiazzano fu invasa da truppe inglesi: “La gioia si tramutò presto in delusione. I militari penetravano ovunque e portavano via tutto: peggio dei tedeschi! Io corsi ad avvisare le famiglie rifugiate presso il Sanatorio, dove non erano ancora giunti gli inglesi, perché accorressero alle loro case invase dai soldati che stavano rovinando tutto. Gli inglesi entrarono anche nel Sanatorio. La voce si sparge anche verso Ladino e sul mezzogiorno quasi tutte le famiglie erano tornate nelle loro case”. Don Biagio racconta l’arrivo, il giorno dopo, del Genio Militare inglese che, avendo bisogno di materiale per sistemare le strade bucate dalle bombe, dalle granate e rovinate dalle continue piogge e dal passaggio dei carri armati, “cominciò ad abbattere le case colpite dai bombardamenti, case spesso ancora riparabili, asportando mattoni, coppi, travi, porte, finestre, tutto. Forse arrecò più danno il Genio in quattro o cinque giorni, che non le granate. Ognuno si sforzava di salvare quello che poteva, nascondendo.
Il fabbricato di fronte alla canonica, ad uso di cantina e legnaia, prosegue il parroco, già colpito da due granate e mal ridotto, fu interamente demolito e asportato. Stavano per abbattere anche parte della canonica vecchia che fu poi risparmiata, forse perché ormai non avevano più bisogno di materiali, e certamente anche dietro le insistenze della mia donna di servizio (…). Per tutto l’inverno le nostre case furono occupate dai soldati inglesi e da truppe di colore. Inverno umido e lungo, durante il quale i militari bruciarono tutto, compresi i pali delle viti. E nulla si poteva dire. A primavera giunsero anche le truppe polacche. Spesso i soldati coi carri armati attraversavano i campi per fare istruzione; sovente trasformavano un campo in un attendamento, o vi andavano per farne un campo di pallone. Finché nell’estate se ne andarono tutti e rimanemmo solo noi, italiani, spogli di tutto, con molta miseria e per di più in discordia tra di noi. La scomparsa del fascismo aveva fatto nascere la democrazia e quindi i partiti. A Vecchiazzano la grandissima maggioranza si schierò dalla parte comunista”.
La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli