Il tempo passa e nonostante un caso di gravità assoluta, i cui protagonisti sono amministratori e dirigenti pubblici con l’incarico di tutelare la salute dei cittadini, giornalismo e politica locale continuano a subirlo passivamente. Il caso riccionese delle mancate chiusure della balneazione ha offerto in questi ultimi due anni uno spaccato di come giornalismo e politica preferiscano nascondersi o limitarsi a fare “il compitino”. Dal loro punto di vista, approfondire problematiche importanti e comportamenti istituzionali certamente da chiarire sembra sconveniente. E lo è. Per quella che è a tutti gli effetti l’Autorità sanitaria comunale, cioè nel caso specifico il sindaco Renata Tosi, l’indagine aperta pochi mesi fa, ha un solo intento, quello di chiarire chi e perché nel 2015 non sono state emesse per ben 4 volte le Ordinanza di chiusura temporanea della balneazione a tutela della salute dei bagnanti.
Col risultato di lasciare le persone (non i cani) all’oscuro dei pericoli igienico sanitari corsi nell’immergersi in acque di balneazione, i cui risultati Arpae, ne determinavano lo sforamento dei limiti di legge e quindi l’oggettiva pericolosità. L’emissione di tali provvedimenti è un atto che la legge prevede scatti automaticamente in seguito ad un iter la cui procedura deve essere, per legge e logica, veloce e lineare:
alle analisi Arpa sforanti deve seguire immediatamente la proposta di chiusura della balneazione al sindaco da parte dell’Asl territorialmente competente, dopodiché deve scattare la conseguente ed inevitabile emissione dell’Ordinanza sindacale di chiusura temporanea della balneazione. Punto!
Ciò non è avvento e il fatto è di grande interesse giornalistico, oltre che politico. O no? Le mancate ordinanze, visto l’iter previsto dalla legge che lega al sindaco agli altri due soggetti istituzionalmente responsabili, hanno di conseguenza coinvolto nelle indagini anche dirigenti Arpa ed Asl. Scoprii da giornalista free lance quelle 4 mancate chiusure della balneazione nel settembre 2015, pubblicando un inchiesta giornalistica che dimostrava, dati pubblici alla mano, l’inutilità per come funzionava, del controllo microbiologico delle acque di balneazione. Perché lo definii inutile? Perché nell’80% dei casi sull’intera costa romagnola, la balneazione venne chiusa ad acque, analisi Arpa alla mano, già tornate idonee. Nel mondo una notizia così è chiamata scoop ma non in Romagna.
Dopo la divulgazione sulla mia pagina pubblica Facebook cercai di condividere tale notizia, a mio avviso importante per la comunità, con la stampa locale, con alcuni giornali nazionali e perfino con il Tg3 regionale. In quell’inchiesta nella quale controllai tutti i documenti pubblici emessi dagli organi pubblici interessati, scopri infatti che per quattro volte sulle spiagge di Riccione, le chiusure della balneazione non vennero mai emesse, nonostante sforamenti di legge notevoli (anzi, uno fu il più alto dell’intera stagione, degli allora 93 specchi d’acqua balneabili su migliaia di analisi). Tutto denunciato pubblicamente e doverosamente con riferimenti documentali precisi per chiunque avesse voluto verificare un fatto di enorme gravità ed eventualmente chiedermene conto.
Solo questo portale d’informazione nel dicembre 2015, appena glielo proposi, ripubblico l’inchiesta giornalistica con dati precisi ed incontrovertibili https://www.4live.it/2015/12/linutile-controllo-delle-acque-di-balneazione/. L’argomento balneazione per la stampa locale è da sempre spigoloso, se ne occupa quando costretta, quando inevitabilmente la notizia esce e non darla significherebbe “prendere il buco”, ma bisogna darla senza ovviamente approfondire, ne controllare anche quando i dati sono pubblici riportando magari le eventuali anomalie riscontrate. Nel mondo è chiamato giornalismo. Dalle verifiche però c’è sempre il rischio di porsi domande e magari di doverle porre ai protagonisti con l’unico fine di capire ed avvicinarsi il più possibile alla verità.
No meglio di no. Con la presa in visione integrale degli atti, qualsiasi cronista avrebbe potuto leggere le mail istituzionali intercorse tra i soggetti e la documentata presa d’atto di alcuni di loro rispetto alla consapevolezza delle mancate chiusure della balneazione e questo fatto non è un dettaglio da poco. Non aver ricevuto copia di ritorno, come legge prevede, dimostra che si è immediatamente conoscenza che qualcosa è andato storto, e non per forza dolosamente. Quei provvedimenti erano poi stati inviati, ricordiamolo, con la Posta Certificata che in caso di non arrivo avvisa con mail di ritorno la mancata ricezione di provvedimenti d’urgenza a tutela della salute pubblica, non il mancato arrivo degli auguri di Natale.
Il servizio PEC serve proprio a questo ed offre garanzie maggiori rispetto alla posta elettronica ordinaria. Ma ecco che finalmente nel giugno 2016 la stampa locale, grazie a Renata Tosi che avvisa di essere sotto inchiesta, riporta il comunicato stampa. Una notizia importante ma zero domande. Nel pezzo trova però spazio la solidarietà della Cooperativa bagnini, soddisfatti “del grande lavoro di monitoraggio e controllo effettuato dagli organi di vigilanza”. Grande lavoro certo ed è indubbio che negli anni quei controlli ha fatto scattare a Riccione decine di sforamenti, decine di chiusure della balneazione, continui declassamenti della qualità di alcune acque di balneazione (Marano su tutte), nonché decine di chiusure automatiche causate dagli sfioratori fognari della fognatura unica.
Nel gennaio 2017 la stampa locale si occupa nuovamente del caso riportando che oltre alle indagini nei confronti del sindaco si aggiunsero Dirigenti Asl ed Arpa, l’Assessore all’Ambiente Susanna Vicarelli e il Dirigente Pubblico Vittorio Foschi nonché il capo dei vigili Paolo Murullo. Anche in quel caso zero domande su documenti comunque pubblici, zero sui comportamenti istituzionali tenuti ma solo la dichiarazione della sindaca Renata Tosi: «Ogni disposizione in merito alla regolamentazione della balneazione è stata sempre presa nel pieno rispetto delle norme e con la totale ed irrinunciabile garanzia di preservare e salvaguardare sempre e comunque la salute pubblica».
Delle 4 Ordinanze di chiusura pubbliche ancora nessuna traccia, ciò legittima in pieno l’apertura delle indagini della Magistratura che ha il compito di stabilire cosa sia successo. Nel febbraio 2017 Renata Tosi viene interrogata in Procura a Rimini dal sostituto Elisa Milocco, notizia che la stampa accompagna con la seguente dichiarazione del sindaco: «Ho firmato e rispedito indietro per via telematica tutte le ordinanza relative ai divieti di balneazione che mi sono arrivate dagli uffici tecnici. Basta controllare». Chi ha controllato sa che quelle 4 Ordinanze continuano a mancare eppure dai documenti pubblici, le richieste da parte dell’ASL sono state inviate e protocollate. E questa sarebbe giornalisticamente una notizia di grande interesse che però il giornalismo mediocre non ha assolutamente neanche tentato di approfondire nonostante i protagonisti siano tutti personaggi pubblici con incarichi amministratavi importanti come la tutela della salute delle persone.
Le persone non sono state avvisate dei pericoli igienico sanitari, agli incaricati pubblici per tale mancanza non è stata fatta alcuna domanda ne da giornalisti, ne dai politici. È chiaro che ne io che ho comunque controllato l’intera documentazione pubblica a riguardo, ne la magistratura prima di finire le indagini, possiamo oggi stabilire con precisione le responsabilità penali, per quello c’è grazie a Dio il dibattimento. Ma i fatti sono fatti ed i giornalisti stabiliscono quelli, la magistratura come già detto sopra le eventuali responsabilità penali e la politica dovrebbe occuparsi di quelle politiche. Vediamo allora di ribadire i fatti fino ad oggi accertati:
Durante la stagione balneare 2015 per 4 volte in tre specchi d’acqua balneabili (Riccione Porto Canale 100mSud – Foce Marano 50mSud – Riccione Porto Canale 100mSud) non è stata emessa l’obbligatoria Ordinanza di chiusura temporanea della balneazione a tutela della salute dei bagnanti. Il dirigente Arpa e quello ASL territorialmente competenti non hanno ricevuto copia delle Ordinanze sindacali firmate, quindi emesse, subito dopo averle proposte, nonostante questo sia l’iter imposto dalla legge. Ciò dimostra però che sapevano che quei provvedimenti obbligatori e a tutela della salute non si erano “compiuti”. Non lo dico io ma la logica e alcune affermazioni nero su bianco nei documenti ufficiali.
In una seconda (?) mail dell’ASL dopo quella del giorno precedente che proponeva la chiusura della balneazione, il responsabile Francesco Toni scrive “Nel far seguito alla nostra precedente nota protocollata… si confermano pertanto le indicazioni già fornite con la precedente nota (Proposta chiusura balneazione)… Si prega di inviare tempestivamente allo scrivente Dipartimento Asl… ”. A ciò si aggiunge un ulteriore particolare davvero singolare; nella procedura non è prevista mai una seconda proposta di chiusura della balneazione, il seguito di quell’atto è sempre e solo l’invio quotidiano e ad oltranza dei risultati delle analisi fino a quando ritornati idonei, perché è solo il rientro nei limiti a poter sbloccare immediatamente la chiusura della balneazione.
Per legge, ribadisco, non è previsto un secondo richiamo per un provvedimento di pericolo della salute pubblica. I documenti ci dicono che l’Asl, dopo aver ricevuto puntualmente le relative analisi Arpae sforanti, ha inviato altrettanto puntualmente le 4 proposte d’urgenza alle tre mail istituzionali del comune di Riccione con posta certificata. Dodici proposte in tempi diversi… alle quali però non è seguita mai alcuna Ordinanza di chiusura temporanea della balneazione. Ed anche questo è un fatto. Due mesi fa la Procura di Rimini ha concluso le indagini ma quelle 4 ordinanze ancor oggi mancano all’appello. Stabilire perché, cosa sia successo ed eventuali responsabilità penali sarà compito della magistratura. Fino ad oggi però il giornalismo locale si è limitato al compitino del copia incolla e la politica si è guardata bene dal porre questioni ai protagonisti. Per la precisione quell’inchiesta giornalistica da me divulgata in rete due anni fa suscitò interesse solo dal passato Movimento 5 Stelle riccionese, oggi rinnovato.
L‘area di centro sinistra rimase codardamente silente ed in attesa degli sviluppi, anche se era chiaro come il sole che qualcosa era andato storto e che quindi era doveroso controllare politicamente cosa fosse successo o non avesse funzionato. Pretendere che vengano chiarite le responsabilità politiche sui problemi della balneazione comporta una contiguità con l’inevitabile danno d’immagine turistica e la conseguente perdita di consensi. Meglio strisciare e non perdere consensi. Singolare poi che questo atteggiamento abbia contagiato in questi mesi i paladini del giornalismo d’inchiesta e della difesa intransigente di salute ed ambiente e cioè i 5 Stelle riccionese, i quali nella passata campagna elettorale condivisero il silenzio tombale su un caso così eclatante con la candidata di Centro Sinistra Sabrina Vescovi. Ciò determinò di fatto la nascita a Riccione della coalizione degli struzzi.
Sembrava brutto affrontare quel caso politico amministrativo in maniera cruda, critica e polemica in campagna elettorale ma temporalmente troppo a ridosso della stagione balneare. Ed ancor oggi, a due mesi dalla conclusione delle indagini, la politica locale lascia all’aspetto penale l’esclusività del dibattito, quindi zero domande agli incaricati ed amministratori pubblici, zero polemica sulla mancanza di quei provvedimenti, zero richieste di chiarimento per un oggettiva lacunosa tutela della salute delle persone, in pratica zero politica in attesa del Giudizio Universale.
Fare gli struzzi sulle criticità conclamate della balneazione riccionese e nel funzionamento deficitario della tutela della salute dei bagnanti continua ad essere inefficiente, non risolve i problemi che paradossalmente la politica avrebbe l’incarico di risolvere. L’inchiesta sulla balneazione 2017 pubblicata poche settimane fa https://www.4live.it/2017/09/linutile-tutela-della-salute-pubblica/, dimostra che la situazione è perfino peggiorata. Dall’80% dei casi in cui nel 2015 la balneazione veniva chiusa ad acque, analisi Arpa alla mano, già tornate idonee si è passati quest’anno all’88% dei casi dimostrando in maniera incontrovertibile che questo servizio di importante tutela della salute pubblica risulta ancora, per come funziona oggi, inutile. Forse non è compito della politica migliorarne l’efficienza e chieder conto agli addetti ai lavori delle mancate tutele della salute pubblica, ma bensì del Divino Otelma.