Italia Nostra si oppone con fermezza all’ipotesi di spostamento della scultura di Antonio Canova, segnatamente nel refettorio del San Domenico, un progetto che potrebbe porre a repentaglio l’opera, privandola delle condizioni di conservazione ottimali di cui oggi gode.
La spettacolarizzazione del nostro patrimonio artistico nulla ha a che fare con il concetto di valorizzazione, non risponde ai problemi in cui da anni versano alcuni luoghi della cultura come Palazzo del Merenda e fa sprofondare ancor più nell’abbandono collezioni museali da troppi anni inaccessibili, ormai del tutto sconosciute alle nuove generazioni.
In merito al dibattito scaturito in questi giorni sullo spostamento della statua di Ebe di Antonio Canova, annunciato agli organi di stampa dall’assessore Melandri e appoggiato dal sindaco Zattini, il consiglio direttivo della sezione di Forlì di Italia Nostra intende portare al centro dell’attenzione i problemi conservativi legati a una simile operazione, dovuti all’estrema fragilità dell’opera. Ci dispiace constatare come tali rischi siano entrati finora solo marginalmente nella discussione sulla collocazione di quella che si intende promuovere come «suprema ambasciatrice» del patrimonio artistico della città.
Già in passato, prima del trasferimento nella nuova sede museale, la scultura è stata sottoposta ad accurate indagini scientifiche, che hanno messo in rilievo una serie di criticità, in primis quelle derivanti dal perno di ferro, ossidato, che àncora la testa al busto e che ha determinato una fessurazione longitudinale, progredita alla fine degli anni ’90, oltre a quelle nel tallone del piede destro. Quando la statua fu trasferita nel 2009 per la mostra dedicata a Canova, con tutte le precauzioni possibili ed altissimi costi e successivamente collocata nella sede attuale, si affermò che proprio per evitare danni dovuti a vibrazioni a cui è particolarmente sensibile, a possibili errori umani, si sarebbe cercato di non spostarla più.
La sala attualmente dedicata a Ebe è stata progettata per questa scultura a seguito di un approfondito studio. Nella sua forma vuol essere una citazione della vicenda che ha portato la statua alla Pinacoteca civica di Forlì dalla sala ellissoidale di palazzo Guarini Matteucci Foschi, tenendo conto delle indicazioni dello stesso Canova per la collocazione della ‘Danzatrice col dito al mento’ in palazzo Manzoni. L’attuale sala consente una climatizzazione controllata e un microclima stabile, fondamentali per una buona conservazione dell’opera. Ogni spostamento, per quanto fattibile, è sempre e comunque rischioso e in ogni caso qualsiasi nuova collocazione dovrà essere frutto di un progetto museografico e museologico, ovviamente approvato dal Mibact, ricreando le stesse condizioni di microclima e di sicurezza sismica.
Auspichiamo dunque che, prima di qualsiasi decisione in merito, la statua sia oggetto delle più accurate e aggiornate indagini e di attenti monitoraggi. L’ipotesi di una collocazione all’interno dell’antico refettorio del San Domenico, oggi punto di snodo dei percorsi museali, ci pare oltremodo impropria, non solo perché priverebbe il Museo di spazi fondamentali per la gestione dei flussi dei visitatori e per attività culturali che con regolarità vi si tengono, ma anche perché in tale luogo sarebbe molto più difficile garantire all’opera gli standard conservativi di cui oggi dispone, dato atto che il refettorio non ha un microclima stabile.
La presunta scarsa valorizzazione dell’opera, motivo che sarebbe alla base della decisione di un suo spostamento, deriva essenzialmente dal fatto che il percorso museale inizialmente progettato per i Musei San Domenico non è stato completato, dal momento che le sale che precedono quella di Ebe sono attualmente adibite a spazi espositivi temporanei, determinando un isolamento della statua. Siamo tuttavia fermamente convinti che le strade da percorrere per valorizzare l’Ebe possano essere molteplici e non richiedano necessariamente uno spostamento della scultura. Una copia, facilmente realizzabile grazie al rilievo tridimensionale realizzato negli anni passati dalla Facoltà di Ingegneria aerospaziale di Forlì, potrebbe accogliere i visitatori del Museo; in alternativa potrebbe essere collocata al piano terra un’installazione multimediale.
Nell’atrio di ingresso potrebbe essere sostituita una delle grandi immagini retroilluminate e dovrebbe essere reso nuovamente disponibile materiale informativo che valorizzi Ebe e le altre opere della Pinacoteca, invitando il visitatore delle grandi mostre a scoprire anche le collezioni permanenti della città. Non è infine da escludere l’ipotesi di riservare la sala antistante Ebe ad uno spazio che racconti le vicende storiche e conservative dell’opera. Questa sala sarebbe accessibile in qualsiasi momento dell’anno, anche nei periodi di allestimento delle mostre, grazie alla scala che la collega direttamente ai servizi di biglietteria e ristorazione; posta al termine dei percorsi delle grandi mostre, la sala diverrebbe così un invito alla conoscenza del patrimonio artistico cittadino.
Andrebbe anche riallestito lo splendido laboratorio del marmo realizzato dallo scultore Ivo Gensini, sul cui modello è stato realizzato quello di Possagno, che tanto successo ha avuto presso le scuole di ogni ordine e grado e presso il pubblico. Chiediamo dunque con forza a questa Amministrazione di aprire una riflessione approfondita sul patrimonio artistico della città, non solo su Ebe, ma anche su tutte quelle collezioni dimenticate (archeologica, etnografica, … ), che oggi risultano completamente sconosciute a gran parte dei cittadini, e su Palazzo del Merenda, da troppi anni bisognoso di un progetto di restauro.
Anche l’iniziativa “Un’opera al mese”, recentemente presentata con il nobile scopo di dare maggiore visibilità alla Pinacoteca cittadina, si fonda sul concetto, non possiamo in alcun modo condividere, che le opere debbano essere spostate dalla loro collocazione in occasione di conferenze-evento per essere adeguatamente valorizzate e spiegate. La cosa spiazzante è che questo principio viene applicato non solo alle opere inaccessibili, ma anche a quelle che hanno ricevuto degna e definitiva collocazione nelle sale dei Musei San Domenico, che in tal modo vengono sviliti, mentre sono uno spazio espositivo di eccellenza, con standard qualitativi altissimi, gli stessi parametri di qualità che hanno permesso di stabilizzare le condizioni di Ebe e che hanno reso possibile i prestigiosi prestiti internazionali a cui ci hanno abituato le grandi mostre in esso allestite.