Con Dino Amadori se ne va l’ultimo dei romagnoli influenti: un grande professionista e ricercatore, con uno straordinario impatto sulla società romagnola grazie allo IOR (Istituto Oncologico Romagnolo), in grado di condizionare i politici, non solo di Meldola e di Forlì, ma anche di Ravenna, Cesena, Bologna, ecc.
Nessuno, dopo di lui, potrà fare altrettanto. Prima di lui – Fellini a parte – solo i poeti: Spallicci, Guerra. Anche in questo – oltre che per il suo quotidiano mestiere di medico – sta l’eccezionalità assoluta di Dino.
“Tre fratelli, tre castelli, / eccoti l’Italia”: lo scriveva Giuseppe Giusti intorno al 1848. Mi è tornato in mente, quando ho saputo che il presidente della Basilicata ha deciso la quarantena per i cittadini di ritorno dal Nord. Anche al tempo del colera provarono a chiudere le porte dei paesi e a imporre una quarantena ogni 15-20 km: un viaggiatore nello Stato pontificio impiegò mesi per raggiungere il Po da Roma.
Nonostante polizze e salvacondotti, non funzionò. Solo la consapevolezza del rischio, ed un comportamento prudente conseguente, servono a qualcosa. Per questo, le attuali misure, non sempre significative dal punto di vista sanitario, contribuiscono tuttavia a creare, con la paura, una coscienza collettiva accelerata. Quella che la cultura scientifica, osteggiata da parte della politica e dei media “popolari”, non è riuscita, in tanti anni di Repubblica, a radicare nel corpo sociale. Speriamo ci riescano.