La pubblicazione “Quando a Forlì il primo sport era la palla al bracciale“, che ho presentato alla fine del 2018 in occasione delle premiazioni “Una vita per lo sport”, continua a destare ancora interesse. Pur raccontando alcune brevi storie di diverse discipline sportive e di atleti di un tempo, l’attenzione dei più si è concentrata su un’attività seguitissima per tutto l’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Sono state, e sono ancora numerose, infatti, le richieste di informazioni sulla pratica della palla al bracciale. In particolare, quasi tutti mi chiedono dov’era situato lo sferisterio.
Per lo svolgimento di questo sport serve infatti un campo apposito, tanto che la palla al bracciale è tutt’ora praticata in alcune parti d’Italia, soprattutto in quelle dove nel corso dell’Ottocento furono costruite strutture capaci di contenere migliaia di spettatori, come avviene a Forlì nel 1823 con la realizzazione di uno dei più grandi impianti d’Italia. In questo modo si diede linfa ad uno dei giochi più antichi e nel contempo allo spettacolo atletico più popolare in Italia e a Forlì fino alla Grande Guerra. Nel 1932, ai tempi dell’inaugurazione del Foro Italico, allo scultore Bernardino Boifava (Ghedi 1888 – Forlì 1953) fu chiesto di realizzare un “Pilibulus”, ossia un giocatore col bracciale, come emblema per rappresentare la Provincia di Forlì, che allora comprendeva anche Rimini.
I pallonisti professionisti dell’epoca erano tra gli atleti più ricchi nel mondo di allora: forse solo i toreri spagnoli e i lottatori giapponesi di sumo potevano rivaleggiare con loro riguardo popolarità e ricchezza. Il bracciale ebbe una certa diffusione pure in Francia, Germania, Austria, Inghilterra e Paesi Bassi. Dal pallone col bracciale nacque anche lo sport della palla tamburello, una disciplina ancora oggi molto diffusa in Italia.
Ebbene grazie ad alcune vecchie immagini si può far capire esattamente dove venne costruito lo sferisterio di Forlì. Le prime due sono conservate all’Archivio di Stato di Forlì e mi sono state inviate da Agostino Bernucci, un cultore di storia locale. Una è relativa ad una tavola progettuale raffigurante pianta e prospetti firmati da Santarelli, ingegnere comunale, “di un Gioco da Pallone da costruirsi presso Porta Pia”, l’attuale Porta Cotogni. L’altra è la mappa di come si presentava ai primi dell’Ottocento Piazza Pia, l’attuale piazzale della Vittoria, con nelle immediate vicinanze della Porta Pia l’indicazione della Piazza del Gioco del Pallone. Due fotografie ci proiettano invece alla fine degli anni Venti del secolo scorso. Una in realtà risulta essere l’assemblaggio di due scatti del 1929 e dell’anno successivo di cui sono entrato in possesso grazie a Renata Ambrogetti, segretaria del Basket Ca’ Ossi; scatti effettuati dall’impalcatura dell’erigendo Monumento ai Caduti (1925-1932) e appartenuti a Renato Sardi, allora proprietario dell’omonimo villino di via Cairoli e titolare della ditta Verniciatori Sardi.
Dalla vasta panoramica colta dal fotografo su Forlì si può notare che esistono ancora le due costruzioni che caratterizzavano la vecchia porta daziaria, una delle quali in quegli anni era sede del Cenacolo Artistico Forlivese, poi si nota sulla sinistra il garage della FIAT e appena poco distante l’alto muro bianco dell’ottocentesco sferisterio. Nell’ultima immagine, anche questa una veduta di Forlì degli anni Trenta, dalla quale si possono verificare le trasformazioni che erano in atto in quella zona della città con lo sferisterio ancora presente. Nel frattempo sono stati costruiti diversi edifici che ancora oggi caratterizzano la zona: il Villino Boni (1932-1933) lungo il viale che porta alla stazione ferroviaria, e sul piazzale, dove spicca l’obelisco con sulla sommità la composizione scultorea in bronzo che rappresenta la Vittoria opera dello scultore Bernardo Morescalchi, la Stazione Agraria “Arnaldo Mussolini” (ora sede Universitaria), le Palazzine Bazzani e Benini, ovvero le Palazzine Gemelle come vengono chiamate dai forlivesi (1933-1937), mentre sono appena iniziati i lavori per la costruzione del Collegio Aeronautico della Gioventù Italiana del Littorio “Bruno Mussolini” che terminarono nel 1941. Da tutto ciò si desume che l’abbattimento dello sferisterio avvenne in quegli anni.
Dello sferisterio forlivese occorre ricordare che i due lati lunghi erano il muro d’appoggio ricavato dalle mura erette nel Quattrocento rialzate fino a raggiungere i 12 metri e un muro inferiore detto cordone. I due lati corti erano destinati agli spettatori, seduti su scalinate e panche di legno protetti da reti. Per chi se lo poteva permettere, verso Porta Cotogni, c’erava una tribuna a loggiato. Il trampolino del battitore era nella parte nord del campo.
Già nel 1823 vi si svolsero degli importanti appuntamenti, tanto che in quella che probabilmente fu la prima manifestazione di palla col bracciale nel nuovo impianto il campione Carlo Didimi di Treia, provincia di Macerata, stabilì il record del lancio della palla. Di questo record stabilito a Forlì se ne parlò per decenni ed oggi è ricordato in tutti i libri di storia dello sport, oltre che su tutti i siti.
Gabriele Zelli