Com’è già stato accennato nei precedenti articoli dedicati alla località di Polenta ciò che attira maggiormente la curiosità e l’interesse del visitatore è l’antica pieve dedicata a S. Donato. Essa è di molto anteriore al vicino castello e si vuole risalga all’ottavo secolo. In un documento dell’anno 911, rintracciato da don Girolamo Zattoni archivista dell’Arcivescovado di Ravenna, si fa già cenno della “plebe sancti Donati”.
Nel volume “Bertinoro. Notizie storiche” l’autore Luigi Gatti scrive che “della chiesa di Polenta, delle sue origini, dei suoi pregi storici ed artistici si interessarono personalità eminenti”. Poi cita Raffaello Zampa, al quale principalmente si deve se non andò in rovina, Corrado Ricci, Paolo Amaducci, Silvio Bernicoli, Antonio Santarelli, Carlo Cilleni Nepis, Giuseppe Gerola ed altri, che “curarono dottissime pubblicazioni”.
Una lapide che era murata sulla facciata ricordava che nel 1705 la Chiesa era stata interamente restaurata. “Molto probabilmente – evidenzia Gatti – da allora nessuna altra opera di assestamento era stata compiuta, per cui verso il 1880, quando prese possesso della parrocchia Mons. Luigi Zattini, essa giaceva in uno stato quanto mai deplorevole, minacciando d’ogni lato rovina. E sarebbe stata abbattuta, se il Prof. Raffaello Zampa, appassionato cultore di storia antica, in pieno accordo col Parroco, non fosse corso ai ripari, sollecitando l’intervento di autorità ed enti e specialmente dell’Ispettore ai monumenti Cav. Santarelli, il quale, con molto impegno e lodevole solerzia, potè ottenere che nel 1890 avessero inizio i lavori con il concorso del Ministero dei Culti“.
Anche il Consiglio della Provincia di Forlì, che è bene ricordare comprendeva anche Rimini, deliberò un contributo per il restauro. La seduta si svolse il 20 dicembre 1889. Quando fu messa in discussione la spesa per l’esecuzione di lavori sulla chiesa polentana, qualche consigliere repubblicano sostenne che non sarebbe stato opportuno “doversi gittare denaro del pubblico per conservare chiese quando il meglio sarebbe buttar giù anche quelle in piedi. Aurelio Saffi, il nobilissimo mazziniano che presiedeva l’adunanza, parlò da quell’uomo colto e savio che era, e disse fra l’altro “Allora tutti i repubblicani votarono la spesa per San Donato di Polenta“.
L’insufficienza dei fondi raccolti non permise però l’ultimazione dei lavori e la ricostruzione del campanile. “Ma la fortuna volle – annota Gatti – che il Senatore Conte Giuseppe Pasolini Zanelli e la sua colta Signora Silvia Contessa Baroni Semitecolo si appassionassero talmente della cosa, da assumersi direttamente il nobile ufficio di condurre a termine i restauri. Memori della prima visita fatta alla Chiesa nella primavera del 1887 da Giosuè Carducci e della suggestiva impressione che ne riportò, si rivolsero a Lui per averlo come massimo collaboratore. Il poeta, il 6 giugno 1897 ritornò a Polenta, suscitando un’eco in tutta la stampa, che fu causa di una seconda elargizione da parte del Ministero dei Culti. E il 5 settembre 1897, a beneficio dei restauri, usciva l’ode immortale “La Chiesa di Polenta”, che oltre accrescerle nome e fama, fu anche causa di nuove oblazioni, principalissima quella della Regina Margherita. Risorse così il campanile e furono ultimati i lavori, per cui nell’agosto del 1900 vi ebbe luogo il primo raduno del popolo bertinorese per celebrare gli uffici in memoria del re Umberto I. La Chiesa, tolta così dall’oblio e dal pietoso abbandono in cui era caduta, riacquistava fama, onore e venerazione e diveniva meta di gite e pellegrinaggi“.
Si deve a Paolo Amaducci l’istituzione dei raduni carducciani, che dalla morte del Poeta nel 1907 si sono susseguiti ininterrottamente, ad eccezione degli anni dei due conflitti mondiali con l’illustrazione dell’ode, che ogni anno viene tenuta da dotti e appassionati commentatori, e la sua lettura a cura di attori o attrici di fama. L’iniziativa si tiene il secondo sabato del mese di settembre nella piazzetta fra la chiesa e la canonica. L’adattamento di quell’angolo fu affidato nel 1932 all’architetto Gino Nicotra, che vi impresse l’austerità di un cortile medievale, e, nel centro, fu posta l’erma in marmo, con l’effige del Poeta “nell’aspetto della sua età operosa”, modellata dallo scultore Garibaldo Alessandrini. Dietro l’erma una siepe di lauri e sui muri, “a guisa degli antichi palazzi podestarili”, furono collocati gli stemmi dei Comuni d’Italia e di S. Marino, che volle anche ornare il piazzale donando sedili di marmo sammarinese. Inoltre una doppia fila di cipressi fu piantata dalla chiesa fino ai ruderi del vecchio castello.
Il resto è cronaca recente, compreso l’importante restauro compiuto nel 2012 su progetto dell’architetto Roberto Pistolesi, in parte finanziato dalla Fondazione Cassa dei Risparmi, da Giorgio Squinzi, allora titolare della ditta Mapei e presidente nazionale di Confindustria, e dalla moglie, la forlivese Adriana Spazzoli, che nel 1970 celebrano il loro matrimonio nella pieve, che nel frattempo sono, purtroppo, entrambi deceduti.
Il prossimo 12 settembre potrebbe essere una buona occasione per tutti per essere presenti al raduno carducciano quando a metà pomeriggio il sole degrada e illumina la facciata della chiesa e tutto il contorno assume un’aurea molto suggestiva.
Gabriele Zelli