Questo sarà il ricordo dell’accanimento dei tedeschi contro Palazzo Savorelli Prati. Quest’anno, inoltre, sarà un 25 aprile insolito, con tutte le manifestazioni soppresse a causa del proliferare del virus Covid19. Non per questo non va ricordata la data della Liberazione dall’occupazione tedesca. Lo farò ricordando episodi che hanno segnato i mesi precedenti. Da ognuno si potrà trarre motivo per continuare a costruire una società libera e democratica.
L’Istituto Prati
L’ottimo libro “L’Istituto Prati di Forlì” di Nina Maria Liverani, edito nel 2009, racconta la storia di un importante edificio cittadino, della sua ultima inquilina, della nascita di un ente benefico, delle distruzioni che durante il Secondo conflitto mondiale subì Palazzo Savorelli Prati. Ricordiamo tutto questo, in modo succinto, a pochi giorni dal 25 aprile, anniversario della Liberazione, per trarre dagli avvenimenti un segno di speranza dopo le avversità.
La contessa Paolina Savorelli Prati Muti-Papazzurri (1863 – 1944) nel suo testamento olografo del 2 gennaio 1926 dispose che tutto il suo cospicuo patrimonio fosse destinato, dopo la sua morte, a un ente da costituirsi che si sarebbe dovuto occupare di: 1) visitare e assistere i malati poveri a domicilio; loro provvedendo, secondo ai bisogni e le opportunità sussidi e quant’altro sia ritenuto necessario, secondo le possibilità di bilancio; 2) visitare e assistere anche le famiglie povere allo scopo di esercitare la carità e fare del bene; 3) organizzare istituzioni correlative e sussidiarie in favore di detti malati (pie e oneste letture, assistenza alle famiglie e specialmente ai bambini di detti malati, aiuto nel disbrigo di pratiche, ecc.).
La costituzione dell’Opera Pia Istituto Prati si realizzò dopo la scomparsa della contessa avvenuta il 30 gennaio 1944 e in particolare dopo che il successivo 8 febbraio venne reso pubblico il testamento da parte del notaio forlivese Romeo Berti. Il compito di avviare il nuovo ente fu affidato a tre esecutori testamentari: Angelo Bazzini, Carlo Mazzoni e Leone Conti.
La sede designata per il nuovo soggetto giuridico era, ed è tuttora, Palazzo Savorelli Prati, la cui costruzione risale al 1700, ad opera di un architetto sconosciuto, che venne rilevato nel 1767 dalla famiglia Prati che lo acquistò da un ramo della famiglia Paulucci di Calboli e precisamente dall’abate Giacomo e dai suoi fratelli Marcantonio e Filippo, figli di Pietro Paolo e di Giulia Dall’Aste.
L’accanimento delle Forze armate tedesche contro Palazzo Savorelli Prati
Come primo atto i tre esecutori testamentari, coadiuvati da un cancelliere del Tribunale, predisposero un inventario dei beni immobili e mobili per il quale, a dimostrazione della rilevanza del patrimonio che sarebbe stato alla base del nuovo organismo, impiegarono ben dodici sedute. Ma ad un certo punto si verificò l’irreparabile. La Seconda guerra mondiale era in corso e la città di Forlì era occupata dall’esercito tedesco. Una situazione destinata a scombussolare l’iter burocratico e le sorti del testamento della contessa Savorelli Prati. Da un documento scritto dal cancelliere del Tribunale, che seguiva i lavori di inventariazione, si viene a conoscenza che il Palazzo destinato a diventare la sede dell’Opera Pia, sito a Forlì in corso Diaz 49, fu requisito e messo a disposizione dell’esercito tedesco. Nel documento si legge che l’ordinanza di requisizione, a firma del capo della Provincia, porta la data del 17 marzo 1944 e che insieme all’edificio venivano messi a disposizione del Comando Germanico “tutti i mobili ivi esistenti”. In base e in forza di tale ordinanza il Comando asportò a più riprese mobili, biancheria, oggetti e quadri di pregio per arredare la Casa del Soldato tedesco in Forlì, e per l’arredamento di altri locali occupati dalle truppe germaniche.
Pertanto Bazzini, Mazzoni e Conti ritennero di non poter assicurare la completezza dell’inventario perchè dei “mobili ed oggetti asportati il Comando non ha creduto di rilasciare alcuna ricevuta, salvo che per gli oggetti asportati dalla villa di Bertinoro (Villa Prati Ndr), come non ha ritenuto di aderire, opponendo ragioni di urgenza, alla richiesta degli esecutori testamentari che fosse portato a termine l’inventario prima che i mobili e gli oggetti, che interessavano il Comando stesso, fossero rimossi. Per questi motivi e quantunque il Cancelliere abbia cercato di prendere nota degli oggetti asportati, si legge nel documento, gli esecutori pensano che l’inventario presente, anche per il fatto di una non esatta descrizione degli stessi mobili che può rendere facile la sostituzione, non dia garanzia di essere completo e di includere tutti i mobili ed oggetti di arredamento che si trovavano nel palazzo alla morte della defunta”. A questo punto lo stesso cancelliere, perché non restassero ombre sul suo operato, annota di aver preso sempre nota di tutto quello che di volta in volta veniva prelevato dai tedeschi. Inoltre i tre esecutori testamentari facevano rilevare che Palazzo Savorelli Prati “è stato attualmente adibito a caserma dei reparti delle formazioni SS italiane e che i militi della formazione con la loro esuberanza, oltre a recare danni agli ambienti, penetrano nei locali in cui si trovano i mobili tutti inventariati, di cui pertanto la consistenza e la integrità sono esposti non lievi pericoli, anche per la eventualità di incendi”.
Non è secondario rilevare che quando si parla di oggetti di arredamento fra questi figurava la Quadreria Prati, una delle collezioni private, in quel momento, più importanti di tutta la Romagna, composta, secondo Ettore Casadei che la descrive nella sua guida pubblicata nel 1928, da opere di artisti come Caravaggio, Alessandro Albani, Nicola Poussin, Luca Giordano, Carlo Maratta, Guido Reni, i Carracci, la scuola di Giotto e di quella di Raffaello.
Le disavventure del palazzo non finiscono qui. Anzi, gli aspetta una sorte ancora più tragica. Il 10 dicembre del 1944, infatti, il bombardamento tedesco che sventrò la chiesa di San Biagio, Palazzo Albicini, Palazzo Merenda, distruggendo alcuni fra i più importanti edifici storici della città e con essi opere di inestimabile valore, colpì duramente anche Palazzo Savorelli Prati, causando danni irrimediabili alla collezione di dipinti, cristalli, ceramiche e mobili in stile Luigi XV. Si calcola che, essendo stati censiti nei mesi precedenti 280 dipinti, ne vennero distrutti oltre 200.
Attualmente la collezione di Palazzo Prati include solo 74 opere sopravvissute, prevalentemente di ambito regionale, veneto e romano, databili dalla metà del XV secolo fino alla fine del XIX, compresi 12 ritratti di personaggi della famiglie Savorelli, Prati, Muti. Oltre ai dipinti, il palazzo custodisce un insieme di mobili (tavoli, sedie, poltrone, divani, cassettoni), di maioliche (piatti, vassoi, coppe, coperchi) e lampadari di artigianato italiano. Importantissimo è l’archivio storico dell’Istituto che consiste di 1250 unità archivistiche tra registri, buste e fascicoli, datate dal 1320 al 1944 situate su scaffali nel locale che ospita anche la biblioteca, una piccola collezione di monete (dall’età romana fino alla fine del XVIII secolo) e la raccolta di stampe, anche quest’ultima molto danneggiata dal bombardamento del 1944. Si tratta di 23 fondi archivistici in tutto, di cui 10 di famiglie e 13 di enti civili, militari e religiosi.
Palazzo Savorelli Prati oggi
L’edificio attuale, in parte ricostruito negli anni ’50 del secolo scorso, ha un aspetto molto severo, la facciata è semplice, e segue l’andamento della strada. È costituito da una serie di mattoni a vista e dalla base a scarpa, che si spinge in alto in un cordolo di arenaria. All’interno del palazzo si sono salvati alcuni ornamenti ottocenteschi, in genere a carattere mitologico.
Nella parete dell’atrio, oltre a un busto di gesso inserito in una nicchia del muro che ritrae Paola Savorelli Muti-Papazzurri Prati, su una stele murata si trova un’epigrafe scritta in memoria della contessa. Dall’androne si raggiunge la corte interna dotata di un porticato sorretto da alcuni pilastri in cotto, sopra il quale poggia una loggetta retta da due colonne, costruite con mattoni di forma circolare. Sul muro di fronte si apre un altro portone, rimasto incompleto nelle decorazioni, attraverso il quale si entra in un altro vestibolo che serve da entrata posteriore al palazzo.
Da qui si accede in un’area, a quel tempo un giardino, ora un parcheggio accessibile da via dall’Aste, dove si trova una nicchia, probabile residuo di un oratorio dotato di volta a crociera, nel quale è situata una grande statua risalente al XVIII secolo, in legno dipinto di bianco, raffigurante San Michele Arcangelo.
Nuovi servizi avviati dall’Istituto Prati
Seppure amputato di una parte dei suoi tesori e non più dell’originaria forma architettonica, Palazzo Savorelli Prati è un importante luogo della città di Forlì da valorizzare. Così come vale la pena conoscere il lavoro svolto nel corso degli anni dall’Istituto e quali aggiornamenti ha apportato alla sua missione; missione che fu concepita ormai 95 anni fa dalla contessa Paola e avviata alla fine di una guerra disastrosa. Tra le ultime novità si segnala l’apertura di una residenza e del centro diurno per anziani San Michele Arcangelo, così come stabilito dal Consiglio di amministrazione presieduto da Giuseppe (Pino) Vespignani.
Parafrasando un motto molto caro ai romagnoli anche in questo caso si è potuto dimostrare che se è notte prima o poi si farà giorno! Questo vale anche per l’emergenza coronavirus che stiamo vivendo.
Gabriele Zelli