L’itinerario Magliano-Ronco si snoda da questo momento in poi sul greto del fiume Ronco. Tutto il tragitto è perfettamente percorribile sia a piedi sia in bicicletta. Lungo il percorso si incontrano scorci di straordinario fascino naturalistico di cui cercherò di evidenziare gli aspetti più importanti.
Il fiume Bidente cambia nome e diventa Ronco
Il fiume Bidente, che nasce dalle colline tosco-romagnole sopra Santa Sofia, appena giunto in pianura all’altezza di Meldola, e più precisamente all’altezza del ponte dei Veneziani, assume la denominazione di Ronco. Subito dopo Meldola, tra le località di Selbagnone e di Magliano, attorno al corso d’acqua si trova un’area naturale estesa per 221 ettari, annoverata fra i Siti di Importanza Comunitaria: col nome i “Meandri del Fiume Ronco”. Dopo aver lambito e dato il nome al quartiere omonimo, il fiume prosegue attraversando il lato sud del territorio del Comune di Forlì per poi proseguire la sua corsa completamente canalizzato e costeggiato dalla Statale “Ravegnana” verso Ravenna. Giunge così a sud della città bizantina, dove si unisce con il fiume Montone andando a formare i Fiumi Uniti.
La ditta Sa.pi.fo.
Dalla parte opposta dei terreni dell’Unità di Ricerca per la Frutticoltura di cui si è scritto in precedenza, sul fiume, opera la ditta Sa.pi.fo. occupando due aree di proprietà collocate all’interno del Sito che ricadono sui territori dei Comuni di Forlì e Forlimpopoli. In entrambi i casi si tratta di ex aree di cava per le quali, conclusa l’attività estrattiva, è proseguita quella di lavorazione inerti in natura e di riciclo e recupero macerie. Quella posta in località Magliano nel Comune di Forlì ha una superficie di circa quattordici ettari, mentre quella ubicata sul lato opposto, in località Selbagnone nel Comune di Forlimpopoli, ha una superficie complessiva di circa trentaquattro ettari.
È evidente l’incongruenza fra questa presenza e le caratteristiche che ha assunto la zona, ma i vari tentativi per condurre alla sua dismissione non hanno approdato mai a nulla di concreto per le difficoltà amministrative, burocratiche e legali da affrontare che si sono rilevate finora insuperabili.
L’acquedotto Spinadello e la centrale di sollevamento
Nelle vicinanze della SA.pi.fo., su territorio del Comune di Forlimpopoli, è collocato l’Acquedotto Spinadello, un importante opera idraulica, inaugurata nel 1939 e attiva fino al 1986, che garantiva la fornitura idrica ai Comuni di Lugo, Cotignola, Bertinoro e Forlimpopoli. L’acqua veniva prelevata da quattro pozzi e convogliata nella vicina centrale di sollevamento, costruita in poco tempo tra il 1932 e il 1933, che provvedeva alla spinta fino al serbatoio del vicino colle della “Maestrina” in Comune di Bertinoro (127 m s.l.m.). Da qui per semplice gravità l’acqua raggiungeva anche Lugo e Cotignola. Una derivazione dalla Maestrina serviva il Comune di Bertinoro, mentre Forlimpopoli era dotata di pompa autonoma che direttamente dalla palazzina di sollevamento portava acqua al proprio serbatoio comunale. L’edificio della centrale di sollevamento è stato inserito per le sue peculiarità nella Rotta Culturale Europea Atrium.
Il consorzio per l’acquedotto dei Comuni di Lugo, Cotignola, Forlimpopoli e Bertinoro fu istituito nel 1928. Il progetto esecutivo della palazzina pompe è del 1932, sviluppato dall’impresa Pietro Cidonio di Roma, firmato dagli ingegneri Roberto Colosimo e Paolo Bra.
“L’edificio segna il passaggio tra lo stile eclettico e quello razionalista – si legge sul sito del Comune di Forlimpopoli – nel quale la funzione è predominante sulla forma. La sobrietà delle linee è ben rappresentata dai due semplici volumi parallelepipedi con tetto piano, scanditi dalle ampie finestre rettangolari con infissi in ferro, prive di decori. Il progetto originale prevedeva l’uso del mattone a vista intercalato a lesene e cornici in pietra artificiale. Questa scelta stilistica non fu però realizzata, fatta eccezione per le lesene nel volume posteriore e lo zoccolo in pietra artificiale. In corso d’opera venne inserita una torretta a sovrastare la facciata, elemento architettonico volto a enfatizzare l’importanza dell’edificio. Il nuovo acquedotto riflette, infatti, la filosofia propagandistica del regime fascista che utilizzava le opere pubbliche non solo per modernizzare le infrastrutture del Paese, ma anche per creare consenso. Di grande effetto la scritta tridimensionale «Acquedotto Spinadello» che si staglia contro il cielo in caratteri futuristi. All’interno dell’area recintata sono ancora presenti i pozzi originali di approvvigionamento, riconoscibili dalle torrette che danno accesso alle camere ipogee di estrazione dell’acqua“.
L’acquedotto consortile è rimasto attivo fino al 1986; da allora la palazzina, abbandonata, ha subito un progressivo degrado. Negli anni 2012-2013 è stata restaurata dal Comune di Forlimpopoli per destinarla a centro visite del Parco dei Meandri del Fiume Ronco (via Ausa Nuova 741). Attorno al centro si sta sviluppando un’attività molto importante che prevede visite guidate, approfondimenti scientifici e più in generale la valorizzazione del patrimonio culturale, naturalistico e paesaggistico delle zone circostanti.
Selbagnone e la villa Paulucci-Merlini
Altri motivi di interesse della zona sono due arcate di un ponte romano presso Selbagnone, le vasche di decantazione dell’ex zuccherificio Sfir e la Villa Paulucci-Merlini (metà del ‘700), nota per un parco ricco di esemplari monumentali, in particolare, un Cedro del Libano, un Pino Laricio e un Ginkgo biloba.
Il Golf Club “I Fiordalisi”
Ritornando sulla sponda sinistra e proseguendo verso il centro abitato della località Ronco sulla sinistra si trova il campo da golf di Forlì.
L’impianto sportivo è inserito nell’oasi protetta offrendo anche una notevole suggestione paesaggistica ed è dotato di un percorso costituito da nove buche regolamentari, di alto contenuto tecnico. Il tracciato leggermente ondulato e ben delimitato, anche in profondità dalla vegetazione autoctona, regala emozioni e sorprese ad ogni livello di gioco, mettendo alla prova anche i più esperti.
All’interno della zona adibita all’attività sportiva si trova un laghetto, denominato “Foschi” dal cognome della proprietà, che si è costituito in seguito all’avvio dell’attività estrattiva iniziata negli anni ’60 e terminata nel 2000. Presenta una capacità d’invaso di circa 230.000 metri cubi di acqua, con una qualità della risorsa idrica decisamente peggiore degli altri specchi d’acqua vicini. Infatti le piene che dal 2000-2001 hanno interessato l’intera area Foschi a più riprese hanno depositato notevoli quantità di sedimenti causandone l’interramento, abbassando il battente d’acque e diminuendo la capacità d’invaso. Contestualmente l’apporto di acque di piena di pessima qualità e l’impossibilità di uno scambio idrico con la falda presente, poiché i sedimenti hanno impermeabilizzato il bacino, hanno causato un decadimento della qualità delle acque lacustri.
Gabriele Zelli