Continuando a percorrere l’itinerario Magliano-Ronco sulla sinistra si trovano, più o meno a metà del tragitto, il lago FO.MA., il lago del Sole e poco più distante l’aeroporto. Il compito principale della descrizione del percorso è quello di far capire l’importanza naturalistica dei terreni che si stanno attraversando, però dal punto di vista storico non si può ignorare la presenza di una infrastruttura come il Ridolfi, indipendente dalle vicende che lo hanno portato alla chiusura prima e al lavoro in corso per riaprirlo. Prima però vediamo le caratteristiche di alcuni dei laghi che si incontrano e come vengono utilizzati.
Da lago FO. MA. a Cala FoMa
Lo specchio d’acqua maggiore, denominato Fo.Ma., anche questo formatosi in seguito alle conseguenze di un’attività estrattiva sotto falda effettuata a partire dagli anni ’70 e cessata nel 1998, si trova in adiacenza alla via Tibano, una strada privata che conduce verso il fiume da viale Bidente. Il bacino presenta una capacità d’invaso di circa 700.000 metri cubi di acque di buona qualità.
La zona dell’ex cava di 97 ettari è stata “trasformata in un’oasi di relax a 5 minuti dalla città… gira intorno ad un lago artificiale e per tutta l’estate la spiaggetta sarà aperta dalle 10,00 alle 24,00”, come hanno scritto i giornali nel 2018 quando sulle rive del lago è stata aperta l’attività dell’azienda agricola “Cala FoMa”, ribattezzata come la “Forlì Marittima” per le sue suggestive caratteristiche, che ha avuto subito un ottimo riscontro soprattutto fra il pubblico giovanile.
L’anno successivo, quando l’apertura stava tardando a causa delle piogge intense del mese di maggio, gli stessi mezzi di informazione fecero sapere che “oltre ad aver creato piccoli danni, il perdurare del maltempo ha reso difficile i miglioramenti e la manutenzione nella grande area verde, lavori da fare necessariamente all’esterno. Non ci saranno grandi stravolgimenti rispetto alla formula dello scorso anno. Ma i progetti sono tanti, seguendo i consigli dei clienti. Il mare in città, come in tanti l’hanno definito, si prepara quindi ad aprire le porte. Una valida alternativa per chi non vorrà stare a lungo in coda per raggiungere il mare. La location vede infatti una piccola spiaggia su cui prendere il sole, un’area che costeggia il lago nella quale sono stati sistemati sedie e tavolini, una zona verde un po’ più selvaggia con amache, una zona per i gruppi più grandi, un edificio di archeologia industriale con un’illuminazione suggestiva e un parcheggio enorme. E in serata da una collinetta si possono ammirare struggenti tramonti“. Dell’apertura per il 2020 non si sa ancora nulla perdurando l’incertezza causata dalla pandemia di coronavirus.
Il Lago del Sole
Poco oltre Cala FoMa, con ingresso su viale Bidente 231, è operativa da molti anni l’attività della A.S.D. Lago del Sole. Utilizzando due laghetti di diverse dimensioni, immersi in un’area più vasta, in totale circa sette ettari, si può praticare la pesca alla trota e partecipare alle relative gare che vengono organizzate.
Da qualche tempo una parte del terreno, che è stata denominata “Air Zone Park” viene utilizzata per lo svolgimento dell’attività sportiva ludico ricreativa di Softair, o Air Soft (com’è chiamato nelle zone anglofone), basata sulla simulazione di azioni militari senza però essere violento, poiché ogni atto di violenza o contatto fisico vengono ripudiati (a meno che non si tratti di uccisione “furtiva” – stealth – toccando un giocatore con un coltello di gomma piuma o con 2 dita sulla spalla). Il termine softair deriva dalla lingua inglese, traducibile in lingua italiana come “aria compressa” (o letteralmente “aria soffice”) e i giocatori sono chiamati softgunners. Per la pratica di questa attività vengono utilizzate delle fedeli riproduzioni di armi in dotazione alle forze armate, dette air soft gun (in acronimo (ASG) che sparano pallini in materiale biodegradabile quindi innocui per un essere umano.
L’aeroporto Luigi Ridolfi
Sulla parte sinistra di via Bidente, proprio nella zona opposta ai laghi sopracitati, inizia la zona di rispetto dell’aeroporto “Luigi Ridolfi”
Le pratiche per l’apertura del “campo d’aviazione” di Forlì furono avviate nel 1933. Per la sua costruzione il Municipio offrì l’area a est della città, tra i quartieri Ronco, Bussecchio e la frazione di Carpena.
Per realizzare l’aeroporto militare, il più grande del genere per quei tempi in Italia, furono colmati fossi, appianate asperità del terreno, abbattute case coloniche che si trovavano intorno, tagliati alberi e siepi. Al termine della bonifica l’area spianata risultava di 120 ettari. L’imponente impianto doveva essere destinato a funzioni prettamente militari, per questo, oltre alla pista d’atterraggio, furono costruiti una palazzina di comando, officine, caserme, uffici, la mensa, una centrale elettrica e gli hangar. Furono poi disegnati viali e giardini (40.000 metri quadrati) ove vennero interrate all’incirca 10.000 piantine e arbusti. Incredibile pensare che l’intera opera fu portata a termine in soli quattordici mesi!
Il 1° giugno 1936 i trimotori del 30° Stormo dal campo di volo di Poggio Renatico (Fe) si trasferirono a quello di Forlì. Il 19 settembre dello stesso anno, in una giornata festosa, guastata solo in parte da una pioggia battente, il nuovo grande impianto venne inaugurato alla presenza di Benito Mussolini, del duca Amedeo d’Aosta, dei gerarchi, tra cui Achille Starace, e delle autorità, di fronte a una folla di curiosi che, fin dalle prime ore del mattino, era accorsa da ogni parte.
Inizialmente l’aeroporto venne utilizzato come pista di prova e di varo degli aerei militari fabbricati negli stabilimenti Aeroplani Caproni S.A. che avevano sede a Predappio. Con l’avvento del Secondo conflitto mondiale, lo scalo subì pesantissimi danni causati dai bombardamenti alleati e dall’occupazione tedesca. Con il passaggio della Linea Gotica, in particolare, il territorio forlivese divenne uno degli obiettivi di “Pippo”, nomignolo affibbiato all’aereo alleato solitario che di notte effettuava ricognizioni nei cieli della Romagna, costringendo la popolazione a veglie estenuanti. Durante il giorno si assisteva invece al minaccioso passaggio delle formazioni di bombardieri alleati che andavano o tornavano da missioni contro qualche obiettivo in Italia del Nord o in Germania.
La mattina del 27 marzo 1944 una squadriglia di dodici cacciabombardieri inglesi si avventò sull’aeroporto a volo radente. Senza incontrare resistenza, gli alleati scatenarono l’inferno, mitragliando gli hangar e gli aerei parcheggiati all’esterno. Cinque ore più tardi fu il turno di un attacco di Spitfires armati di bombe. Tranne una bimba, che rimase uccisa al Ronco, colpita da un proiettile vagante, i raid alleati di quel giorno fecero molti danni materiali ma non causarono altre vittime.
Nel 1944, via Seganti, di fronte all’aeroporto Luigi Ridolfi, fu teatro di alcuni drammatici eccidi di ebrei e antifascisti a opera dei nazisti. Successivamente, con la Liberazione della città avvenuta il 9 novembre 1944, l’aeroporto divenne base dell’esercito alleato e punto di raccolta dei mezzi militari e, oltre alla Royal Air Force inglese, vi si insediarono aerei delle aviazioni sudafricana, australiana e polacca.
Nel giugno del 1945 i reparti alleati abbandonarono il presidio aeroportuale forlivese che si trasformò in deposito di mezzi militari in disuso. Riparati i gravissimi danni causati dalla guerra, l’impianto venne riavviato e, prima in modo ridotto, poi con sempre maggiore frequenza, dal 22 luglio 1950 si poté tornare a volare, grazie all’attività del locale Aero Club. Con la ripresa dei voli l’aeroporto ospitò diverse manifestazioni aeree, tra cui le dimostrazioni acrobatiche delle pattuglie del Cavallino Rampante (1957) e dei Diavoli Rossi (1958).
Il 28 aprile 1961 venne costituita la Società Esercizio Aeroporti di Forlì S.p.A. (Seaf) che intraprese un’opera di conversione dell’impianto, volta ad avviare l’attività di volo a carattere civile. La nuova identità dello scalo prese ulteriore corpo con la realizzazione dell’attuale Aerostazione e l’inizio dell’attività di trasporto passeggeri e merci.
Due furono gli incidenti che funestarono l’aeroporto forlivese in questa fase della sua storia. Il primo avvenne, il 5 maggio 1963, quando due aerei delle Frecce Tricolori della Pattuglia Acrobatica Nazionale si scontrarono in volo durante un’esibizione. Uno dei due piloti, il sergente maggiore Eugenio Colucci, non riuscì a eiettarsi prima dello schianto a terra e perse la vita.
Il secondo incidente ebbe luogo il 10 dicembre 1979. In fase di atterraggio, in una serata di scarsa visibilità, l’aereo su cui viaggiava l’industriale Serafino Ferruzzi urtò a bassa quota un edificio, finendo poi per schiantarsi contro un’abitazione allineata con la pista d’atterraggio. Insieme a Ferruzzi morirono altre quattro persone: il comandante Enzo Villani (47 anni), il copilota Roberto Cases (31) e Fiorella (21) e suo padre Libero Ricci (52), due degli abitanti della villetta contro la quale il jet aveva tragicamente concluso il proprio volo.
L’attività dell’Aero Club prosegui instancabile. Dal 1986 al 1990 si tennero cinque edizioni del Salone Internazionale dell’Aviazione. Purtroppo nel 1996, dopo aver organizzato la sesta e ultima edizione del Salone, l’Aero Club Forlì dovette cessare le sue attività.
Nel corso del tempo l’aeroporto Luigi Ridolfi ha visto la nascita nelle sue immediate adiacenza di una cittadella di importanza nazionale, consacrata alla formazione dei giovani, denominata Polo Tecnologico Aeronautico. Oggi ne fanno parte: il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Bologna; l’Istituto Tecnico Aeronautico “Francesco Baracca”; la Academy Enav, scuola nazionale di formazione assistenza al volo; il blocco del Tecnopolo universitario. A completare il quadro sono state realizzate strutture attrezzate per l’attività di laboratorio tecnologico, gestite in collaborazione con Isaers, nonché altre strutture dedicate alla ricerca e alla formazione al volo.
L’aeroporto forlivese, secondo solo per importanza al Marconi di Bologna nella regione Emilia-Romagna, è intitolato a “Luigi Ridolfi, l’aviatore forlivese tragicamente scomparso il 2 agosto 1919 a Taliedo (VR) in un incidente aereo assieme all’amico giornalista Tullo Morgagni e ad altre tredici persone.
Nel prossimo testo ricorderò i progetti elaborati per realizzare un grande e unico parco fluviale da Magliano al Ronco.
Gabriele Zelli