Quanti bambini non hanno mai visto le lucciole

lucciola

Quasi tutti i bambini di oggi (ed in particolare quelli di città) sanno dell’esistenza delle lucciole per averle ammirate su qualche fotografia o video e pochissimi di loro le hanno viste “dal vivo”. Le lucciole sono invece ben presenti nelle memorie dell’infanzia di Radames Garoia e Nivalda Raffoni, studiosi delle tradizioni popolari romagnole.

Fino ad alcuni decenni fa – raccontano i due esperti – le nostre campagne erano popolate di questi piccoli coleotteri, (appartenenti alla famiglia dei Lampiridi e di cui ne sono state censite in tutto il mondo circa duemila specie), che regalavano un tocco di magia e ci facevano compagnia nelle veglie o nelle passeggiate serali. Le lucciole sono dotate di una sorgente luminosa originata dagli ultimi segmenti dell’addome (intermittente nei maschi e costante nelle femmine) ed illuminano i campi, i boschi e il nostro cuore, lasciandoci sempre un’emozione. Nelle tiepide serate di maggio, il loro apparire a illuminare le spighe di grano era sempre un avvenimento, oltre che una tradizione ed i contadini dicevano che “facevano lume”, secondo il proverbio “Al lozal al fa lom a e gran perchè che cresa” (Le lucciole fanno lume al grano perché cresca)“.

Per noi, bambini degli anni ’50 – proseguono Radames Garoia e Nivalda Raffoni – il mese di maggio era festa continua perché ci si trovava al Rosario serale, ma era anche l’occasione per giochi e passatempi. Proprio di quel periodo ricordiamo, con una certa nostalgia, le risate e le corse per catturare le lucciole. Tenevamo le mani chiuse “a coppo”, facendo molta attenzione a non stringere troppo ed ogni sera portavamo a casa cinque o sei lucciole; le mettevamo sul comodino sotto un bicchiere rovesciato e le loro lucine ci facevano compagnia tutta la notte ed al mattino le liberavamo, riportandole all’aperto“.
Oggi la presenza delle lucciole è malinconicamente sempre più rara e ciò è derivato dall’influenza che ha avuto l’uomo nei confronti dell’ambiente. Cementificazione, inquinamento luminoso e pesticidi sono le ragioni principali per cui questi insetti stanno gradualmente scomparendo.

La cementificazione contribuisce alla diminuzione delle lucciole – spiegano Radames Garoia e Nivalda Raffoni – che da adulte si nutrono di polline e nettare: l’intensa urbanizzazione ha causato la riduzione di prati ed aree verdi, ambiente naturale in cui vivono questi coleotteri.
Altro fattore che influisce in modo negativo sulla presenza di lucciole è l’inquinamento luminoso delle aree urbane, poiché la luce disturba il loro accoppiamento, che in questi piccoli animali avviene proprio grazie ai segnali luminosi. L’emissione di luce da parte delle lucciole consente a esemplari dei due sessi opposti di trovarsi e di accoppiarsi.
Infine, l’uso di prodotti velenosi impiegati in agricoltura, ne hanno causato la preoccupante diminuzione alla quale stiamo assistendo. Oggi, nella moderna agricoltura estensiva non si usa più la zappa per eliminare le erbe infestanti, si usano i diserbanti; per i parassiti, agenti dannosi che colpiscono i vegetali, si impiegano pesticidi sempre più potenti che naturalmente vanno a colpire non solo funghi, batteri e gli insetti nocivi come acari, zecche, afidi, ma anche gli insetti “buoni” come le lucciole, i grilli e le api“.
Sulle lucciole e sul rischio della loro estinzione il novantatreenne Ruffillo Budellacci, poeta di Bertinoro, ha scritto una bella poesia in dialetto romagnolo qui riportata con la traduzione in italiano.

Al lòzal
Al séri de més d maz, ach bël avdé!
Cvēnt al spighi al cminzéva a ësar biondi
e nūn burdèll a s mitèma a fòra insdé
gvardènd al lòzal ch’al faséva al nöti longhi!

Zirènd a sóra i chimp in libartê
cun cla lusina azésa d dri dagli êli
cumpagna al màchin cvēnt ch’al vó vultê.
Incù, ch’al ni è piò, ch’fata tristèza!

L’è sparì al lòzal e nēnch i bdocc insēn
cun tot chi vlēn ch’i dà in agricultura,
mo al lòzal agli è andêdi int e’ casēn
e i bdocc, ad dri de cul, j’è salté fura.

L’è ormai ‘na raza ch’la va in estinziōn,
grazie se incù u s’in véd ‘na cveicadōna,
gvardêr al lòzal l’éra tradiziōn,
a truvèn ōna incù, l’è sègn d furtōna.

Le lucciole
Le sere del mese di maggio, che bella visione!
Quando le spighe iniziavano a imbiondire
e noi bambini ci mettevamo seduti fuori
guardando le lucciole che facevano le notti lunghe!

Girando sui campi in libertà
con quella lucina accesa dietro le ali
simili alle auto quando voglion girare.
Oggi, non ci sono più, che tristezza!

Sono sparite le lucciole insieme ai pidocchi,
con tutti i veleni che danno in agricoltura,
ma le lucciole sono sparite
e i pidocchi, dietro al sedere sono saltati fuori.

E’ ormai una razza in estinzione,
grazie se oggi se ne vede qualcuna,
guardare le lucciole era tradizione,
trovarne una oggi, è segno di fortuna.

Gabriele Zelli

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