“Il dottor Battistini dirigente della Jolly ripeteva sempre una frase, che divenne il motto di quella stagione: tra vincere e perdere, c’è una differenza ben più grande del 50%. E i ragazzi sapevano bene cosa volesse dire: quella squadra era formata da troppi giocatori ai quali non piaceva perdere”. Le parole sono di Virginio Bernardi. Trenta anni fa, il 24 maggio 1990, la sua JollyColombani vinceva a Fabriano 79-92 e conquistava la promozione in Serie A. “Quella era una squadra che aveva talento, ma soprattutto era formata da uomini veri e tosti: tutti, ma proprio tutti, dai titolarissimi all’ultimo della panchina, erano persone vere e quel risultato lo ha dimostrato”.
Il “deus-ex-machina” di quella Jolly fu Maurizio Gherardini: “Avevamo avuto la sensazione di avere messo insieme dei giocatori di qualità che da tempo Forlì non aveva, poi si sa che durante una stagione ci posso essere alti e bassi, ma pensavamo di poterci divertire e ambire alla promozione. L’ultima partita fu il simbolo di quell’annata, l’abbraccio della città è stata un’emozione che non ho mai più vissuto finché non ho vinto ad un altro livello, come l’Eurolega: ma il senso di quella notte fu una cosa che fece battere i cuori e diede un’emozione veramente irripetibile, un legame tra la città e i tifosi come succede davvero in pochi posti. E se a distanza di 30 anni viene ancora ricordata, è motivo di grande orgoglio”.
Bonamico, Fumagalli, Fox, Garrett, Ceccarelli, Mentasti, Pezzin. E poi ancora Cecchetti, Casadei, Cimatti, Colombo, Giarletti. Furono loro i protagonisti di una cavalcata che portò al ritorno in serie A della Jolly, dopo una stagione che, a detta di alcuni, era stata anche al di sotto delle aspettative fino ad un certo momento.
Il ricordo più nitido che ognuno di loro ha è il rientro a Forlì dopo la vittoria a Fabriano. Alle 4 di notte, i tifosi li aspettavano al casello dell’autostrada per festeggiare insieme. Tutti, ma proprio tutti, alla domanda precisa sulla prima cosa che viene in mente pensando a quella sera, hanno risposto così, come se la vittoria sul campo passasse quasi in secondo piano: “Cosa ricordiamo più di ogni altro? Il rientro a casa. C’erano migliaia di tifosi che ci aspettavano al casello dell’autostrada, una cosa incredibile. E poi i motorini che ci scortavano verso il centro, lì abbiamo avuto la conferma di avere fatto davvero qualcosa di incredibile”. Lo leggerete più volte nel ricordo di ognuno di loro…
“In quella squadra c’erano tante personalità forti, e non eravamo giovanissimi: forse per quello ci mettemmo un po’ a carburare e trovare il giusto amalgama – parola di Marco Bonamico, 15 punti in 21 minuti la notte di Fabriano –. Ma col passare dei mesi venne fuori la tempesta perfetta. Bernardi fece un lavoro pazzesco, in un gruppo formato da americani super e italiani fantastici. Avevamo le palle e vivevamo per le sfide che dovevamo affrontare: andare a Fabriano e giocare come giocammo quella partita con tutto e tutti contro fu incredibile, e fu la sintesi della nostra stagione”.
“Trance. Ero in trance agonistica quella sera e tiravo sapendo che avrei fatto canestro. Ma non solo io: la squadra, l’ambiente, i tifosi: tutti eravamo in trance”. Le parole sono quelle di Davide Ceccarelli: 18 punti in 27 minuti con l’indimenticabile 6/6 da tre punti. “La bravura della società ad un certo punto della stagione fu quella di capire la situazione: l’obiettivo della Jolly di arrivare tra le prime era sfumato, e allora ci concentrammo e ci preparammo per la fase successiva. Il professor Giorgio Reggiani fece un lavoro clamoroso dal punto di vista fisico, e noi giocatori e lo staff tecnico lo dimostrammo sul campo. Eravamo veramente entrati nell’ottica del “tutti per uno, uno per tutti”, in una squadra con personalità forti e di grandissimo talento”. E i tifosi, unici, ricorda Ceccarelli: “Guardare la curva e vedere lo striscione con Cecca The Power… ho ancora i brividi al pensiero”.
“Tutte le partite della Jolly da un certo punto in avanti, furono un’escalation incredibile – ricorda Luigi “Gigio” Mentasti – Sono passati davvero 30 anni? Sembra di parlare di un’altra vita, ma il ricordo è incredibile. Chi può scordarsi la gente ammassata in autostrada, o il clima che c’era tra di noi? Con alcuni compagni sono nate amicizie che continuano anche ora…”.
John Fox fu il miglior marcatore di quella gara: 20 punti e 10 rimbalzi, con 8/11 da 2 e 29 di valutazione: “Avere giocato a Forlì per me è stato un onore, ringrazio ancora il compianto professore Galassi e Maurizio Gherardini che mi diedero questa opportunità. Vivere la città era bellissimo: tutti ci hanno accolto bene, adoravo passeggiare in centro e arrivare in piazza Saffi il sabato, dove c’era sempre la possibilità di chiacchierare con qualche tifoso, indipendentemente dai risultati della squadra”.
A guidare quella Jolly c’era un inarrestabile Corrado Fumagalli: “Non avevamo fatto benissimo in regular season, poi scattò qualcosa. Il nostro era uno spogliatoio dove si stava bene, eravamo vivaci, a volte fin troppo! Per me fu speciale vivere quella promozione, la mia prima in assoluto, perché riportammo la squadra e la società in A1, dove meritava di stare…”.
“Quando vivi emozioni di questo tipo, crei un legame unico con i tuoi compagni di viaggio – dice Giancarlo Giarletti –. Abbiamo avuto modo di incontrarci qualche anno fa, ed è stato come se il tempo si fosse fermato, come se avessimo finito l’allenamento mezz’ora prima.”. Lui era il cambio di un talento come Fumagalli: “Imparai tantissimo da uno come lui. E fu un onore giocare a Forlì e vivere la Romagna, un ambiente speciale per l’affetto ed il calore che trasmettono le persone”.
“Ero alla prima esperienza in serie A, e si concluse con la promozione, cosa potevo volere di meglio – ricorda Stefano Pezzin –. Non eravamo i favoriti alla vigilia, ma ad un certo punto acquisimmo una tale consapevolezza che nessuno avrebbe potuto fermarci. La Jolly era nuova, non era facile trovare l’alchimia giusta in poco tempo, e ci volle qualche mese. Però eravamo duri, cattivi, determinati: i caratteri e la volontà di tutti remò nella stessa direzione e ottenemmo il risultato”.
E poi i giovani della Jolly. Luca Cimatti era a Fabriano: “Era un gruppo di formato da personalità forti e giocatori fantastici, uomini affabili anche fuori dal campo e con alcuni di loro ho legato tanto e abbiamo contatti continui”. E Marcello Casadei prosegue il racconto: “Mi ricordo le serate a casa di Dean Garrett a giocare col Nintendo… Io avevo 17 anni, mia mamma a volte si preoccupava perché facevo tardi e il giorno dopo dovevo andare al Liceo. In più, noi giovani, eravamo oggetto di torture e scherzi da parte dei più grandi, ma in campo non si scherzava mai: eravamo competitivi, e cercavamo di fare il nostro contro i veterani che erano fortissimi”. E con loro Alberto Colombo: “Ho avuto la possibilità di conoscere giocatori e allenatori straordinari, anche e soprattutto come uomini. Non si arrivano ad ottenere certi risultati se i giocatori non sono veri uomini e non si forma una chimica particolare che ti fa andare oltre ogni problema per raggiungere il tuo obiettivo, un insegnamento che applico anche al giorno d’oggi”.
24 maggio 1990: a distanza di 30 anni, quella promozione è ancora viva nel ricordo di chi c’era. Nessuno potrà dimenticarsi il 6/6 da Ceccarelli, la leadership dei senatori durante quella stagione, e la freschezza dei giovani. Ma ancora di più, nessuno potrà dimenticare l’affetto dei tifosi, il loro calore e la loro accoglienza al ritorno: momenti come questo, rimangono indelebili. E a 30 anni di distanza, sono la cartolina perfetta di quella stagione.