Sulle tracce di Dante a Forlì

Dante La visione dell'arte

Sabato 19 settembre 2020, alle ore 11,00, nella Galleria Angolo Mazzini, in corso Mazzini angolo via Pedriali inaugurazione della mostra: “Sulle tracce di Dante a Forlì” a cura di Gabriele Zelli. Catalogo della mostra a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli. Interverranno: Moreno Diana, Wilma Malucelli, Nicolò Pace, Marco Viroli, Gabriele Zelli. Il percorso dantesco sarà illustrato dalle foto dei soci del Foto Cine Club Forlì: Pasquale Anoia, Elena Arcangeloni, Roberto Baldani, Alfonso Benetti, Roberto Benfenati, Giancarlo Billi, Umberto Boaga, Mirko Borghesi, Dervis Castellucci, Tiziana Catani, Milena Celli, Moreno Diana, Serena Ferlini, Paola Giuliani, Cinzia Giunchi, Loredana Lega, Franco Luciano, Ivano Magnani, Alessandro Maldini, Ugo Mazzoni, Ilice Monti, Rosalda Naldi, Verusca Piazza, Claudio Righi, Andrea Severi, Pamela Starnini, Barbara Taglioni, Valerio Tisselli, Fabrizio Tumidei.

L’esposizione sarà visitabile fino al 30 settembre, tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 12,00 e dalle 16,00 alle 18,00. Lunedì 21, mercoledì 23 e venerdì 25 settembre anche apertura serale dalle 20,00 alle 22,00. L’ingresso è libero. Per informazioni 3493737026. Nel periodo di apertura della mostra è stato predisposto il seguente nutrito programma di eventi collaterali. La prenotazione alle camminate è obbligatoria ed è necessario iscriversi telefonando a: Loretta Giovannetti, segreteria ForlìDante, al 3489326539. Per partecipare è richiesto un contributo a persona di 5 euro. Sarà consegnata in omaggio copia del catalogo della mostra “Sulle tracce di Dante”. I partecipanti dovranno essere dotati di mascherina e osservare le disposizioni anti Covid 19 in atto.

La Forlì di Pellegrino Laziosi

Lunedì 21 settembre, con partenza alle ore 20,00 e alle ore 21,30, per Sulle tracce di Dante a Forlì visite guidate alla scoperta di Forlì ai tempi di Pellegrino Laziosi, in collaborazione con ConfGuide. Ritrovo presso la Galleria Angolo Mazzini, corso Mazzini angolo via Pedriali, Forlì. Condurrà le visite Silvia Sansovini. Durante le visite guidate si approfondirà la figura di San Pellegrino Laziosi, la collocazione sociale e politica in cui i forlivesi, guidati da Guido da Montefeltro, riportarono la celebre vittoria passata alla storia grazie al dantesco “sanguinoso mucchio”. All’interno del Duomo si ammirerà lo splendido crocefisso ligneo del Trecento e si coglierà l’occasione per raccontare la storia della Cattedrale di Forlì, a partire dall’antica Pieve, e del suo assetto architettonico alla fine del XIII secolo con riferimenti alla frequentazione di Pellegrino e alla sua conversione a Servo di Maria. Attraversando il centro storico si raggiungerà il Campostrino e si parlerà della Chiesa dei Servi di Maria e verrà raccontato della miracolosa guarigione di San Pellegrino da un tumore alla gamba. Nella Basilica Santuario di San Pellegrino Laziosi si visiterà l’altare del santo e la sala trecentesca del Capitolo in cui è conservato il Crocifisso miracoloso, attribuito a Giuliano da Rimini, davanti al quale San Pellegrino ottenne la guarigione dalla cancrena alla gamba.

La Forlì degli Ordelaffi

Mercoledì 23 settembre, con partenza alle ore 20,00 e alle ore 21,30, visite guidate alla scoperta di Forlì ai tempi degli Ordelaffi, in collaborazione con ConfGuide. Ritrovo presso la Galleria Angolo Mazzini, corso Mazzini angolo via Pedriali, Forlì. Condurrà le visite Sabrina Reali. Durante le visite guidate, in via delle Torri, verrà raccontato di come si presentava la strada in quanto costellata, all’epoca, di torri familiari; della presenza del Ponte dei Cavalieri, il manufatto, di epoca tardo-romana, che scavalcava il ramo canalizzato del fiume introducendo alla piazza e di come appariva, nell’attuale piazza Cavour, la chiesa e il convento di San Francesco Grande, il complesso distrutto alla fine del ‘700, che ospitava i Francescani Minori, cari a Dante.

Di fronte a Palazzo Albicini sarà messo in evidenza che l’edificio inglobò sul finire del ‘400 le case che componevano l’insula, il quartiere, degli Ordelaffi; Dante vi fu ospite di Scarpetta, primo signore di Forlì e in seguito una seconda volta alla corte di Cecco I (le branche verdi della Commedia). Ritornati in piazza sarà ricordato il punto in cui si elevava il Ponte del Pane (romano) circondato da botteghe; all’epoca di Dante il Canale di Ravaldino scorreva per tutto quel lato della piazza e fiancheggiava uno dei mercati più importanti della regione; sulla piazza ebbe luogo la battaglia del “sanguinoso mucchio” (Inferno, XXVII). Infine sarà evidenziato il ruolo che aveva la chiesa di San Mercuriale, complesso risalente almeno al 1178, con visita al suo interno; Dante ammirò certamente il campanile (ai cui piedi, verso il chiostro, era dipinto un affresco trecentesco) e l’altorilievo della lunetta.

La Forlì di Dante Alighieri

Venerdì 25 settembre, con partenza alle ore 20,00 e alle ore 21,30, visite guidate alla scoperta di Forlì ai tempi di Dante, in collaborazione con ConfGuide. Ritrovo presso la Galleria Angolo Mazzini, corso Mazzini angolo via Pedriali, Forlì. Condurrà le visite Daniela Caponera.
Dante Alighieri è considerato il padre della lingua Italiana e la “Divina Commedia” è universalmente ritenuta la più grande opera letteraria scritta da un italiano, nonché uno tra i maggiori capolavori della letteratura mondiale. Con due sentenze successive, 27 gennaio e 10 marzo 1302, il poeta fiorentino venne condannato al rogo e alla distruzione delle sue proprietà. Da quel momento in poi non poté più rivedere la sua città natale. Dante fuggiasco trovò rifugio in un primo momento a San Benedetto in Alpe, poi a Forlì. Il sommo poeta inserisce nella sua opera numerose citazioni di Forlì e del suo territorio.
Dal punto di ritrovo si raggiungerà la Chiesa della della Santissima Trinità, la più antica pieve cristiana forlivese che conserva un affresco trecentesco, e dopo averla visitata verrà raccontato e visto cos’è rimasto nei dintorni dell’epoca di Dante, come la via Curte, che ha la stessa conformazione di allora, essendo l’antica strada vicinale degli Orti longobardi, e il ponte dei Morattini, uno dei manufatti sorti nell’Alto medioevo sul ramo cittadino del fiume Montone per attraversarlo. Verrà accennato all’evoluzione della zona con la costruzione nel XV secolo del Monastero della Ripa sull’area denominata anticamente Contrata florentina, su cui sorgeva la Torre fiorentina che era un punto di riferimento per la comunità dei fuoriusciti ghibellini toscani.

Sulle tracce di Dante a Forlì. Proiezione immagini della mostra

Martedì 22 settembre, alle ore 20,45, nella Sala Mazzini, corso della Repubblica 88, Forlì, proiezione delle immagini della mostra “Sulle tracce di Dante a Forlì”. Commento storico a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli. Nel corso della serata saranno proiettate le fotografie del percorso dantesco scattate dai soci del Foto Cine Club Forlì. Ai partecipanti sarà consegnata in omaggio copia del catalogo della mostra. Durante il corso della serata saranno proiettate le fotografie del percorso dantesco scattate dai soci del Foto Cine Club Forlì: Pasquale Anoia, Elena Arcangeloni, Roberto Baldani, Alfonso Benetti, Roberto Benfenati, Giancarlo Billi, Umberto Boaga, Mirko Borghesi, Dervis Castellucci, Tiziana Catani, Milena Celli, Moreno Diana, Serena Ferlini, Paola Giuliani, Cinzia Giunchi, Loredana Lega, Franco Luciano, Ivano Magnani, Alessandro Maldini, Ugo Mazzoni, Ilice Monti, Rosalda Naldi, Verusca Piazza, Claudio Righi, Andrea Severi, Pamela Starnini, Barbara Taglioni, Valerio Tisselli, Fabrizio Tumidei. Ai partecipanti sarà consegnata in omaggio copia del catalogo della mostra.

Presentazione del libro “Gatarola” di Enrico Zambianchi

Giovedì 24 settembre, alle ore 20,45, alla Sala Mazzini, corso della Repubblica 88 a Forlì, per Sulle tracce di Dante a Forlì verrà presentato il libro “Gatarola” di Enrico Zambianchi, poema folk in lingua romagnola con 42 tavole illustrate. Insieme all’autore interverranno Andrea Sansovini e Marco Viroli, presidente e vice presidente dell’Associazione “Direzione 21”. Nato come copione teatrale per un monologo, il testo ha acquistato la consistenza di un libro ispirato al “Poema Jocoserio – La Gatomaquia” dello scrittore seicentesco spagnolo Lope de Vega. Di questo testo non ci sono traduzioni in rima in italiano, mentre nell’originale iberico, la rima dona una musicalità che torna in quest’opera scritta in romagnolo. La traduzione a fronte in italiano sempre in rima, permette un confronto diretto con la lingua e 241 note accompagnano il lettore non avvezzo a conoscere modi di dire, parole e aneddoti di Romagna.

Come suggerisce l’autore stesso (che ha in programma di portare in forma teatrale questo progetto) se si lascia fluire la lingua romagnola, essa prende vita autonoma e scorre come suono antico e comprensibile anche a chi non è di queste parti. L’autore non parla mai di “dialetto” poiché il romagnolo ha una sua dignità di lingua con un percorso storico ben definito che, partendo dai tempi remoti delle lingue protogermaniche dei primi invasori di questi territori, arriva fino al francese napoleonico.
Illustrato con 42 tavole originali con una tecnica mista acquerello e grafica computerizzata, questo libro è un’opera unica nel suo genere di difficile classificazione che unisce la tradizione con il racconto epico, la Romagna con la Spagna. Le tavole hanno stili diversi poiché la loro realizzazione si è protratta per mesi ed è condizionata da diversi fattori emotivi.

Gli ambienti di una ipotetica città moresca sul mare si confondono con le campagne romagnole e vengono citati alcuni paesi dove la storia si sviluppa, tra cui l’assedio finale che avviene alla Rocca di Monte Poggiolo. Una favola che racconta le avventure picaresche di un gatto innamorato alle prese con la gelosia, un matrimonio mancato, un assedio al castello e la frustrazione dei desideri non esauditi. Una morale nel racconto che ci parla di vita, morte, amore, visti attraverso gli occhi dei gatti e che lascia sullo sfondo un’umanità come accessoria alla narrazione. L’autore mette sapientemente il proprio marchio comico su un copione strutturato nella grande tradizione classica spagnola; un lavoro durato circa due anni che ha potuto vedere la luce nei mesi di quarantena da lockdown.

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