Il tenente medico della Croce Rossa Italiana Luigi Pierantoni, nato a Intra, oggi Verbania, nel 1905, fu ucciso il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine di Roma durante la rappresaglia decisa dalle truppe di occupazione naziste in seguito all’attentato partigiano di via Rasella durante il quale persero la vita 33 soldati del reggimento “Bozen”. L’eccidio tedesco determinò l’uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni.
A Forlì un busto del valoroso medico è collocato all’interno del parco dell’Ospedale cittadino dedicato a lui e al grande anatomopatologo Giovan Battista Morgagni. Nei giorni scorsi il sito www.vecchiazzano.it, ideato a suo tempo da Gilberto Giorgetti ed ora curato da Andrea Gorini, ha pubblicato un ricordo, che si riporta di seguito, di Luigi Pierantoni scritto dal nipote, che porta lo stesso nome del nonno paterno, che occorre leggere e meditare anche perché si sta approssimando la data del 9 novembre, anniversario della Liberazione della nostra città; ricorrenza che purtroppo sarà ricordata senza manifestazioni pubbliche a causa dell’emergenza Covid 19.
La testimonianza porta questa premessa: “Mi chiamo Pierantoni. Luigi Pierantoni. Già, come altri due miei cugini, figli di Paolo e Lucia, porto il nome di Luigi, nostro nonno, che non abbiamo mai conosciuto. Fu attraverso Lea, sua moglie e mia dolcissima nonna, che ho imparato a conoscere questa immensa, eroica eppur umanissima figura, che negli anni ho introiettato e con la quale oggi fieramente convivo. In quei momenti nei quali nonna mi parlava di Luigi ero rapito…
Diceva di quanto fosse fortemente legato al suo lavoro di medico e ai suoi pazienti, per i quali si prodigava con grande impegno e con il poco tempo che gli rimaneva faceva il padre e il marito. Compiti ai quali, assicurava Lei, non avrebbe mai rinunciato, perché senza di loro diceva di essere incompleto! Potete immaginare… per questo piccolo bambino, che ascoltava le storie di un eroe di guerra che aveva osato sfidare i cattivi… L’ho amato alla follia!“.
“Fra i ricordi ne ho due particolari – prosegue Luigi Pierantoni – verso i 12 anni, proprio il 24 marzo data memore dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine, mio padre mi chiamò nel suo studio a casa nostra ad Aosta, prese da un armadio una scatolina di legno e mi disse: ‘Luigi, questo è ciò che fu raccolto alle Fosse Ardeatine dal corpo di tuo Nonno: le mostrine, gli occhiali, la sua adorata penna, una foto della famiglia, il fregio della Croce Rossa; quando non ci sarò più, l’avrai tu’. E l’ho avuta. Qualche anno più in là il mio papà, medico come il nonno, mi portò a vedere la sua tomba. Piansi, sebbene non lo avessi mai conosciuto. Piansi perché sapevo che professionalmente non avrei mai seguito le sue orme. Piansi sapendo che le ultime ore le aveva passate da solo, dolorante per le torture subite e le offese al suo paese, avvolto dalla divisa che Lui amava e ha rispettato sino all’ultimo respiro. Piansi perché quasi sentivo la sua mano che mi accarezzava e sorridendomi mi diceva quanto gli mancassi. Piansi perché in quel momento capii quanto lui mi mancasse!“.
Luigi Pierantoni conclude il ricordo del nonno sostenendo con convinzione che oggi sarebbe in prima linea con tutto il personale medico e paramedico a combattere una terribile pandemia, “pronto come sempre a spendere la sua vita per i suoi pazienti e per la sua amatissima Italia“, ed è per questo che ringrazia i medici, gli infermieri, il personale di tutti gli ospedali e di qualsiasi altra struttura sanitaria per quello che fanno e per come lo fanno.
Gabriele Zelli