Da oltre 200 anni a suon di musica. È la storia del Corpo Bandistico Rocchigiano, raccontata da Vincenzo Bongiorno nella decima puntata della rubrica video “Do ciacri” (visibile nella pagina facebook Cambia Vita – Rocca San Casciano). Il dialogo è con il direttore della Banda, il maestro Roberto Monti, il presidente Marco Benini e con due decani del Corpo Bandistico Rocchigiano, Domenico Becattini e Oriano Bravetti.
L’anno di costituzione vero e proprio della Banda è ignoto, ma alcune testimonianze ne attestano l’esistenza già nel 1819. “Nel nostro passato – spiega il presidente Marco Benini – vi sono poi alcune date certe molto importanti, come quella del 1848, anno in cui la Banda ricevette il giglio fiorentino dal Granduca di Toscana Leopoldo II e fu invitata per l’occasione a suonare a Palazzo Vecchio nel Salone dei Cinquecento”. Nel 1948, per celebrare il centenario di quell’avvenimento, la Banda sarebbe poi tornata a Firenze ad esibirsi. “La vita della Banda – spiega il maestro Roberto Monti – in condizioni normali durante l’anno si interseca con la vita del paese, accompagnando le principali ricorrenze civili e religiose. Teniamo anche alcuni concerti per offrire un po’ si svago alla cittadinanza. Inoltre abbiamo una scuola di musica per bambini a partire dai 10 anni, sperando che questo ci porti quel ricambio generazionale che vi è sempre stato”.
I due decani Becattini e Bravetti raccontano atmosfere e sensazioni datate circa settant’anni addietro. “Io entrai – afferma Becattini – nel 1946 e sono il più vecchio della Banda”. E da raccontare ne avrebbe tante, come l’aneddoto datato 1953: “Allora – spiega – gli anziani della banda decisero di andare tutti a Verona a vedere l’Opera. Noi ventenni inizialmente accettammo con aspirazioni di svago proprie della nostra età andando in città. Ma poi ci dissero che saremmo dovuti andare a Verona in divisa, di panno nero in pieno agosto, e con gli strumenti. E allora insorgemmo, non andammo a Verona e per alcuni anni abbandonammo la Banda, ma poi rientrammo e da allora non me ne sono più andato”.
Bravetti, invece, a quella spedizione di Verona fu presente, appena tredicenne. “Nella Banda – racconta – entrai non direi con la passione ma perché era comunque una cosa molto bella farne parte, anche per stare con gli amici”. Poi, un po’ commosso osserva: “Mi tocca sempre molto quando vedo arrivare qualche nuovo ragazzino. Mi rivedo io tanti anni fa. Cerco di seguirli e accoglierli al meglio”.
Durante le “Do ciacri” viene poi mostrato l’archivio che conserva gli spartiti d’opera e di musica classica degli inizi del ‘900, tutti scritti a mano dai vari direttori dell’epoca. Vi è poi spazio per ricordare il libro edito nel 2017 sulla storia della Banda. Infine la puntata si sofferma sulla frase che campeggia in bella mostra sulla porta d’ingresso della sede della banda, e che recita: “La musica è la dea della pace. Solcando essa gli orizzonti infiniti, ferma su ogni terra il suo volo, chiede ad ogni gente le sue proprie canzoni e le porta da popolo a popolo, onde l’un l’altro si ravvisino e si ascoltino le note dei loro inni di dolore e di amore, come le strofe di un sol grande poema”. Una frase che secondo Bongiorno “riassume bene il grande ruolo che può avere la musica nel dialogo tra i popoli. E nel caso della banda di Rocca è inoltre notevole il ruolo che svolge nel confronto tra le generazioni. Con questi ingredienti si rafforza la dimensione comunitaria del paese e si crea civiltà, e quindi qualità della vita”.