In occasione dell’anniversario del 25 aprile vanno ricordati anche i gravissimi lutti causati dal Secondo Conflitto mondiale, nonché i danni subiti dal patrimonio edilizio della città. In questo caso prendo in considerazione quanto successe al Palazzo degli Uffici Statali.
“Il nuovo edificio degli Uffici statali di Forlì, realizzato nel periodo 1934-38, venne pensato come un edificio svettante che assumesse il valore di vero e proprio segnale urbano, in maniera analoga alle torri del vicino Palazzo delle Poste, progettato anch’esso da Cesare Bazzani alcuni anni prima (1931-32)“, così scrive Carlo De Maria nel saggio “L’interno pubblico nella città del fascismo: quali trasformazioni nel rapporto tra funzione e cittadini”, in “Clionet.
Per un senso del tempo e dei luoghi”, (2017), https://rivista.clionet.it/de-maria-interno-pubblico-nella-citta-del-fascismo. “C’era il proposito dichiarato di innalzare e di fornire slancio maggiore al panorama urbano forlivese”, continua l’autore, “altrimenti caratterizzato da uno sviluppo altimetrico piuttosto ridotto. Gli Uffici statali forlivesi vennero così dotati di una monumentalità degna di una dimensione urbana pienamente sviluppata, portando in provincia – nella ‘provincia del duce’ – l’aura della capitale”.
Una monumentalità che caratterizza ancora oggi una parte di piazza Saffi. Ora, attraverso il contenuto di una nota datata 31 maggio 1944, mi è stato possibile acquisire informazioni su quanto avvenuto all’esterno e all’interno del Palazzo degli Uffici Statali in seguito alla destituzione di Benito Mussolini da presidente del Consiglio dei ministri e il conseguente arresto avvenuto il 25 luglio 1943. Il documento, a firma del Questore di Forlì, è indirizzato alla locale Prefettura in risposta ad una richiesta di informazioni sulla scomparsa dei vari fasci littori che ornavano l’edificio. Decisamente desta meraviglia apprendere che la Prefettura della Repubblica Sociale Italiana (RSI) con il Secondo conflitto mondiale in corso, con gli eserciti alleati che stanno per liberare Roma (avverrà quattro giorni dopo), alla vigilia dei primi eccidi che i nazifascisti effettueranno anche in Romagna, non abbia di meglio da fare che preoccuparsi di dove sono andati a finire i fregi del palazzo.
Sta di fatto che il Questore trova il tempo per far compiere delle verifiche e di rispondere che “dalle indagini esperite in merito alla rimozione dei Fasci Littori apposti sul Palazzo degli Uffici Statali di Forlì, è risultato che il 26 luglio 1943, in seguito ad irruzione nel predetto palazzo della folla, la quale distrusse i Fasci Littori di vetro situati sui tre balconi dello stabile, l’Intendente di Finanza fu obbligato dalle Autorità Militari del tempo, per ragioni di opportunità e per misure prudenziali, a far rimuovere o mascherare tutti i Fasci Littori situati nello stabile stesso”. “Infatti ad opera dei Vigili del Fuoco”, prosegue la nota, “furono rimossi dai suoi occhialoni posti sulla sommità dell’edificio n° 4 Fasci Littori, due aquile Romane e venne tolta l’ascia a due Fasci Littori apposti sullo scudo sabaudo collocato all’angolo del palazzo.
Venne inoltre distrutta l’ascia dei sei Fasci Littori stilizzati in falso travertino collocati sulla parte posteriore del palazzo prospiciente sulla Piazzetta Giove Tonante”.
“Nel predetto stabile sono rimasti in perfetto stato”, conclude il documento della Questura, “i Fasci Littori situati all’ingresso del palazzo degli Uffici dell’Intendenza di Finanza perché l’Intendente stesso aveva disposto la chiusura del portone di accesso” (i fasci sono stati eliminati al termine del Secondo conflitto mondiale ndr).
Così pure un altro documento pubblicato nella tesi di laurea in Architettura di Andrea Acciai su “Il Palazzo degli Uffici Statali di Forlì. Un progetto ‘incompiuto’ di Cesare Bazzani”, relatore il professor Raffaele Nudo, Anno Accademico 2004/2005, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Costruzioni, fornisce informazioni ulteriori sui danni arrecati all’edificio dal passaggio del fronte. Infatti in una perizia urgente redatta il 22 luglio 1945 dal dirigente dell’Ufficio del Genio Civile di Forlì, l’ingegnere A. Pantoli, sull’entità dei lavori necessari per intervenire sul complesso sono fornite diverse informazioni molto interessanti e importanti. Nel documento è scritto che:
1) in seguito al bombardamento aereo del 25 agosto 1944 il palazzo degli Uffici Statali di Forlì fu colpito da bombe e gravemente danneggiato;
2) le truppe tedesche in ritirata fecero saltare la torretta terminale del corpo di fabbrica sulla Piazza Saffi, provocando gravi danni alle terrazze di copertura;
3) in seguito all’occupazione del fabbricato da parte delle truppe alleate sono andati distrutti quasi totalmente gli infissi e sono stati danneggiati ulteriormente tutti gli impianti; 4) gli uffici prima presenti nello stabile si sono dovuti trasferire in locali adeguati situati in case di affitto;
5) per ristabilire il normale andamento di alcuni servizi occorre provvedere alla riparazione delle porte del fabbricato non più occupato dalle truppe. La perizia termina stimando in 24.500.000 lire, poi corretta a penna in 20.000.000, la somma necessaria “per eseguire i lavori di riparazione di parte del fabbricato”.
Questo documento mette fine alla discussione fra chi sostiene che la torretta terminale sia stata integralmente distrutta dal bombardamento e chi dai soldati tedeschi in ritirata. Di fatto è stata minata dai soldati tedeschi e abbattuta dallo scoppio dell’esplosivo collocato nella notte tra l’8 e il 9 novembre 1944, al pari della Torre Civica e del campanile del Duomo. Mentre il bombardamento del 25 agosto, come riporta Antonio Mambelli nel “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945”, fece crollare muri interni, soffitti e procurarono squarci alla facciata e poi aggiunge: “Morti e feriti si sono avuti lungo la scala circolare prospiciente via Delle Torri, per la caduta di blocchi che hanno travolto impiegati e impiegate non riusciti in tempo a guadagnare il sottostante rifugio che ha per fortuna resistito. Nella scala tragica ha lasciato fra gli altri la giovane vita Lina Zoli sorella del parroco di Villa S. Giorgio. Fracassati i negozi sotto i portici dell’edificio con altri morti”. “Si depreca qui”, prosegue Mambelli, “la balorda disposizione attribuita al capo ufficio catastale, di non permettere ai dipendenti di abbandonare il lavoro che all’ultimo momento e l’eccessiva confidenza in materia di allarmi”.
Le limitate disponibilità economiche del periodo non fecero prendere in considerazione la possibilità della ricostruzione che non avvenne neppure in seguito. Lo scritto dell’ingegner Pantoli fornisce inoltre notizia di un uso dei locali del Palazzo degli Uffici Statali da parte dei soldati alleati che vi si accamparono per diverso tempo (non si capisce se in tutti i locali o solo in parte di essi), notizia che non avevo mai reperito in precedenza e che non avevo mai sentito raccontare. Risale comunque a quel periodo l’utilizzo degli infissi in legno per alimentare i fuochi che venivano accesi per riscaldarsi, tanto che al momento della redazione della perizia è detto che gli stessi “sono andati quasi totalmente distrutti”, al pari degli impianti, e per la prosecuzione dell’attività lavorativa degli uffici si rese necessario affittare locali esterni.
Gabriele Zelli