Esistono piccoli luoghi che sono resi famosi dai personaggi la cui vita è iniziata lì. La località romagnola di Fusignano, ad esempio, è passata alla storia del calcio per aver dato i natali ad Arrigo Sacchi, un tecnico il quale per dieci anni ha rappresentato l’innovazione nel calcio tricolore. Per molti inizialmente visto come una sorta di Don Chisciotte, ossia un maldestro eroe che predicava idee nuove e in qualche modo azzardate in un mondo ostile, l’allenatore nato in Romagna nel 1946 ha invece fatto irruzione nel mondo del pallone con un metodo tutto suo, innovando e facendo scuola. La sua grande storia ha avuto inizio proprio nel suo paese di origine, dove dal ’73 al ’76 fu allenatore della squadra locale, una compagine di seconda categoria al capo della quale era arrivato per provare una nuova sfida.
Da quel momento in poi, impegnatosi a inculcare nei suoi calciatori un credo tattico dinamico basato su un 4-4-2 nel quale tutti dovevano correre e pressare, Sacchi ha scalato con velocità le gerarchie del calcio italiano fino all’arrivo al professionismo ai tempi del Parma. Nell’anno 1986, dopo aver riportato la squadra ducale in Serie B, si mette in mostra eliminando in Coppa Italia il Milan del rampante uomo d’affari Silvio Berlusconi, il quale rimase folgorato dalla sua idea di calcio, tanto da chiamarlo l’anno dopo proprio a Milanello. Con il Milan, una delle squadre che proverà a vincere il prossimo campionato di Serie A secondo le scommesse sulla Serie A disponibili in questo momento, l’allenatore romagnolo si sarebbe definitivamente consacrato, vincendo subito uno Scudetto contro il Napoli di Maradona, una delle squadre più forti di sempre del campionato italiano.
La sua idea di calcio basata sulla marcatura difensiva a zona e sull’occupazione totale degli spazi in campo fu la fortuna di un Milan che con lui al comando vinse moltissimo soprattutto in campo internazionale. I rossoneri targati Sacchi trionfarono due volte di seguito in Coppa Campioni, Supercoppa Europea e Coppa Intercontinentale. In questo strepitoso biennio 1989-90 il Milan assunse il ruolo di grande potenza del calcio, diventando una delle compagini più gloriose della storia del calcio mondiale. Agli ordini di Sacchi vi erano, infatti, giocatori strepitosi come il libero e capitano Franco Baresi, l’emergente fenomeno Paolo Maldini, il centrocampista Carlo Ancelotti e soprattutto il trio di olandesi volanti composto da Gullit, Rijkaard e Van Basten.
Dopo l’addio al Milan nella primavera del 1991, Sacchi fu scelto come commissario tecnico della nazionale italiana, la squadra per la quale faceva il tifo tutto il paese. Arrivato al mondiale del 1994, che si giocava negli Stati Uniti, dopo aver provato a instaurare in nazionale il gioco che tanto bene aveva espresso al Milan, il tecnico romagnolo fu capace di arrivare fino alla finale contro il Brasile, trascinato dai goal di un fenomenale Roberto Baggio, uno dei più grandi giocatori italiani di sempre. In quella finale, tuttavia, la sorte non sorrise all’Italia, e fu il Brasile a proclamarsi campione del mondo. Il percorso di successo di Sacchi, un romagnolo arrivato quasi in cima al mondo, resterà per sempre nella storia del calcio.