Questo racconto di Natale pesca dalla memoria dell’anno più spumeggiante del secolo scorso, il 1961, con l’effervescenza del miracolo economico che palpitava nell’aria. Gli effetti del boom erano evidenti e venivano amplificati da giornali, dalla radio e dalla tv che la maggior parte delle persone condivideva nei circoli o nelle parrocchie. Proprio il televisore era il regalone che molte famiglie della classe media in ascesa speravano di trovare sotto l’albero. Oltre che per l’Italia intera, inorgoglita dall’essere divenuta per un attimo il centro del mondo grazie alle Olimpiadi di Roma, il 1961 era stato eccezionale pure su scala locale.
Il magnate Giuseppe Verzocchi aveva regalato alla città la sua straordinaria collezione di capolavori pittorici sul tema del lavoro; la statua di Saffi era tornata al centro della piazza dopo ben 17 anni di esilio seguiti ai danni della guerra; un nuovo eroe romagnolo, il bertinorese Arnaldo Pambianco “Gabanin”, aveva trionfato al Giro d’Italia. Ma se sotto i riflettori brillava per molti l’attesa di un futuro radioso, nei corridoi dell’ex Collegio Aeronautico di piazzale della Vittoria, sede deputata da alcuni anni a luogo di consegna dei “Pacchi natalizi” per i bisognosi, la fila era più lunga del solito. Quell’anno il numero delle famiglie ufficialmente povere (e che in virtù di tale miseria potevano beneficiare del dono di Comune e Prefettura) raggiunse dimensioni imponenti.
Complessivamente vennero distribuite 10 mila razioni individuali e oltre 3.200 familiari per una città ormai prossima a sfondare la soglia dei centomila abitanti. Nei banchi venivano distribuiti generi alimentari e beni di prima necessità, con una razione aumentata di carne di pollo. La precarietà era visibile a occhio nudo a poca distanza da piazzale della Vittoria, nelle baracche del Casermone di via Romanello e dell’eterno cantiere del Tribunale (che da lì a breve sarebbe stato riattivato per giungere a fine lavori nel 1969). La solidarietà forlivese si colorò anche di un aspetto bizzarro.
A ogni povero veniva infatti regalato un tagliando numerato che permetteva di partecipare a una lotteria. Tanti i premi in palio: dai pacchetti di biscotti ai panettoni, dalla bottiglia di vino a quella di spumante. Nel caso della vincita di un paio di scarpe, però, il possessore del tagliando doveva sperare nell’ulteriore fortuna di aggiudicarsi pure il numero giusto di calzata. Fu un Natale speciale quello del 1961 anche perché serbava in grembo tutte le frustrazioni dei contrasti sociali che sarebbero rimasti irrisolti per deflagrare nella contestazione di fine decennio. Con il senno di poi li si riconosce nitidamente nelle speranze: c’era chi aspirava di poter guardare la tv in casa propria e chi sperava di vincere qualcosa di utile nella lotteria dei poveri.
Mario Proli