“Ogni riflessione sulle scelte urbanistiche del Comune non può che partire dalla vicenda del polo commerciale di Coriano, non solo per la grandissima attenzione suscitata ma perché in essa erano già visibili gli elementi che hanno poi contrassegnato tutte le decisioni della Giunta in questo campo: scarsa attenzione alla tutela del territorio e ai beni comuni; incapacità di collocare le singole varianti in un ragionamento d’insieme; propensione ad assecondare puramente le richieste degli operatori privati; ostinazione nell’ignorare osservazioni di merito espresse da cittadini, forze politiche e altri Enti, (Provincia, Regione)” è il commento di Forlì e Co. Federico Morgagni e Giorgio Calderoni (nella foto).
“Per non parlare – continuano – della sorprendente attitudine della maggioranza di centrodestra a trasformarsi nella più zelante realizzatrice di scelte contestate nella passate consiliature. Nel caso di Esselunga il riferimento è al Piano del Commercio del 2017, un documento che nel corso degli anni ha mostrato tutti i suoi limiti di fronte ai mutati orientamenti dei consumatori e la saturazione dell’offerta commerciale, dinamiche del resto accelerate dalla pandemia e dalla connessa crisi economica. Nonostante ciò, la Giunta Zattini si è ostinata a portarne avanti le previsioni, perseverando in scelte non più in sintonia con i bisogni della città. Se non altro, la vicenda di Esselunga si è chiusa con una vittoria per i cittadini, le associazioni, le organizzazioni di categoria e i sindacati che si erano battuti contro quel progetto, sostenuti e affiancati anche dal nostro gruppo consiliare. Pochi mesi dopo, tuttavia, le medesime dinamiche si sono riproposte nella vicenda di Magliano. Anche in questo caso il punto di partenza era un piano delle attività estrattive assai discutibile, il cui iter era iniziato sotto la precedente Amministrazione e che questa Giunta ha poi lottato strenuamente, fra forzature e colpi di maggioranza, per portare ad approvazione, nonostante le tante critiche ricevute“.
“Eppure, come è stato più volte detto, nell’area di Magliano le attività di scavo si erano concluse oltre venti anni fa, tanto che dal 2001 in poi non erano state più autorizzate da nessuno dei vari piani comunali e provinciali nel frattempo approvati. Di conseguenza la riapertura della cava andava a configurarsi come nuova autorizzazione, in contrasto con le prescrizioni stabilite dalla Regione per proteggere quella che nel frattempo era divenuta un’area protetta ai sensi delle disposizioni comunitarie. Su questi fatti pende una segnalazione di Legambiente alla Commissione europea per violazione delle norme comunitarie, con il rischio di una sanzione per il nostro Comune. L’altra parte della questione, è quella relativa alla presenza nel sito di Magliano di un frantoio per la lavorazione di materiali inerti, che già nel 2019 la Regione aveva chiesto al Comune di spostare entro cinque anni. La Giunta aveva tuttavia ignorato tale prescrizioni e concesso una autorizzazione al proseguimento delle attività estrattive fino al luglio 2030, più altri 15 mesi per completare l’attività di estrazione e la sistemazione finale del sito. Il nostro gruppo ha sollecitato ripetutamente la Regione a intervenire sulla questione e pochi giorni fa è pervenuta una risposta, con la quale è stabilito definitivamente che l’attività del frantoio dovrà cessare entro l’aprile del 2025 (e, di conseguenza, la sistemazione del sito concludersi entro il 2026). In sostanza una sconfessione su tutta la linea del Comune” insistono i consiglieri di minoranza.
“L’ultima vicenda è ovviamente quella del polo ospedaliero di Vecchiazzano. Ancora una volta la maggioranza, che aveva promesso di valorizzare il commercio di prossimità e di cessare la proliferazione delle grandi strutture, ha disatteso completamente le promesse, operando in tutti i modi per favorire il massimo numero di espansioni edilizie prima dell’entrata in vigore (1° gennaio 2022) della normativa regionale che le impedisce in assenza di nuovo Piano urbanistico generale. Nel caso di specie, peraltro, l’iter della variante è stato confuso e pasticciato, e ha lasciato irrisolte tantissime criticità: l’impatto sul traffico del nuovo polo, chiaramente sottovalutato dalle stime del Comune; l’ulteriore saturazione di una rete commerciale già oltre i margini di sostenibilità; la scarsa lungimiranza di trasformare in commerciale un polo ospedaliero che potrebbe servire per ulteriori ampliamenti sanitari. Anche in questo caso il modus operandi è stato del tutto autoreferenziale, al punto che il Comune non si è curato nemmeno di informare della situazione i cittadini di Vecchiazzano, costretti a scrivere ai giornali per far sentire la propria voce. Del resto, nonostante le strumentalizzazioni leghiste, anche il pronunciamento sulla questione da parte della Provincia non è stato affatto “tenero”, e ha riaffermato che per quanto riguarda la viabilità vi sono significative criticità nelle stime del Comune e che mancano i necessari approfondimenti sull’ulteriore impatto dell’attività commerciale sul traffico. In sostanza, secondo la Provincia, in assenza di modifiche non vi sono le condizioni per l’ok alla realizzazione del progetto. La partita, quindi, è tutt’altro che conclusa; entro il 31 dicembre, la società privata interessata al polo ha presentato il proprio progetto di accordo operativo e nel giro di pochi mesi la questione tornerà ad essere discussa in Consiglio e poi verrà esaminata dal Comitato urbanistico di area vasta della Provincia; se i contenuti non cambieranno, è scontato che daremo battaglia” precisano i due consiglieri di Forlì e Co.
“A fare da contraltare alle forzature che hanno scandito le tre vicende riportate c’è l’assoluto immobilismo sul Piano urbanistico generale (Pug), che pure rappresenta non solo l’atto programmatorio fondamentale che dovrà essere licenziato nella presente consiliatura, ma il documento che conterrà le linee strategiche per lo sviluppo di Forlì nei decenni a venire. Si tratta peraltro del primo Piano urbanistico che dovrà recepire lo spirito e le disposizioni della Legge Regionale del 2017, che stabilisce limitazioni alle espansioni di nuovi insediamenti, promuovere fortemente il riuso e la rigenerazione del territorio urbanizzato; postula interventi di qualificazione della città pubblica; per dare la misura del cambiamento che si verrà a verificare, dal 1° gennaio 2024 tutte le previsioni in espansione dei vecchi Piani decadranno e quelle future, da qui al 2050, avranno un dimensionamento massimo non superiore al 3% del territorio urbanizzato al primo gennaio 2018.
Eppure, a Forlì del Piano urbanistico generale sino ad ora non si è ancora parlato, ed è già trascorsa la scadenza entro cui i Comuni avrebbero dovuto avviare il suo iter di approvazione. Forlì è il capoluogo più in ritardo fra tutti quelli della Romagna, a ulteriore conferma dei limiti culturali e della mancanza di visione strategica di un’Amministrazione comunale incapace di mettere in campo una lettura puntuale del territorio e delle sue dinamiche e un progetto avanzato di pianificazione urbana, coerente con la necessità di un futuro sostenibile ed equilibrato. Invece è proprio questo, a nostro avviso, l’obiettivo da realizzare col prossimo PUG: promuovere un modello di sviluppo capace di superare vecchie concezioni basate su obiettivi puramente economico-quantitativi, delineare un percorso in cui la crescita proceda di pari passo con l’attenzione agli impatti sull’ambiente e sui beni comuni. È all’interno di questo percorso che si dovrà mettere mano anche alla pianificazione di settori come il commercio, superando le vecchie logiche e adeguando la rete distributiva ai bisogni, alle nuove forme di consumo e alla saturazione del mercato. Per tutto ciò chiediamo quindi l’immediata apertura di un processo di confronto con tutti i portatori di interesse del territorio che permetta l’approvazione di un nuovo Piano urbanistico capace di proiettare Forlì in un futuro di sviluppo, crescita e sostenibilità” concludono i consiglieri comunali di Forlì e Co.