Le classi 4°A e 4°B della scuola elementare “Dante Alighieri” e la 4°A della “Manzoni”, accompagnate dalle rispettive insegnanti, hanno partecipato a una camminata alla scoperta di alcune delle “Pietre d’inciampo“, recentemente posizionate, e di piazza Saffi. Il consistente gruppo è stato guidato da Gabriele Zelli che ha raccontato diffusamente la storia delle persecuzioni subite dai componenti delle famiglie di ebrei residenti in città dopo la promulgazione delle leggi razziali. In particolare ha ricordato la vicenda della famiglia Matatia, riportata nel libro “I vicini scomodi” di Roberto Matatia.
La storia prende avvio quando ai primi del secolo scorso Nissim Matatia, giovane e intraprendente ebreo greco nato a Corfù lascia il suo paese per arrivare in Italia insieme al fratello Leone. Si stabilisce a Forlì dove avvia un negozio di pellicceria nell’attuale piazza Saffi, sotto il loggiato comunale, nei locali ora occupati da una profumeria che ha conservato l’arredo in legno, all’esterno e all’interno, commissionato a suo tempo proprio da Matatia. Nel giro di pochi anni l’attività cresce, il giro degli affari lievita tanto che nel 1920, considerate le ottime prospettive, anche il terzo dei fratelli di Nissim, Eliezer, sceglie di venire a vivere in Italia e apre un’analoga attività nella vicina Faenza. Di pari passo cresce anche la famiglia di Nissim, sposato con Matilde Hakin, una correligionaria originaria di Smirne. Dalla coppia nascono tre figli: Beniamino, detto Nino, nel 1924, Camelia nel 1926 e Roberto nel 1929, come testimoniano le schede dell’anagrafe del Comune di Forlì. Gli affari prosperano e i Matatia si possono permettere di trascorrere periodi di vacanza sulla spiaggia di Riccione, divenuta nel frattempo la località turistica più conosciuta della Riviera Adriatica perché anche la famiglia di Benito Mussolini, con il duce in testa, la sceglie come meta estiva.
Nel 1930 Nissim acquista una villetta in mattoni rossi in fondo a viale Ceccarini, con un ampio giardino che si estende quasi fino alla spiaggia.
Nel libro Roberto Matatia racconta che “tutto sembra andare per il meglio: l’attività è in crescita, diversi gerarchi fascisti sono legati alla famiglia di Nissim da rapporti commerciali e di consuetudine, le loro mogli frequentano il negozio, il giro delle amicizie è costituito da persone importanti. Nel frattempo la casa, già chiamata Villa Margherita, posta proprio di fronte all’abitazione dei Matatia a Riccione, diviene di proprietà nientemeno che di Benito Mussolini. Nel periodo delle vacanze c’è tutto un andirivieni di personaggi illustri in visita, esponenti del regime, operatori dell’Istituto Luce. La vicinanza con Villa Mussolini è un motivo di orgoglio in più per il nostro Nissim al quale non sembra vero di essere al centro del mondo, in quegli anni Trenta”. Fino a quando nell’estate del 1938 la situazione cominciò a mutare. Qualcuno tra gli amici ben informati comincia a mettere in guardia i Matatia avvisandoli che per gli Ebrei si prospettano tempi estremamente difficili, tanto da esortarli a vendere tutto e andarsene. Così decisero di fare i fratelli di Nissim ma lui non prese in considerazione tutto ciò; cosa sarebbe potuto succedere, si sarà chiesto, a uno come lui che aveva aderito al fascismo fin dal primo momento con villa per le vacanze a Riccione, proprio a ridosso di quella del Duce, con i tre figli nati a Forlì che in spiaggia giocavano con quelli di Mussolini?
E poi, era o no il pellicciaio di fiducia dei gerarchi che nel tempio fascista del turismo facevano a gara nel fare regali a mogli e amanti? Ma la situazione precipitò pochi mesi dopo quando ebbe inizio la tragica odissea della famiglia, tra terrore, dolori e umiliazioni indicibili (come la forzata vendita della casa al mare per un prezzo vile), il carcere per Nissim, l’espulsione dall’Italia, il rientro clandestino perché non sa, non può, star lontano dai suoi, i nascondigli e gli immancabili tradimenti. Poi l’arresto, in momenti diversi, di tutta la famiglia e la deportazione verso il campo di concentramento di Auschwitz. Dei cinque componenti della famiglia tornerà solo Nino, salvato dalla sua abilità nel suonare la fisarmonica, ma morirà a causa dei patimenti subiti, poco tempo dopo il ritorno a casa.
Nell’occasione Gabriele Zelli ha brevemente illustrato alle tre tre classi anche le caratteristiche degli edifici prospicienti piazza Saffi e l’insostituibile ruolo avuto per diversi secoli dal canale di Ravaldino, infrastruttura lungo la quale si collocarono tutte le attività che per funzionare avevano bisogno di forza motrice prima dell’invenzione del motore a scoppio e dell’arrivo della corrente elettrica.
L’ultima sosta del gruppo è avvenuta nel chiostro di San Mercuriale dove, di fronte al Sacrario dei Caduti partigiani, è stato fatto notare agli alunni l’alto numero di forlivesi, in gran parte giovanissimi, che persero la vita fra il 1943 e il 1945 per riconquistare la libertà in seguito all”occupazzione da parte dell’esercito tedesco sostenuta dai fascisti.