Certo, con le temperature che sta facendo registrare l’estate del Bel Paese, forse la voglia di mangiare viene un po’ meno. Per fortuna esistono regioni come l’Emilia-Romagna che la voglia di mangiare continuano a tenerla viva, a qualsiasi latitudine e temperatura. Anche perché, con il passare del tempo, la ricercatezza dei piatti in ambito culinario sta assumendo sempre di più la dimensione della ricerca scientifica. Ogni anno nuove ricerche attribuiscono ad alcune ricette e alimenti, e anche alcuni piatti, proprietà benefiche quasi miracolose, vuoi che sia per la prestanza atletica, la massa muscolare o per aumentare la concentrazione prima di un esame universitario importante.
Probabilmente molti di noi non sanno le storie e la tradizione che si nascondono dietro alcune delle pietanze e piatti più popolari della storia culinaria di questa terra. Una regione così ricca da questo punto di vista che addirittura si combatte, al suo interno, su chi tra l’Emilia e la Romagna abbia la tradizione culinaria migliore. Non è neppure un caso che moltissime delle principali aziende agroalimentari del Bel Paese vengano proprio da qui. Oltre che ben 29 prodotti DOP e IGP. Ecco quindi alcuni degli alimenti che hanno contribuito a portare l’Emilia Romagna nell’Olimpo della cucina nazionale e internazionale.
L’Erbazzone
Originaria della provincia reggiana, questa ricetta dalle palesi origini contadine ha saputo farsi riconoscere in tutta Italia come una delle torte salate più apprezzate dello stivale. Nata dalla necessità di cucinare tramite gli alimenti sempre a disposizione (farina, verdure dell’orto, e formaggio), il ripieno di verdure è solitamente un mix di coste, spinaci, erbette aromatiche, cipolle e, manco a dirlo, Parmigiano Reggiano. Nella tradizione è anche conosciuta con il nome di “scarpazzone”, grazie all’utilizzo delle coste della bietola, chiamate appunto “scarpe” nel dialetto locale.
Gnocco Fritto
Vero e proprio oggetto di culto di questa nobile cucina regionale (la prima menzione letteraria di questa pietanza è del ‘600), è senza ombra di dubbio il miglior accompagnamento mai concepito per qualsiasi tipo di salume o formaggio. Ancor meglio se accompagnato da un ottimo bicchiere di Lambrusco. La ricetta è piuttosto semplice da realizzare: si tratta di un impasto a base di acqua e farina, da friggere rigorosamente nello strutto e non nell’olio.
Piadina Romagnola
Un altro irrinunciabile pezzo “da novanta”. In pochi sanno però, che sono ben due le ricette storiche per la preparazione di questo leggendaria pietanza: quella romagnola e quella alla “Riminese”. La differenza risiede prevalentemente nella struttura e nelle dimensioni. La piadina di Rimini è famosa per essere molto larga e sottile, mentre man mano che si sale lungo la regione tende a diventare più spessa e di diametro minore.
Lasagne
C’è poco da dire. Le lasagne sono tra i piatti più iconici non solo della cucina emiliana ma di tutta la tradizione nazionale, sia in Italia che nel mondo. Un mix di pasta fresca all’uovo, spinaci, ragù alla bolognese e besciamella. Storicamente identificabili come un piatto “da festa”, vengono solitamente cucinate in quantità abbondanti per poi essere consumate a tavola tutti assieme.
Tortellini
“Onora il padre, la madre e…i tortellini in brodo” potrebbe tranquillamente diventare un motto regionale. Anche questo piatto tipico di tutti i momenti di festa, è una ricetta che ha le proprie origini a cavallo tra Bologna e Modena. Questi piccoli ravioli al ripieno di carne, accompagnati da un gustosissimo brodo caldo, vengono solitamente serviti nelle fondine e sarebbero parte della cultura popolare dal lontano XII (secondo lo storico bolognese Alessandro Cervellati). Il primo libro di cucina riportante questa ricetta risale invece al XIV secolo, quando venivano conosciuti con il nome di “torteleti di enula” o “tortelli di bronza”.
Sull’origine di questa pietanza circolano da secoli anche diverse leggende. La più divertente vorrebbe che il piatto sia stato inventato a Castelfranco Emilia, dal proprietario della locanda “il Corona”. L’uomo sarebbe stato inspirato dall’ombelico di una donna che era solito spiare dalla serratura della porta, da lì il desiderio di riprodurlo in versione culinaria.