«Ho letto con interesse quanto scritto da D’Emilio a proposito un museo a Predappio. Un articolo che apprezzo ma che contiene in sé taluni limiti che ritengo necessario superare. Più volte non solo ho scritto sull’argomento ma, quando ero in Parlamento, ho cercato, bloccato da una sinistra ottusa e ideologica, di promuovere interventi che sottraessero Predappio al turismo nostalgico e ne facessero un luogo ove i cittadini e i giovani soprattutto potessero confrontarsi con la storia tragica del ventennio. La sua idea non è nuova. Nel 2017, con enfasi, venne presentato nella sede della stampa estera a Roma il progetto di restauro dell’ex casa del fascio di Predappio per farne un centro studi sui totalitarismi del 900.
Una proposta insufficiente, che mi apparve priva del rigore che necessita una materia così delicata. La vicenda riguardante ciò che il regime fascista ha sedimentato a Predappio e la necessità di sottrarre la piccola città dal ghetto angusto del turismo nostalgico dura da oltre 30 anni, da quando l’allora sindaco Marcelli si fece dare in comodato la casa natale di Mussolini e dal timido progetto di legge dell’onorevole De Carolis, fatto nell’imminenza di nuove elezioni del ’92, che proponeva di finanziare a scopi turistici e museali gli edifici di proprietà pubblica.
Nella legislatura successiva, un nuovo progetto di legge, a cui chiamammo a collaborare l’Istituto dei Beni Culturali, a firma del sottoscritto e di Vittorio Emiliani, indicò l’inserimento degli edifici del ventennio in un sistema unitario di fruizione conoscitiva, museografica, secondo specifiche vocazioni scientifiche e culturali, indicando per ciascuno di essi possibili utilizzi legati al paesaggio rurale, alle vicende urbanistiche ed architettoniche, alle attività espositive e didattiche, alle potenzialità produttive, all’ampio paesaggio collinare. Era necessario assumere un atteggiamento consapevole nei confronti del passato, avvalendosi di strumenti di lettura che analizzassero le premesse politiche, culturali, sociali ed anche urbanistiche di una vicenda storica per superare i motivi ideologici che facevano di un luogo solo o poco più della destinazione di torme di nostalgici.
Non si trattava dunque di un progetto di legge fatto per avere qualche titolo sui giornali: più volte negli anni successivi si cercò di iscriverlo all’ordine del giorno e di discuterlo, non limitandoci al semplice deposito di una proposta come le tante migliaia che riempiono gli archivi. Nella XIII legislatura fu interamente trasformato in emendamento al fine di inserirlo in quella che sarebbe diventata la legge che finanziava interventi in favore di San Giovanni Rotondo e Sotto il Monte incontrando, come in precedenza e in seguito l’ostracismo della sinistra.
Consapevoli che si trattasse di una questione importante che riguardava vicende drammatiche e luoghi simbolici che avevano a che fare con la storia del nostro Paese tornammo a riproporre il PdL ancora nella XIV legislatura. Al Senato il PdL si giunse in Commissione, sia il relatore, sia il Presidente della Commissione si dichiararono favorevoli ma ancora una volte la scure della sinistra, attraverso l’autorevole senatore Giovannelli a cui si unì il senatore Scotti, ne impedì la prosecuzione. Il fatto che le motivazioni fossero solide e convincenti nulla poteva contro la preclusione ideologica.
Si perse una occasione, si perse un cospicuo finanziamento, la sinistra non volle capire che proprio i suoi dubbi richiamavano la necessità di fare riflessioni su tutti i totalitarismi che hanno prodotto gravi disastri e feroci crimini e a maggior ragione che un simile intervento sarebbe stato necessario nei confronti di un turismo di stampo nostalgico che caratterizza Predappio venisse superato, con la tutela e valorizzazione della specificità di luoghi facendo i conti con le vicende storiche.
Gli esempi positivi non mancano: una dozzina di anni fa a Monaco di Baviera, nel 2015, è stato inaugurato un grande Centro di documentazione sul nazional-socialismo, con tanto di museo, a testimonianza del passato nazista della città, finanziato in parti uguali dalla città, dal Land della Baviera e dallo Stato federale. Il Centro ospita una mostra che ricostruisce le origini e la storia del nazismo e non è per nulla accomodante neppure con la città stessa che lo ospita, ricorda responsabilità, crimini, atrocità, facendo i conti sia con la storia bavarese sia con quella tedesca, offrendo ai visitatori la opportunità di conoscere le drammatiche vicende che hanno portato distruzione e morte per milioni di persone.
Credo che quella di Monaco sia la dimensione giusta per affrontare un tema così grande. Ciò ovviamente non toglie nulla a quanto di positivo è stato proposto negli anni e anche a quanto contenuto nell’articolo di D’Emilio, ma credo che si debba operare per andare oltre a quanto è stato messo oggi sul tappeto. Credo sia sempre più urgente la necessità che una vicenda tanto grande, che nei suoi tragici esiti ha coinvolto tutto il mondo, traendo origine da un piccolo luogo incastonato fra le colline romagnole, non resti chiusa negli angusti confini locali e che necessiti del coinvolgimento delle massime istituzioni nazionali, come abbiamo cercato di far capire inizialmente con PdL certamente non presentati con lo scopo di portare qualche risorsa ad un collegio».
Sauro Turroni ex Senatore Verde