«Prima l’automedica, adesso il Pronto Soccorso. La sanità pubblica forlivese sembrerebbe essere il fanalino di coda di tutta la Romagna. A questo punto, nell’interesse della comunità che rappresenta e a tutela di tutti i medici e grandi professionisti che lavorano con profondo sacrificio nel nostro ospedale, va aperta una riflessione concreta e condivisa sul possibile commissariamento dell’Ausl Unica di Romagna». Il consigliere regionale della Lega, Massimiliano Pompignoli, lancia l’allarme sul sistema di gestione dell’Ausl romagnola e parla di “squilibrio evidente nel sistema di ripartizione delle risorse, umane ed economiche, tra i comprensori di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini”.
«Ci sono più di 200 milioni per costruire il nuovo ospedale di Cesena, ma nelle pieghe di un bilancio consistente come quello dell’Ausl unica di Romagna non si trova 1 milione per ampliare il Pronto Soccorso di Forlì che, detto da tutti, è al collasso e necessita di nuovi spazi per far lavorare in condizioni migliori e dignitose medici ed infermieri e limitare i disagi di chi vi accede per motivi d’urgenza. Non si trovano le risorse per mantenere operativa l’automedica di Meldola, mettendo a rischio i livelli di soccorso di un comprensorio di oltre 1100 Km quadrati, ma si trova il modo per garantire al territorio di Rimini, molto più piccolo del nostro sia in termini di superficie che di popolazione residente, ad eccezione del periodo estivo, ben tre automediche, due in più di quelle gentilmente concesse a Forlì».
“È evidente – conclude Pompignoli – che qualcosa non va nella gestione di questa Ausl. Senza nulla togliere al nuovo ospedale di Cesena o alle tre automediche di Rimini, non è possibile stare fermi e non dire nulla di fronte all’ennesimo sgarbo che viene riservato alla sanità forlivese e a tutti quei sindaci del territorio che rappresentato l’avamposto delle rispettive comunità. Occorre, dunque, ripensare al sistema di ripartizione delle risorse impegnate nel bilancio dell’Ausl unica e capire, attraverso un confronto franco e condiviso con chi lavora nella sanità pubblica, i perché di questo squilibrio. Diversamente, si rischia di depotenziare sempre di più di servizi e strutture sanitarie non solo la città di Forlì, ma tutto il comprensorio che le ruota attorno”.