«Niente avrebbe potuto definire meglio dello sdolcinato dolcetto, un miscuglio di zuccheri, glucosio, grasso vegetale, olio di palma nocciole e latte in polvere, lo sgangherato, estemporaneo e costosissimo pasticcio definito “progetto culturale” della giunta Zattini. Sono molti gli aspetti che meriterebbero un’attenta valutazione e soprattutto un pubblico confronto che non può certo esaurirsi nelle dichiarazioni alla stampa dell’assessore e intendiamo pertanto soffermarci inizialmente su talune questioni che ci paiono più rilevanti.
La prima delle quali riguarda il mancato confronto con la città, l’assenza di qualsiasi momento di pubblico confronto con i cittadini, gli operatori, gli appassionati e i fruitori, le tante associazioni che si occupano di cultura e soprattutto l’assenza di studi e proposte complessive, elaborate col contributo di qualificati esperti e studiosi. Ci chiediamo su quali basi l’assessore regionale, venuto in visita, abbia potuto esprimere il proprio apprezzamento nei confronti dell’attività di questa amministrazione che appare ogni giorno di più priva di una visione e di un progetto culturale fondato su solide basi di conoscenza e non su estemporanee girandole di idee di spostamenti, ricollocazioni» si legge in una nota a firma di Maria Grazia Creta, Cristina Mengozzi e Alessandro Ronchi di Europa Verde Forlì Cesena.
«Finalmente a quel che sembra l’Amministrazione ha deciso di intervenire sul Palazzo del Merenda, lo scrigno dei preziosi gioielli della città rappresentato da musei e raccolte chiuse da anni, con la Piancastelli in gran parte inagibile e una situazione generale dell’edificio che definire indecorosa sarebbe un gentile eufemismo. La conseguenza di questa decisione, che arriva dopo altri progetti in corso, attuati senza aver ben chiaro l’utilizzo e le funzioni a cui adibire gli edifici recuperati, ha ampliato, se possibile, la girandola di proposte che apprendiamo dalla stampa. Il record per il maggior numero di destinazioni ed utilizzi appartiene all’ex Santarelli che da luogo dedicato all’architettura del ventennio, a museo della città ecc. ecc., è stato poi individuato come sede della biblioteca moderna per poi diventare nell‘interrato un semplice deposito di libri. E la biblioteca? Li non va più bene!
Semplice, Zattini e soci pensano di smantellare il museo di Palazzo Romagnoli, costato recentemente diversi milioni di euro per collocarvi la biblioteca. Ci chiediamo se sia legittimo buttare a mare la grande quantità di denari pubblici investiti da pochi anni per le esposizioni di Palazzi Romagnoli per realizzarvi un altro intervento che pure costerà una montagna di denaro. A parte le considerazioni sulla quantità di lavoro richiesto dagli allestimenti, dall’ordinamento delle opere» insistono gli esponenti del sole che ride.
«È lecito chiedersi se sia ammissibile usare in questo modo i soldi del PNRR? Che ne dice la Corte dei conti per lo smantellamento dopo pochi anni di interventi costosi e perfettamente funzionanti? E le opere donate alla città da Verzocchi per ampliare la Pinacoteca? Facile, ci si inventa un nuovo “museo del lavoro” secondo il modello fallimentare già sperimentato col cosiddetto “museo dello sport” di cui, anche se non ancora completato, si è già perso il significato. Ed ecco che si interviene su Palazzo Albertini, presto pronto per la nuova collocazione della collezione Verzocchi che, oltre a cambiare collocazione cambierebbe anche nome, il nuovo “museo del lavoro” appunto. Immaginiamo le migliaia di visitatori che si accalcheranno ogni giorno in piazza Saffi, in attesa del loro turno per entrare.
Al palazzo del Merenda si preannunciano grandi cambiamenti anche se le contraddittorie dichiarazione di sindaco e assessore non fanno capire bene dove vogliono andare a parare: infatti se il 22 aprile 22 l’assessore affermava, in occasione della riapertura dello scalone e della grande sala con le grandi pale, che si stava ridando vita a questo grande spazio mettendolo a disposizione della città per seminari, conferenze, lascandolo aperto e fruibile, il 10 febbraio 23 è arrivato puntuale il più classico “contrordine compagni”. Infatti, secondo le nuove dichiarazioni la grande sala dove sono attualmente i grandi dipinti (i ‘quadroni’) dovrebbe diventare invece “una biblioteca realizzata secondo i criteri più moderni nella parte delle attuali esposizioni dei grandi quadri, che verranno spostati nel nuovo edificio dei Musei Civici, realizzati col quarto stralcio del San Domenico”. E pensate che in questo tourbillon di proposte sarebbe rimasto indenne il San Domenico e i suoi consolidati musei?» si domandano gli esponenti di Europa Verde
«Niente di tutto questo. Ecco quindi l’assessore che, dopo avere tentato di spostare l’Ebe dalla sua attuale collocazione, pensata e progettata per mettere in risalto la delicatissima opera del Canova, che, come tutti sanno, non è un pacco qualsiasi da spostare a piacimento, propone di smantellare una parte dell’attuale museo, quella dove sono le opere più antiche e importanti della città, per spostarle altrove. Anche in questo caso si tratta di un allestimento che ha richiesto, in anni assai recenti, non solo studi approfonditi ma anche un’ingente quantità di denaro per l’allestimento delle sale e il consolidamento della struttura, mettendola in grado di sopportare in sicurezza gli enormi carichi dei marmi.
Ci chiediamo ancora se sia lecito buttare così tanti soldi ed anche quale ne sia la ragione, non potendo credere che si tratti solo del desiderio di qualcuno di lasciare il proprio segno. Potremmo continuare a lungo, con la nuova collocazione al San Domenico del museo archeologico, i cui reperti sono chiusi nelle casse da decenni, a cui sostanzialmente sarebbero destinati spazi di risulta.
Tutto ciò mentre il museo sotto il San Giacomo, che illustra la storia e gli scavi del San Domenico, realizzato con soldi pubblici, non viene completato e mai aperto, anzi è adibito a deposito sedie. Non vogliamo per brevità introdurre qui altri temi, come quelli riguardanti i gratuiti propositi di trasformazione di villa Saffi o le ancor più estemporanee idee riguardanti Palazzo Gaddi e il museo del Risorgimento o l’ancor più gratuito “museo del volo” nato dall’ idea di valorizzare i mosaici in bianco e nero che celebravano in era fascista le imprese dei trasvolatori in camicia nera. Che dire poi del Museo Etnografico e del Museo del Teatro, caduti nell’oblio? E che dire della Rocca di Ravaldino, dove né festival e gadget, né pizze o dolci dedicati a Caterina (Sforza) ne possono sostituire un serio intervento che ne renda possibile la fruizione? Quello che vogliamo sottolineare è che non appare né lecito né legittimo che un patrimonio di secoli appartenente a tutta la città sia trattato in questo modo, senza una visione generale, senza il contributo e lo studio di personalità ed esperti che possano contribuire a definire un progetto complessivo per gli istituti culturali della città, fondato sulla conoscenza e non sulle estemporanee e gratuite idee che apprendiamo dalle dichiarazioni stampa» concludono Maria Grazia Creta, Cristina Mengozzi e Alessandro Ronchi di Europa Verde Forlì Cesena.