«Negli Stati Uniti, dove si sono sviluppati in anticipo rispetto al resto del mondo, da almeno due decenni si discute come convertire i “centri commerciali morti”. In Italia, e soprattutto nel nostro Comune, si ignora il problema e si continuano a costruire nuovi enormi edifici senza considerare cosa succederà dopo, quando inevitabilmente smetteranno di essere attrattivi e verranno progressivamente abbandonati. Il problema della dismissione di questi enormi capannoni non c’è solo negli USA, ma già in Italia ne vediamo le inevitabili conseguenze. La proliferazione di questi centri non ha da tempo come protagonista la distribuzione delle merci, men che meno le necessità dei consumatori, ma il profitto legato alla occupazione degli spazi e l’investimento immobiliare» è l’attacco alla massiccia costruzione di centro commerciali di Maria Grazia Creta e Alessandro Ronchi Europa Verde Forlì.
«Si sa che le aree preferite dagli investitori sono le aree agricole vicine agli svincoli autostradali, alle tangenziali ed alle zone periferiche delle città, alle quali si accede prevalentemente in auto. A nessuno pare interessare la crisi del commercio locale e l’espansione delle vendite online, e la risposta del mercato a queste difficoltà è la selezione innaturale: se un centro commerciale è in crisi se ne costruisce uno più grande, che attragga ancora più automobili da fuori città, in una continua competizione al ribasso dei vari territori. Diversi studi sullo sviluppo del commercio italiano dicono che il 51 per cento dei nostri centri commerciali è obsoleto e nella nostra regione la percentuale sale al 58%» insistono Creta e Ronchi.
«I centri morti non hanno quasi mai una possibilità di riuso ed è difficile una loro conversione ad altri scopi, ma i costi degli abbattimenti ed il ripristino del verde non è mai previsto, nemmeno al momento della costruzione dei nuovi mostri. Se in passato le evidenze di questa miopia erano agli occhi di pochi, oggi non si può ignorare lo scempio al quale è sottoposto il nostro territorio e l’inutilità delle promesse di nuova occupazione o di compensazioni in strade, parcheggi e rotonde, spesso utili solo al privato che cementifica. Esempi eclatanti sono le chiusure dei supermercati della Cava e del Ronco, rimasti vuoti, oppure “I Portici”, mostro di cemento presso la stazione il cui inevitabile fallimento e rischio degrado fu ampiamente preannunciato dai Verdi, che riuscirono a salvare la ciminiera della Mangelli dalle ruspe» precisano gli esponenti di Europa Verde.
«Il ritardo storico di Forlì ci permette di vedere cosa succederà in futuro, guardando ai capannoni vuoti soprattutto in Veneto e Lombardia: si agisca subito con una moratoria sull’occupazione di nuovo suolo pubblico e si imponga il ripristino ed il riuso fermando immediatamente la trasformazione di nuova campagna in cemento, e lo si faccia in accordo con i comuni limitrofi per evitare la svendita al ribasso dei nostri territori e della loro bellezza» concludono Maria Grazia Creta e Alessandro Ronchi di Europa Verde Forlì.