In questo fine settimana si celebrano i 100 anni degli Scout di Forlì. E il compleanno secolare dello scautismo forlivese è una grande festa che coinvolge tutto il centro storico. «A quelle persone che mi chiedono cosa mi abbia trasmesso e lasciato in eredità il percorso Scout, rispondo sempre citando una delle frasi più celebri di Robert Baden-Powell, il fondatore del movimento: «una settimana di vita in un campo vale sei mesi di istruzione teorica in sede, per quanto utile quest’ultima possa essere». Ed è assolutamente vero. Chi è stato Scout ha una marcia in più, si porta nel cuore e sulle spalle un bagaglio di sensazioni ed esperienze che non ha eguali» sono le parole del sindaco di Forlì Gian Luca Zattini intervenuto alla festa.
«Non è soltanto una questione di rapporti umani, di solidarietà e di fratellanza. Essere Scout significa prima di tutto diventare grandi, affrontare in gruppo situazioni di crisi, assumersi delle responsabilità, aiutare il prossimo, capire e rispettare le regole della nostra democrazia e quelle dell’ambiente che ci circonda. È uno stile di vita, che ti porta a mettere da parte il pessimismo. Uno scout, forte della fiducia che gli trasmettono i suoi educatori, acquisisce sicurezza in sé stesso e nelle proprie capacità, si ritrova ad affrontare piccole ma importanti sfide che lo aiutano a crescere e a rendersi indipendente. Ricordo bene questa sensazione, la percezione di non essere più semplicemente un bambino ma un piccolo adulto nel momento in cui i tuoi capi ti affidano una missione, un obiettivo da raggiungere e una squadra da condurre al traguardo» è il ricordo del Primo Cittadino forlivese.
«È questo il momento più bello. L’attimo in cui percepisci che la tua unicità ha valore all’interno di un gruppo più ampio, di cui ti senti fiero protagonista. Ma non è tutto; l’esperienza Scout è stata per me una “questione di famiglia”, un percorso di vita costellato da momenti di gioia e di dolore. In casa eravamo tre fratelli, ognuno di noi legato al mondo Scout in modo particolarmente forte. Mio fratello Giovanni morì pochi giorni dopo l’esperienza del Jamboree in Svezia, in un tragico incidente stradale. Sono passati più di cinquant’anni, ma non potrò mai dimenticare l’intensa emozione trasmessa dal coro di voci che intonò “Madonna degli scout”, il canto della tradizione Agesci, all’uscita del feretro.
Gli Scout sono stati per me una famiglia, un porto sicuro in un mare che è spesso in tempesta» conclude Zattini.