«L’alluvione dello scorso 16 maggio ha svelato definitivamente i gravi elementi di vulnerabilità che da tempo coinvolgono ampi settori degli istituti culturali forlivesi, non solo negli ormai noti depositi di via Asiago, rivelatisi drammaticamente inadeguati allo scopo, ma anche nei contenitori culturali, in particolare Palazzo del Merenda, con la sua biblioteca e le Raccolte Piancastelli in affanno e i musei inaccessibili. Ed è un singolare scherzo del destino che il “congelamento” al quale è stato sottoposto ormai da decenni il patrimonio di una città detentrice del primato negativo di musei chiusi diventi ora, fuor di metafora, lo strumento concreto con il quale si spera di salvare libri e documenti sommersi dal fango» si legge in una nota di Italia Nostra.
«I numeri del disastro – continua – non sono ancora noti, anche per il silenzio che ha finora accompagnato le operazioni, ma appare urgente interrogarsi sul futuro del patrimonio cittadino dopo che questo è stato così duramente colpito e, in parte, perduto. Giovanni Tassani in questi giorni ci ha ricordato l’importanza di una cura quotidiana, fatta di studio, ricerca, passione, ma anche di investimenti per conservare e tramandare al futuro le testimonianze del nostro passato, in primis per la digitalizzazione che, nel caso di via Asiago, avrebbe scongiurato la perdita completa a cui invece andranno incontro molti dei documenti conservati in quel luogo».
«Ci uniamo dunque al suo appello perché la città comprenda la necessità di far fronte da subito a un’emergenza che era già tale anche prima dell’alluvione e non solo per i problemi strutturali che coinvolgono alcuni edifici o per la carenza di spazi e personale che sottrae da decenni ampie parti delle collezioni museali e bibliotecarie alla città e perfino agli studiosi, ma anche a causa di politiche culturali che privilegiano gli eventi, che costruiscono ad arte festival e premi, relegando le collezioni permanenti ad un ruolo sempre più marginale e riducendole a giacimento da cui estrapolare qualche opera o collezione da esibire, da utilizzare per operazioni di marketing o con il solo scopo di veicolare i flussi turistici. Il fallimento di tali politiche, riflesso nella devastazione di via Asiago, è ormai sotto gli occhi di tutti. Se davvero Forlì vuole fregiarsi del titolo di “città universitaria, d’arte e di cultura”, lasci da parte improvvisazione ed estemporaneità e dia corso a un nuovo progetto culturale, ampio e partecipato, per attribuire al nostro patrimonio la centralità che merita» conclude Italia Nostra.