I percettori del reddito di cittadinanza, stando ai dati dell’Osservatorio Reddito e Pensione di Cittadinanza dell’Inps, nel giugno scorso sono stati 1.482 nuclei per 2621 persone in provincia di Forlì-Cesena, mentre negli ultimi due anni i nuclei coinvolti sono stati circa 3.200. La riforma del Rdc, tra revoche e nuclei decaduti, ha già ridotto la platea dei beneficiari e lo stesso trend è atteso anche nei prossimi mesi, finché nel 2024 verrà abrogato e sostituito dall’Assegno di Inclusione.
“L’agricoltura può dare una risposta a chi è in cerca di occupazione: anche dopo le calamità di questo terribile 2023, dalle gelate all’alluvione, nel nostro settore continuano ad esserci opportunità di lavoro e necessità di manodopera a partire dalla prossima vendemmia – commenta Carlo Carli, presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini –. Facciamo appello a chi vuole mettersi nuovamente in gioco, la campagna vi aspetta e può avere bisogno di voi. La scarsità di manodopera è un fenomeno che negli ultimi anni si è andato ad acuire e dopo l’istituzione del reddito di cittadinanza è stato ancor più difficile trovare persone disponibili a lavorare nel nostro settore. La competizione con altri comparti, come quello edile stimolato dal Bonus 110%, ha fatto il resto. Confidiamo che le modifiche introdotte a questa misura di sostegno possano tradursi in un mercato del lavoro più dinamico, dove domanda e offerta potranno finalmente incontrarsi secondo le logiche del mercato e non in una condizione viziata da un assegno garantito anche a chi si rifiuta di lavorare”.
“C’è però un tema che non deve sfuggire e che anche in questi anni è sempre stato sottovalutato: la professionalizzazione del lavoratore. Vero che c’è bisogno di manodopera, ma la necessità è di avere personale con una adeguata formazione: sino ad oggi le aziende agricole sono state lasciate sole davanti a questa sfida, con la formazione dell’addetto a proprio carico, salvo poi non poter contare sulla disponibilità del lavoratore. E’ arrivato il momento di spingere sulla formazione e prevederla anche per le attività agricole. Il lavoro in campagna è infatti cambiato: non è più solo zappa e sudore, ma si ha a che fare con macchinari moderni, oppure con tecniche, come la potatura ad esempio, che richiedono competenze specifiche sempre più difficili da trovare – conclude Carlo Carli –. Crediamo sia importante inserire nei percorsi formativi che si proporranno in futuro a chi è senza lavoro anche attività dedicate a specializzarsi nei lavori agricoli. Ne beneficeranno i lavoratori, il territorio e l’economia”.