È stata aperta al pubblico sabato scorso al Museo San Domenico di Forlì la mostra su Eve Arnold promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì insieme al Comune di Forlì, in collaborazione con “Camera – Centro Italiano per la Fotografia” di Torino e d’intesa con “Magnum Photos”, di cui Eve Arlond è stata la prima donna, insieme a Inge Morath, a far parte. La mostra, che rimarrà aperta fino al 7 gennaio 2024, si articola in un ampio percorso tra 170 fotografie, dal 1950 al 1980: un vero e proprio viaggio all’interno della produzione della fotografa statunitense, sancita anche nel passaggio dal bianco e nero agli scatti a colori.
«Al centro del lavoro di Eve Arnold – sottolinea Monica Poggi curatrice della mostra – c’è sempre l’essere umano e il motivo che l’ha portato a essere lì dov’è. Che i suoi soggetti siano celebrità acclamate in tutto il mondo, o migranti vestiti di stracci, poco cambia».
La comunità afroamericana è stata la prima protagonista dei suoi scatti: inaugura infatti la sua carriera ritraendo le modelle delle sfilate di Harlem dietro le quinte, sovvertendo i canoni della fotografia di moda, e abbandonando la posa in favore della spontaneità.
Nello stesso periodo realizza un reportage sulla famiglia Davis di Long Island, considerata una famiglia “tipo” americana, discendente dai primi coloni, che sfrutta i braccianti neri: un’occasione per la Arnold per mostrare le due facce del boom economico degli anni ’50.
La fragilità è al centro anche di un lavoro di rara profondità, che le permette di attraversare il dolore per la perdita di un figlio traducendo in immagini quanto è venuto a mancare. Eccola dunque impegnata a immortalare i primi istanti di decine di neonati presso il Mather Hospital di Port Jefferson.
Dopo l’ingresso in Magnum comincia a entrare in contatto con il mondo dello spettacolo. Come primo incarico deve ritrarre Marlene Dietrich, la diva per eccellenza del cinema muto. La fotografa non si fa intimorire e inizia a fotografarla senza sosta, cogliendo la sua natura più vera. Alla stessa filosofia si rifà anche quando dovrà ritrarre Joan Crawford durante gli innumerevoli “riti” estetici prima di entrare sul set, e Marilyn Monroe. Erano ritratti lontani dall’immaginario già legato alla diva, scomposti, realizzati dopo lunghe giornate di set, non più irraggiungibile. Sempre grazie a Magnum cominciano anche gli incarichi internazionali, che la fanno tornare a una fotografia più impegnata: nel 1969 si occupa del reportage “Oltre il velo” tra Afghanistan, Pakistan, Turkmenistan, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, un progetto che la porterà a produrre un documentario, il primo a mostrare l’interno di un harem di Dubai. Nel 1979, invece, si recherà in Cina per documentare il cambiamento del Paese dopo l’insediamento di Deng Xiaoping, sempre più aperto verso l’occidente, sempre più decisa a far emergere quanto diversamente celato. La descrizione più lucida e diretta del suo lavoro è probabilmente lei stessa a darla: «Sono stata povera e ho voluto ritrarre la povertà; ho perso un figlio e sono stata ossessionata dalle nascite; mi interessava la politica e ho voluto scoprire come influiva sulle nostre vite; sono una donna e volevo sapere delle altre donne».
L’esposizione, accompagnata dal catalogo “Eve Arnold” edito da Dario Cimorelli editore, potrà essere visitata dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 19.00 e sabato, domenica, giorni festivi dalle 9,30 alle 20,00. Si ricorda che la biglietteria chiude un’ora prima. Per informazioni e prenotazioni: telefonare allo 02 00 699 638, tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 17,00, o inviare una mail a prenotazioni@mostrefotograficheforli.it.