“La trasferta a Bologna vietata ai tifosi della Pallacanestro Forlì 2015, in occasione del derby con la Fortitudo dell’11 ottobre, è una mancanza di rispetto nei confronti di una città, di una società sportiva e di tanti appassionati: l’auspicio è che l’Osservatorio nazionale per le manifestazioni sportive possa tornare sui propri passi, in modo da consentire ai supporter biancorossi di partecipare al match, proprio come lo scorso anno è stato permesso ai tifosi forlivesi, oltre che ai bolognesi nella partita di ritorno. Se il divieto dovesse permanere mi riservo di chiederne ragione nelle sedi opportune, perché non suffragato da episodi di violenza nel recente passato”. Alice Buonguerrieri, deputato di Fratelli d’Italia, interviene così sul divieto di trasferta disposto per i residenti nella provincia di Forlì-Cesena, una scelta avvenuta tra lo stupore generale.
“Non si può penalizzare una tifoseria, una città e la Romagna stessa in questo modo – aggiunge Vincenzo Bongiorno coordinatore comunale di FdI a Forlì –. Lo scorso anno ai tifosi bolognesi in trasferta a Forlì furono concessi ben 450 posti all’Unieuro Arena. Certo, il nostro impianto è più capiente, ma per il prossimo derby ci saremmo aspettati almeno una analoga proporzione, quindi non meno di 300 ingressi. Invece è arrivato addirittura un divieto di trasferta: la città di Forlì e la Romagna meritano rispetto, senza disparità di trattamento. Lo riteniamo un provvedimento immotivato, tanto che solo andando a memoria almeno negli ultimi 10 anni al PalaDozza non è mai capitato nulla di rilievo commesso dai tifosi forlivesi che giustifichi questo provvedimento. E allora perché mai vietare la trasferta? Oltre a fare uno sgarbo ai tifosi, poi, in questo modo si incide anche sulla prestazione sportiva: giocare un derby in trasferta senza il sostegno del proprio pubblico, inutile negarlo, non è la stessa cosa. Il derby è uno spettacolo di sana rivalità sia in campo, ma anche sugli spalti, dove con coreografie e tanta passione i tifosi incitano la propria squadra e sventolano le proprie bandiere. Così – conclude Bongiorno – si spegne il colore e il calore del tifo, si penalizza lo sport e la sana passione che muove“.