La concorrenza feroce dell’e-commerce, la globalizzazione che ha portato alla creazione di poli commerciali decentrati e il caro vita fa soffrire il settore della moda. Ne sono testimoni le saracinesche abbassate, in particolare nelle vie del centro storico ma c’è ancora marine per recuperare. “La sofferenza del settore moda è evidente – analizza afferma Roberto Vignatelli, presidente Federazione Moda Italia–Confcommercio Forlì -. Ancora non abbiamo a disposizione i dati definitivi di chiusura del 2023 ma possiamo certamente affermare che, tra il 2022 e il 2021, in Italia abbiamo registrato un saldo negativo di negozi di moda di 4.112 unità. Siamo passati, infatti, da 177.822 punti vendita a 173.710 che occupano 301mila addetti. Significa che oltre 10mila famiglie sono rimaste senza lavoro. La chiusura delle attività comporta una perdita per tutta la collettività in termini di relazioni sociali, servizi alle persone ma anche illuminazione e dunque sicurezza, decoro e valore immobiliare in quelle zone in cui le serrande rimangono abbassate”.
Non si può parlare di crisi ma certamente di difficoltà determinata da più fattori tra i quali gli effetti della globalizzazione ed i cambiamenti repentini del mercato. “A questi – aggiunge Vignatelli – bisogna aggiungere l’elevata tassazione, i costi del personale e di affitto dei locali, oltre alla concorrenza talvolta anche da parte degli stessi fornitori sul web”. La moda e il Made in Italy sono però tutt’altro che spacciati. “Sono un vero patrimonio per il nostro Paese che ci invidiano da tutto il mondo e per questo è indispensabile tutelarlo e rilanciarlo – continua Vignatelli -. Per farlo bisogna necessariamente partire dalla regolamentazione delle continue campagne di sconti che ormai costellano tutto l’anno. Non si potrà, poi , prescindere dall’applicazione di un’Iva agevolata sui prodotti Made in Italy e canoni di locazione commerciale che siano concordati per ridurre il peso degli affitti”.
Dal canto loro, le imprese dovranno riuscire ad innovarsi pur rimanendo ancorati alla tradizione mentre ai consumatori spetta il compito di riscoprire il valore del negozio fisico senza lasciarsi abbagliare da acquisiti apparentemente facili. “La moda è una componente essenziale per il valore e la vitalità del centro storico – conclude Vignatelli – contribuendo in maniera decisiva alla crescita del Pil e alla tenuta economica e sociale della comunità. La moda ha poi contribuito in maniera determinante alla discesa ed al contenimento dell’inflazione. Per dare qualche dato, basti pensare che nel 2022 l’inflazione era all’8,1% con prezzi di abbigliamento e calzature fermi all’1,9%. Ed anche nel 2023 con un’inflazione al 5,7% i prezzi di prodotti di moda sono cresciuti con un tasso quasi dimezzato (3%). dati tutt’altro che marginali che mirano alla tutela delle imprese sul territorio e ai loro lavoratori e addetti”.