Il diritto alla salute come bene supremo da tutelare in ogni circostanza e ad ogni latitudine, al di là delle politiche e dei conflitti: giovedì 22 febbraio, a partire dalle 18,00, si terrà a Palazzo Romagnoli di via Albicini 12 a Forlì l’evento “Prevenzione e cura: colmiamo il divario”, durante il quale verrà presentata la prima fase del progetto “Fight like a Girl! – Salute Femminile Inclusiva e Prevenzione del Cancro Al Seno In Palestina”, iniziativa finanziata dalla Regione Emilia-Romagna in partnership con Istituto Oncologico Romagnolo, Fondazione Avsi, Ausl Romagna, Comune di Forlì e Augusta Victoria Hospital di Gerusalemme. L’iniziativa nasce per diffondere consapevolezza e pratiche di prevenzione a beneficio delle donne palestinesi, per cui l’accesso a cure e programmi di screening è reso difficoltoso dalle difficoltà di movimento e circolazione causate dalla ben nota situazione politica dell’area. Anche per questo si registrano tassi molto elevati di diagnosi tardiva del cancro al seno: la percentuale di sopravvivenza per la neoplasia più comune per le donne di ogni fascia di età si attesta sul 40% a 5 anni. Nel mondo occidentale siamo arrivati alle soglie del 90%.
Per porre rimedio a questa evidente disparità l’Ospedale Augusta Victoria di Gerusalemme già da qualche anno si è dotato di una clinica mobile che raggiunge quotidianamente le aree rurali e i campi profughi della Cisgiordania. Al suo interno viaggia uno staff medico tutto al femminile che svolge screening mammografici gratuiti per le donne al di sopra dei 40 anni e propone workshop informativi utili ad insegnare come eseguire correttamente un autoesame del seno. L’evento di giovedì 22 sarà quindi l’occasione di presentare i dati delle attività della clinica mobile, iniziata nel 2022 e finanziata con un bando biennale dalla Regione Emilia-Romagna in collaborazione proprio con Istituto Oncologico Romagnolo, Fondazione Avsi, Ausl Romagna e Comune di Forlì.
Contestualmente, la conferenza offrirà un’anticipazione di quella che sarà la “fase 2” del progetto che vedrà i partner impegnati nel corso del 2024 in una serie di iniziative di raccolta fondi a favore dell’acquisto di un ecografo che permetta di ridurre i richiami all’Ospedale di Gerusalemme solo per casi effettivamente critici. Questo macchinario permetterà di eseguire un’indagine più approfondita direttamente al momento della visita, con l’obiettivo di ridurre i casi dubbi e evitare che la paziente non solo si preoccupi inutilmente ma anche che sia costretta a intraprendere uno spostamento, spesso costoso e difficile, verso l’ospedale. L’ecografia è d’altronde una pratica ben consolidata all’interno dei Centri di Prevenzione Oncologica, utile non solo per integrare l’esame diagnostico nelle donne dai 40 anni in su laddove la mammografia abbia rilevato la necessità di ulteriori approfondimenti ed individuare lesioni piccole in fase precoce ma anche come esame di prima istanza per le donne al di sotto dei 40 anni, che presentano una ghiandola tipicamente più densa.
Durante l’evento, a partecipazione gratuita, sono previsti gli interventi di diversi relatori. In collegamento diretto con Gerusalemme saranno coinvolti Lana Nasser El Dein e Bisan Khair, in rappresentanza dello staff della clinica mobile dell’Augusta Victoria Hospital, mentre Gabriella Cerretti porterà la sua testimonianza in qualità Gender Equality Programme Officer dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo in Palestina. Francesco Buono, Caterina Uboldi e Gabriella Paternò saranno i referenti per Avsi Palestina. Presenti invece nella sala di Palazzo Romagnoli Patrizia Serra vicepresidente dell’Associazione Volontari e Amici dello Ior con una delega di responsabilità speciale per i progetti oncologici che coinvolgono anche i paesi al di fuori dell’Italia; Pierpaolo Bravin, Italian Institutional Partnership Focal Point di Fondazione AVSI; Laura Mambelli dirigente medico Prevenzione Oncologica Ospedale “Morgagni-Pierantoni” coinvolta nelle attività della clinica mobile; e Stefano Bondi, responsabile Attività Internazionali Associazione Centro di Solidarietà Forlì (CDS Forlì).
L’escalation del conflitto non ha bloccato l’attività della clinica mobile dell’Ospedale di Gerusalemme, anche perché l’adesione ai programmi da parte delle donne palestinesi non è calata pur in una situazione di grande difficoltà, segno tangibile di come la salute e la lotta al tumore al seno venga in ogni caso percepito come una priorità. «Nonostante l’imposizione di restrizioni di movimento e di accesso e l’aumento degli attacchi dei coloni contro le comunità palestinesi, in particolare quelle dell’area C in cui era prevista la visita della clinica mobile, l’équipe ha insistito per continuare a fornire i propri servizi alla comunità in Cisgiordania – spiega Bisan Khair, director of resources development dell’Ospedale “Victoria Augusta” – ogni giorno affrontiamo tutte le difficoltà legate all’attraversamento dei checkpoint e le lunghe ore di attesa ai controlli solo per raggiungere queste donne vulnerabili ed emarginate e fornire loro i servizi salvavita. In seguito agli eventi del 7 ottobre, l’ospedale ha iniziato a lavorare in modalità di emergenza assicurando alloggio, pasti, dignity kit e la copertura di altre necessità alle 97 persone provenienti da Gaza bloccate a Gerusalemme a causa della chiusura delle frontiere. Inoltre, a causa delle continue ostilità in Cisgiordania e della chiusura di diversi checkpoint tra Cisgiordania e Gerusalemme, diversi pazienti e membri dello staff hanno dovuto essere alloggiati in hotel per garantire che i pazienti ricevessero le cure in modo tempestivo senza alcuna interruzione».
«Il 4 febbraio, Giornata Mondiale contro il Cancro, il tema su cui è stata sensibilizzata l’opinione pubblica è stato colmare le disparità di cura, siano esse legate al reddito, allo status sociale, all’età o alla posizione geografica, al fine di rimettere la persona, e non la malattia di cui soffre, al centro – ricorda Fabrizio Miserocchi direttore generale Ior – nonostante la nostra mission sia prevalentemente legata al territorio in cui abbiamo sede, la Romagna, non possiamo voltarci dall’altra parte e approcciarci alla lotta ai tumori occupandoci esclusivamente del benessere del nostro circondario, ignorando quello che a livello mondiale stanno patendo le persone più in difficoltà. Non è questo il lascito che ci ha lasciato il nostro fondatore, il prof. Dino Amadori, che anzi era impegnato in prima persona per un’oncologia più globale, cosa che l’ha portato a realizzare tra le altre cose una struttura dedicata alla cura e alla prevenzione oncologica in Tanzania. Ricordo bene quando spiegava ai nostri volontari: «Quando noi ci lamentiamo del fatto che forse l’ultimo farmaco ci arriva un po’ in ritardo rispetto all’Europa facciamo bene: ma somigliamo a colui che si lamenta perché gli fanno male i piedi dovendo camminare senza scarpe, rispetto a chi non ha i piedi per camminare». Per questo abbiamo accettato con entusiasmo al progetto di salute inclusiva che coinvolge le donne palestinesi: crediamo fermamente, peraltro, che sia un’iniziativa molto qualificante, che porta la Regione Emilia-Romagna e la città di Forlì ad essere capofila di uno dei più innovativi ed importanti progetti di promozione della salute e della cooperazione internazionale».