Per quanto ricerca e clinica in oncologia abbiano fatto notevoli passi avanti nel donare nuove prospettive di cura per tantissime neoplasie, i tumori del tratto gastroenterico rimangono una problematica particolarmente diffusa e di complicata risoluzione. Peraltro, è notizia recente dell’aumento dei casi a carico del colon-retto, già oggi al terzo posto come incidenza tra le varie forme di cancro diagnosticate nel mondo rappresentando circa il 10% della casistica generale, nelle fasce di popolazione più giovani: uno stile di vita più sedentario e la diffusione di abitudini come alcol e fumo hanno portato anche gli under-50 ad essere maggiormente colpiti da una malattia un tempo non toccata questa fascia d’età, se non incidentalmente. Ecco quindi che il miglioramento delle prospettive di prevenzione e diagnosi precoce diventa fondamentale: ed è proprio in quest’ottica che l’Istituto Oncologico Romagnolo ha recentemente donato all’Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ospedale “Morgagni-Pierantoni” di Forlì una strumentazione di ultima generazione, del valore di circa 12.000 euro, che promette di essere un valore aggiunto per il Reparto diretto da Carlo Fabbri.
Si tratta dell’Endorail System, apparecchiatura in grado di permettere ai professionisti di aumentare le possibilità di portare a termine con successo un esame, la colonscopia, fondamentale proprio per la diagnosi precoce del tumore del colon-retto: «Anche il medico più esperto non è sicuro al 100% di riuscire a completare questo test, per varie ragioni – ha spiegato proprio il dottor Fabbri nel corso della cerimonia di inaugurazione dello strumento – a volte può essere a causa della lunghezza del tessuto da esplorare, altre per la presenza di curvature e angolature particolarmente tortuose da superare, altre ancora perché in presenza di un’alterata anatomia dovuta ad interventi chirurgici pregressi. In questi casi il paziente deve essere richiamato e svolgere nuovamente l’esame: ma per quanti passi avanti abbiamo compiuto a livello tecnologico e di presa in carico, la colonscopia resta una procedura invasiva e ripetere il test rappresenta è sicuramente uno stress ulteriore per chi deve farlo. Il macchinario che lo IOR ci ha donato è un valore aggiunto in questo senso, aumentando le probabilità di completare l’esame grazie ad un sistema di calamite, tanto semplice quanto geniale».
Il momento della cerimonia è stato anche l’occasione per stimolare la popolazione romagnola sulla tematica della prevenzione del tumore del colon-retto, neoplasia che presenta un percorso di screening dedicato che, tuttavia, non ha ancora raggiunto le percentuali di adesione che hanno contribuito ad esempio a portare il cancro al seno a diventare una delle problematiche oncologiche con i tassi di sopravvivenza più alti a cinque anni dalla diagnosi. «Oggigiorno la medicina è una fusione tra cultura e tecnologia – ha aggiunto sempre Fabbri – occorre costantemente creare aree di sinergia in cui il protagonista non sia più il dottore o l’infermiere, ma anche tutti quei gruppi che ci consentono di stabilire una adeguata comunicazione tra ospedale e territorio. Tutti noi siamo d’accordo nel considerare la sanità pubblica uno dei beni più preziosi che abbiamo: eppure offre percorsi completamente gratuiti che talvolta, paradossalmente, non sfruttiamo. Una delle cose più preziose, che esiste da vent’anni nella nostra Regione, è proprio lo screening del colon-retto, che intercetta le persone tra i 50 e i 69 anni: con una banalissima lettera permette di raccogliere le feci in una provetta e, nel caso rilevassimo la presenza di sangue occulto, garantisce entro 30 giorni di accedere ad una colonscopia. Una presa in carico totale, da parte del Servizio Sanitario Nazionale, che però solo circa il 50% delle persone che vengono chiamate sfruttano. Nello IOR ho trovato da subito un interlocutore attento non solo da un punto di vista operativo nel mettere i professionisti nelle migliori condizioni di fare il proprio lavoro, ma anche nel diffondere un messaggio di tipo culturale nella popolazione sull’importanza di prevenzione e diagnosi precoce: la donazione che celebriamo oggi ne è una dimostrazione concreta. Occorre sottolineare che si tratta di una strumentazione che, nella Regione Emilia-Romagna, possiede solo la nostra Unità Operativa di Forlì, e dunque ringrazio nuovamente questa bella realtà per essersi dimostrata nuovamente al nostro fianco».
Fabrizio Miserocchi direttore generale IOR, commenta: «La fine del 2023 è stato un periodo di grandi investimenti a beneficio della struttura pubblica per l’Istituto Oncologico Romagnolo, e l’inizio 2024 non ha fatto eccezione. Per noi è sempre molto soddisfacente poter aiutare i professionisti della cura laddove manifestino una necessità o semplicemente una possibilità di poter vedere agevolato il proprio lavoro, in ossequio alla seconda parte del nostro motto, “insieme a chi cura”. Conosciamo tutti le difficoltà che sta attraversando la sanità pubblica in questo periodo: al Terzo Settore viene dunque chiesto un impegno aggiuntivo che siamo ben lieti di garantire. La fiducia che i donatori continuano a dimostrarci va restituita sottoforma di progetti, iniziative, strumentazioni che rappresentino un valore aggiunto per il benessere del nostro territorio, nonché per mantenere e se possibile migliorare quegli standard d’eccellenza della cura che ci sono riconosciuti a livello nazionale: donare un macchinario di ultima generazione è sicuramente il modo più concreto di farlo. Tuttavia, come ha detto il dott. Fabbri, questo gesto non può essere disgiunto dal ribadire il nostro impegno anche sul fronte della prevenzione e della diagnosi precoce da un punto di vista culturale: se sempre più persone di fascia d’età più giovane, sotto i 50 anni, si ammalano di tumore del colon-retto, una ragione è da ricercarsi nella diffusione di stili di vita non improntati al benessere. Come IOR siamo in prima linea per sensibilizzare la popolazione su tematiche come attività fisica, alimentazione, alcol e fumo, anche grazie al lavoro che quotidianamente portano avanti i professionisti del PRIME Center, la struttura che abbiamo creato a San Cristoforo di Cesena. La speranza è che in Romagna si diffonda la cultura della prevenzione, che dev’essere vista in primis come un atto di amore verso sé stessi».