Nei giorni scorsi i mezzi di informazione hanno riportato la notizia che Piercamillo Davigo è stato condannato in secondo grado per aver rilevato segreti di ufficio quando ricopriva l’incarico di consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura. L’ex Pubblico ministero del Tribunale di Milano, che si è fatto conoscere per le inchieste portate avanti insieme ad altri magistrati ai tempi di Mani Pulite, nell’ottobre del 2016 fu protagonista a Forlì di un incontro sulla legalità promosso dall’Associazione Magistrati, di cui Davigo all’epoca era presidente nazionale. Partecipai a quella iniziativa in qualità di sindaco di Dovadola, unitamente a tutti gli altri rappresentanti degli Enti locali della Provincia di Forlì-Cesena. Nel suo intervento Piercamillo Davigo sostenne, in estrema sintesi, che tutti gli amministratori pubblici sono corruttibili e quindi potenzialmente dei malfattori e dei pregiudicati per il solo fatto di essersi messi a disposizione per ricoprire delle cariche elettive.
Anzi per il modo in cui lo sosteneva, e per le argomentazioni che portava, lasciava intendere che il malaffare in Italia era generato da una classe politica sostanzialmente di ladri, con particolare riferimento ai sindaci e agli assessori degli oltre 8.000 Comuni italiani. Ricordo di non aver abbandonato l’incontro anche in modo plateale per rispetto agli organizzatori, fra questi il Comune di Forlì. Ora che ci siano stati amministratori della cosa pubblica implicati in losche vicende è assodato dalle sentenze passate in giudicato e che non si faccia abbastanza per combattere il malaffare è sotto agli occhi di tutti. Però va anche riconosciuto che la stragrande maggioranza degli amministratori pubblici operano giornalmente con estrema correttezza, anche facendo molti sacrifici personali.
Personalmente in 34 anni di impegno nell’ambito amministrativo ho sempre agito con rigore e onestà, anzi rimettendoci sempre in termini economici. Per cui a Davigo ricordo l’antico e saggio proverbio che dice: “Chi di spada ferisce di spada perisce” e gli auguro di poter dimostrare la sua innocenza in Cassazione.
Gabriele Zelli