Ancora più integrazione tra professionisti e maggiore prossimità, per garantire al cittadino una presa in carico tempestiva e globale. È ciò a cui punta la Centrale Operativa Territoriale distrettuale di Santa Sofia (definita ‘spoke’ in termini tecnici) in funzione da oggi lunedì 27 maggio, cioè a completare un percorso iniziato, a livello di ambito, con l’apertura a metà gennaio della COT Hub di Forlì, centro di riferimento provinciale per Forlì e Cesena. Il modello organizzativo delle COT (undici quelle pianificate dall’Ausl della Romagna, di norma una per Distretto, ad eccezione di alcuni distretti che in relazione al contesto oro-geografico ne avranno un numero superiore, come nel caso di Rimini) trova le sue radici all’interno del Decreto Ministeriale 77 (che illustra il potenziamento dell’assistenza territoriale) e rappresenta la chiave per l’integrazione interna tra la filiera dei servizi e i professionisti coinvolti nei diversi luoghi e livelli di cura, assicurando continuità, accessibilità e complementarietà dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.
La COT garantisce al cittadino una visione completa del suo stato di salute, così da permettere ai singoli professionisti coinvolti nei diversi gradi di cura di interagire e decidere gli interventi più appropriati: questo consente decisioni tempestive nel rispetto dell’appropriatezza delle risorse impiegate, oltre ad aumentare la condivisione e l’integrazione con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e in generale con tutti i nodi della rete territoriale e ospedaliera. La COT del Distretto di Santa Sofia è situata in via Valbonesi 1, al primo piano dell’Ospedale Nefetti di Santa Sofia, dove sono stati realizzati, dall’Ufficio Attività Tecniche, gli interventi di manutenzione straordinaria necessari (per un investimento di 250.000 euro, finanziato da fondi Pnrr Missione 6 Salute). La COT è operativa dal lunedì al venerdì, dalle ore 8,00 alle 14,00 e vi svolgono servizio professionisti adeguatamente formati alla risposta telefonica con funzione di triage ed in grado di effettuare valutazioni multidimensionali d’equipe e progettazione degli interventi.
“L’attivazione nei tempi previsti delle COT distrettuali di Santa Sofia, in questo caso la seconda presente nel Distretto di Forlì, è un’ulteriore conferma nei fatti dell’attenzione che riserviamo anche ai territori delle aree interne – sottolinea Francesco Sintoni, Direttore del Distretto di Forlì e Cesena Rubicone – dove può essere meno agevole l’accessibilità dei cittadini ai servizi. Come le Case di Comunità ed i CAU, le COT si inseriscono nell’ambito dello sviluppo della rete dei servizi del territorio per far sì che la prima opzione di cura e di assistenza sia quella in prossimità del domicilio. In sostanza si tratta di una “centrale intelligente”, di un motore delle risorse di un territorio, non solo dei diversi soggetti del settore pubblico, per muoversi nella maniera più coordinata possibile”.
In altri termini, la COT è una vera e propria “regia”, che si prende cura dei diversi bisogni del paziente, organizzando le risposte più appropriate. Il sanitario o l’assistente sociale che per primo viene a contatto col cittadino, e identifica un nuovo bisogno di salute (anche temporaneo,) attiva la COT che mette in rete le risorse per individuare la miglior soluzione. Va detto inoltre che la COT diventerà una delle principali interfacce con il Servizio 116117 attualmente in fase di progettazione operativa. Chi può contattare la Centrale Operativa Territoriale? Non il privato cittadino, ma uno dei soggetti che si stanno occupando della sua assistenza, vale a dire il medico o pediatra, un ospedale o altri nodi della rete sociale e sanitaria. Può essere attivata, infatti, da tutti i professionisti del territorio e dell’ospedale, sia di ambito sanitario che sociale: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, assistenti sociali, ospedale, Pronto Soccorso, medici di continuità assistenziale, infermieri di Comunità, specialisti, altri professionisti sanitari della rete.
I destinatari della sua attività sono i cittadini cosiddetti “fragili”, persone prevalentemente anziane, o con disabilità o malattie invalidanti, che nella maggior parte dei casi presentano un quadro composto da più patologie e dunque richiedono di prendersi cura di loro a 360 gradi. L’obiettivo è di mantenere il più possibile la persona dentro al proprio contesto di vita e alla rete relazionale. Ad esempio, il medico di medicina generale può aver bisogno, per un suo paziente, di attivare un percorso in Ospedale di Comunità o l’assistenza di infermiere e oss domiciliare; oppure, per un cittadino che rientra dall’ospedale dopo una fase acuta della sua patologia, è necessario organizzare al meglio il ritorno a casa con un letto, una carrozzina e la visita dell’assistenza domiciliare e dell’oss: in questo ultimo caso a contattare la COT può anche essere lo stesso reparto ospedaliero. Può esservi invece un paziente anziano che, dopo incontro col servizio sociale, va collocato in una struttura residenziale perché la rete famigliare non è più in grado di provvedere a tutti i suoi bisogni e quindi in questo caso si attiva un percorso di valutazione. Ancora, un paziente purtroppo allo stadio terminale della malattia, che necessita di un percorso di sollievo dalla sofferenza, tramite l’attivazione dell’équipe di Cure palliative domiciliare e il sostegno del volontariato dedicato per lui e i suoi caregiver.