Chi semina raccoglie è un proverbiale detto contadino che con tanta efficacia significa anche quanto la memoria di ciascuno di noi possa essere viva, coltivata, magari celebrata quale esempio di virtù, una volta usciti dalla vita terrena per la serenità dell’aldilà, ricompensati dallo sguardo benevolo del Signore: chi, come, a suo tempo, fece sempre l’indimenticato Edelveis Gagliardi, semina oggi buoni valori, sentimenti e opere nelle strade che attraversa e tra le persone incontrate, sicuramente sarà domani ricompensato dal buon ricordo altrui. Il bene è sempre degno di memoria, ancora più degni i suoi seminatori, soprattutto se con il loro impegno di umili costruttori, partecipi del futuro della loro città.
Da poco sono trascorsi tre anni dalla scomparsa del forlivese Edelveis Gagliardi, uomo giusto perché capace con tanto equilibrio e altrettanta equità di percorrere la propria, lunga vita di ben 95 primavere, sempre armonizzandola col rispetto, l’aiuto, il sostegno del prossimo. Domani, sabato 4 maggio, Forlì rinnoverà, appunto, la memoria del caro amico con lo svolgimento dell’importante torneo calcistico giovanile 2° Memorial “Gagliardi Edelveis”, evidenziato qui dalla foto di corredo. Davvero, una manifestazione opportuna, perfettamente aderente agli interessi dominanti e alla finalità rilevante della vita del mite, ma fermo Edelveis: sue incontenibili passioni lo sport e l’amore per la conoscenza; finalità non da poco della sua esistenza la fede nell’educazione dei giovani.
Ho dimenticato di avvertire della frequente, diversa, doppia modalità di scrivere il suo inconsueto nome, o con la V o con la W, ma certamente la differenza di una consonante è ben poca rispetto alla sostanza dell’uomo, rivelatosi sin da giovane duplice costruttore, umile e silenzioso, sia di se stesso e della sua personalità sia del mondo circostante, partecipandone ogni sviluppo, sempre attivamente e con tanto slancio. D’altronde, non poteva andare diversamente: cattolico, educato dalla religiosità pragmatica e sociale dei salesiani, già nell’immediato secondo dopoguerra Edelveis, appena ventenne, correva il 1946, si dedicava alla promozione di attività sportive e culturali per una formazione giovanile, ispirata a creare la nuova società forlivese tra gli anni ’50 e ’70.
Ancora, qualche testimone dell’oratorio salesiano ricorda il nostro amico per due qualità: l’ostinata ed esclusiva considerazione del presente come presupposto per costruire il futuro, quindi lontano dal peso del passato, magari tragico e difficile come quello della Seconda Guerra Mondiale; poi, il proprio cattolicesimo, rigoroso, anche sofferto sul piano interiore, ma sempre scevro di atteggiamenti o conformismi esteriori. Edelveis non ha mai pensato di fare chissà cosa, ma silenziosamente si è poi trovato ad aver fatto, seminato tanto, fra l’altro senza mai dimenticare la famiglia, proprio perché cristianamente consapevole che già i suoi cari fossero parte della tanto auspicata Forlì futura.
Certo, apprezzava la tempra delle persone, per questo non poté trattenere lo slancio entusiastico di dichiarare “persona splendida di grande coraggio” l’amato don Pietro Garbin, salesiano a Forlì dal 1942; una dichiarazione, forse, fatta da Edelveis con un sorriso, anche venato da una punta di malizia, conoscendo l’arguzia romagnola: in fondo, don Pietro aveva confermato quanto i preti ne sappiano più del diavolo, nascondendo addirittura renitenti alla leva nel campanile di San Biagio, proprio sotto il naso dei nazifascisti. Ma, ora, bando ai ricordi pensiamo al torneo di domani, al fischio arbitrale d’inizio in memoria di Edelveis, giovane forlivese del 1926, sempre in partita per la sua città.
Franco D’Emilio