Risale al 30 maggio 1824 l’inaugurazione ufficiale dello sferisterio di Forlì. In città, fin dagli inizi dell’Ottocento, fu subito chiaro, sia per il numero dei praticanti sia per la folla che seguiva questa attività, che era necessario dotarsi di una struttura apposita. Non mancarono le discussioni, le polemiche, i ritardi, fino a quando nel 1823 si cominciarono a disputare le partite nel nuovo impianto realizzato fuori porta Cotogni, ai margini dell’attuale via Corridoni. La città di Forlì fece le cose in grande tanto che quello costruito risultò essere uno degli sferisteri più grandi d’Italia (lungo 99 metri e largo 12). Prima del 1823 le partite si disputavano sull’attuale piazza Morgagni e nel cortile di Palazzo Monsignani in via dei Mille. Quello della palla al bracciale era uno sport che provocava passioni viscerali in tutta la Romagna, come il calcio oggi. Si tratta di una disciplina che si gioca comunque con un palla, ma è un ibrido tra il tennis e la pallavolo, pertanto singolare.
La tradizione di questa disciplina sportiva affonda le radici nell’antichità classica poi consolidate nelle corti rinascimentali. Con la costruzione degli sferisteri, con la codificazione delle regole, con l’organizzazione delle partite e il conseguente diffondersi del professionismo, la palla col bracciale assurse al ruolo e all’importanza di sport nazionale acquisendo altresì le caratteristiche dello spettacolo come lo intendiamo oggi. Dello sferisterio forlivese occorre ricordare che i due lati lunghi erano il muro d’appoggio ricavato dalle mura erette nel Quattrocento rialzate fino a raggiungere i 12 metri e un muro inferiore detto cordone. I due lati corti erano destinati agli spettatori, seduti su scalinate e panche di legno, protetti da reti. Per chi se lo poteva permettere, verso Porta Cotogni, c’era una tribuna a loggiato. Il trampolino del battitore era nella parte nord del campo. Già nel 1823 vi si svolsero degli importanti appuntamenti, tanto che in quella che probabilmente fu la prima manifestazione di palla col bracciale nel nuovo impianto il campione Carlo Didimi di Treia, provincia di Macerata, stabilì il record del lancio della palla. Di questo record stabilito a Forlì si parlò per decenni ed oggi è ricordato in tutti i libri di storia dello sport, oltre che su tutti i siti dedicati a questa disciplina.
Carlo Didimi (1798-1877) è stato uno dei più grandi giocatori di questo sport, da molti esperti considerato il più forte di sempre nel ruolo di battitore. Fu un vero e proprio divo degli sferisteri, osannato dai tifosi e mitizzato nei libri che esaltavano le sue tante vittorie. Tanto che Giacomo Leopardi nel 1821 gli dedicò la canzone civile “A un vincitore nel pallone”, dove Leopardi evoca il gioco della palla col bracciale come metafora delle capacità fisiche e delle virtù morali e civili degli italiani: il battitore, Didimi, il “magnanimo campion”, scalda l’arena che da luogo quieto ed elitario si fa, grazie a lui, rumorosa, “echeggiante”, cioè popolare. Carlo Didimi era strapagato. Si racconta che nel 1830 abbia richiesto per la partecipazione ad una sfida, paragonabile ai derby calcistici di grandi squadre dei nostri tempi, un compenso di 600 scudi che sarebbero quasi 40 mila euro di oggi. Una cifra esorbitante se si considera che un maestro elementare dello Stato Pontificio guadagnava uno stipendio da 25 a 60 scudi l’anno. Ed era talmente imbattibile che a un certo punto gli fu vietato di giocare in tutti i campi delle Marche, per “manifesta superiorità”.
Così, Didimi, si trasferì a Forlì, sotto falso nome per farsi “assumere” da una squadra con un cachet meno esoso, ma sicuro. Solo che un tifoso vedendolo giocare si accorse delle straordinarie capacità, capì chi poteva essere e allo sferisterio, di fronte a tutti urlò: “Quello è Didimi, il più forte di tutti!”. Una volta smascherato la carriera di Didimi si può definire finita. La pratica della palla al bracciale continuò a lungo ad esercitare un ampio consenso. Sulla “Lotta di. Classe” del 26 giugno 1913 viene sostenuto che: “Il più simpatico ed attraente fra tutti gli esercizi dello sport è certamente quello del pallone. Nei giorni di sabato 28, domenica 29 e lunedì 30 giugno 1913 avremo nel nostro sferisterio, il più vasto di tutt’Italia, la fortuna di ammirare ed applaudire i veri campioni del bracciale…”.
Singolare il fatto che dopo la Prima Guerra mondiale questo sport, almeno da noi, scomparve senza lasciare traccia, segno che il superamento definitivo dell’Ottocento avviene con la fine della Grande Guerra e la ripartenza sportiva la si ha l’anno dopo con la nascita del Forlì Calcio. Si trattava pur sempre di un gioco con la palla. Cambia solo che per lanciare la palla si usano i piedi.
Gabriele Zelli