«Il 18 e 19 settembre scorso, l’alluvione si è ripetuta sull’Emilia-Romagna colpendo in maniera sconvolgente buona parte del territorio Bolognese, Ravennate e Forlivese. Senza dubbio gli interventi di ripristino e risanamento successivi devono essere effettuati il prima possibile senza perdersi nei rivoli della burocrazia e delle responsabilità come si sta ripetendo in questi ultimi giorni ed anni. Per il Tavolo delle Associazioni Ambientaliste di Forlì (TAAF) quello che non si affronta con professionalità e velocità è la prevenzione per evitare o per lo meno ridurre gli allagamenti e il dissesto del territorio. Si era parlato di creare casse di espansione, di intervenire sulle golene, di alzare gli argini, di evitare il restringimento degli alvei con nuove costruzioni e di evitare la cementificazione di nuove aree artigianali e industriali, ma ancora una volta non c’è stato l’impegno da parte delle istituzioni a realizzarle. Analizzando attentamente quanto è accaduto, pur continuando a sostenere l’idea che solo l’abbassamento della CO2 può ridurre le disastrose variazioni climatiche, il TAAF propone un sistema, usato nel passato e recentemente in alcune zone d’Italia, per difendere le città, i paesi e le relative attività artigianali, agricole e industriali dalle alluvioni» è l’analisi di Ornella Mordenti coordinatrice TAAF.
«Nel lontano Medio Evo, Caterina Sforza, signora di Forlì, fece realizzare un’opera idraulica per allontanare le acque del fiume Rabbi, che periodicamente allagavano la città, facendole deviare nel vicino fiume Montone. Non è un caso isolato da ricordare, perchè venne copiato, nei secoli successivi, per situazioni analoghe, a Bologna che ha un canale scolmatore che versa l’acqua eccedente del fiume Reno nel Po, in Trentino con la galleria scolmatore dell’Adige (Mori-Torbole), così come in Lombardia e in Toscana. Ritornando al problema romagnolo, senza perdere di vista cosa fece Caterina e quanto si è fatto in altre località italiane, abbiamo visto che l’alluvione del 2023 si è propagata in una vasta zona del comune di Forlì per la grande quantità d’acqua che si è riversata a monte della città per l’unione dei due corsi fluviali, Rabbi e Montone. Ebbene visto che la portata dei due fiumi uniti provoca situazioni di tracimazione, con una frequenza ormai allarmante, perché non costruiamo canalizzazioni supplementari (scolmatori), riprendendo l’intuizione di Caterina, per incanalare una parte dell’acqua prima che arrivi alle porte della città?» si domanda la coordinatrice del TAAF.
«Proponiamo quindi di costruire, in tempi brevi, uno scolmatore, che partendo dal fiume Montone, o dai due fiumi uniti, in direzione nord, passando per la campagna a Villanova, sfruttando i fossi già presenti fra le proprietà agricole, naturalmente dimensionandoli a sufficienza, deviando poi verso la pianura, arrivi a connettersi con i canali a nord di Ravenna e quindi al mare. Tale canale, che altererebbe parzialmente il territorio, si potrebbe usare nelle situazioni di emergenza quando la piena nei due fiumi si dimostra eccessiva e pericolosa, per fornire acqua per le irrigazioni agricole e per alimentare la falda acquifera delle conoidi lontana dai principali corsi d’acqua.
Visto che riusciamo a costruire tangenziali o autostrade per risolvere il problema del traffico veicolare eccessivo, potrebbe essere una buona idea costruire anche una “tangenziale per i fiumi”. Quali risorse sono necessarie per la realizzazione del progetto? Il TAAF pensa che si tratti di un’opera molto meno costosa del canale emiliano romagnolo (CER). Non impressioniamoci per la cifra che diventa ridicola se la confrontiamo con quanto è costato nell’anno 2023 e quanto costerà per l’anno 2024 alla comunità il ripristino di tutto il territorio alluvionato» conclude Mordenti.