Passeggiando per Forlì ho rilevato queste sviste, curiosità ed anche qualche errore. Fanno parte della storia della mia città.
Via Oliverotto Fabretti
Nella seconda traversa a sinistra di via Ravegnana andando verso il sottopasso ho notato che nella dedica della via ad Oliverotto Fabretti, il suo cognome è diventato Fabbretti, due B anziché una. Fabretti è stato un personaggio culturalmente importante in questa nostra città. Ha trattato infiniti argomenti dell’ambito forlivese, tanto che dopo la sua scomparsa nel 1929 a soli 37 anni, per onorare la sua memoria venne istituito un Premio a suo nome presso il R.Istituto Magistrale di Forlì “Marzia degli Ordelaffi” dove lui era docente di lingua e lettere latine e storia.
Via Paolo Bentivoglio
Ho già scritto in altra occasione scrivendo di Via Felice Orsini, che la traversa venendo da C.so Mazzini dopo via Francesco Daverio, già via Casette Scrittori, e che porta a viale Matteotti (in altri tempi alla pesa pubblica) dedicata a Paolo Bentivoglio, partigiano bolognese, a mio personale parere sarebbe stato più consono dedicarla al bombardamento del 19 maggio 1944 con 140 morti e circa 400 feriti, e la totale distruzione di tutto e che ha aperto questo varco distruggendo il Distretto militare.
Via Edmondo De Amicis
Sempre in centro abbiamo, traversa di piazza Cavour (delle Erbe), verso Via Pisacane, Via De Amicis, un tempo Via Misericordia (chissà perché) dove per tutta la sua vita ha operato il Conte Ferrante Orselli (1710-1766) a cui è dedicata la piccola Chiesa, S.Francesco Regis (Gesuita francese, una vita dedicata ai poveri. Beato nel 1716, Santo nel 1737). Il Conte ha dedicato i suoi beni a favore dei giovani già un tempo esposti ed abbandonati. Ebbene una Via a Ferrante Orselli è stata dedicata, ma dov’è? In quel di Bussecchio (!), dove ai suoi tempi era solo campagna e quindi il suo nome lì, cosa ci fa? Non ho nel mio articolo ricordato la sorella di Ferrante, Francesca Antonia Maria Orselli (1712-1737) che, imitando una zia monaca, volle chiamarsi come lei: Maria Innocenza. Questi due fratelli travolti da un appassionato amore per la Fede, si dedicano, Ferrante, sé stesso e i suoi beni ai giovani abbandonati, la sorella invece alle preghiere e diventa così monaca nel Monastero di S.Caterina qui a Forlì. Purtroppo, sfortunatamente, a soli 25 anni muore.
Giuseppe Miller
A proposito di questo patriota del quale ho scritto, è da ricordare quanto a suo tempo (1921) disse Oliverotto Fabretti (1891-1928), del quale ho parlato più sopra, quando chiese che Via Andrelini o Anderlini avrebbe dovuto cambiare nome perché proprio lì nell’allora Via chiamata Ravaglia o Contrada del Zampa, il 21 ottobre 1805 al n° 24 era nato Giuseppe Wither detto Miller. Chiaramente l’amministrazione di allora non fece nulla. Anzi nella lapide posta all’interno del Palazzo Municipale (parete di sinistra salendo lo scalone) nel novembre 1911 venne scoperta una lapide con l’iscrizione dettata dal famoso epigrafista Pio Squadrani: «Cercate invano le preziose reliquie, la città nativa volle onorato in perpetuo Giuseppe Miller». L’affermazione che i resti di Miller non furono trovati non era assolutamente esatta. Perché i resti erano stati cercati a Cosenza (!) e non a San Giovanni in Fiore! Lui era stato ucciso in uno scontro a fuoco il 19 giugno 1844 in località Stragola a S. Giovanni in Fiore (Cosenza), e qui era stato sepolto nel giugno 1844 nella Chiesa della S. Annunziata. Lì nel 1911 i suoi resti erano ancora presenti, perché così affermava Oliverotto Fabretti grazie alle sue ricerche e corrispondenze, io ho cercato per ben 6 mesi di avere qualche notizia sulla possibilità di rinvenire questi resti rivolgendomi ai notabili di S.Giovanni in Fiore. È stato tutto inutile. Sono stato completamente ignorato.
Antonio Fratti
Di questo illustre personaggio (1845-1897) vogliamo solo ricordare che qui in Forlì il suo nome è stato ricordato con dovizia di lapidi. Abbiamo però riscontrato che nella casa che si dice la sua natale in quel del Ronco nella facciata è posta una lapide con un grossolano errore come si può leggere: morto a Domodok anziché Domokos. La lapide è datata 17 maggio 1900. Perché non è mai stata corretta?
Ettore Casadei. Guida: Forlì e dintorni. Nella famosa guida di E. Casadei c’è più di una svista
Per quanto riguarda la fucilazione dei quattro forlivesi, ricordati nella famosa lapide sul muro delle carceri, Casadei come data del fatto scrive 25 agosto, sbaglia mese. Infatti la data esatta è il 25 giugno 1852. Nella Guida di Forlì di Calzini e Mazzatinti del 1893 non esiste nulla che parli di questa lapide e del fatto.
Altro errore la trascrizione della lapide con lo stemma di Cesare Borgia. Questa è posta sul muro della Rocca dove pare che gli assedianti aprissero un varco rendendo inutile la difesa. Questa la vera scritta: «C.Borgia de Francia Valen. Romandiole Ducis ac S.R. Conf. Et Cap.Generali». Gli errori presenti nella guida di Ettore Casadei: «C.Borgiae Franc Valen. Romandiolae Ducis ac SRE Conf. Et Cap. Generalis». Senza dubbio Casadei l’aveva ripresa dalla guida di Calzini e Mazzatinti che abbiamo già citato.
Altro errore a proposito dell’uccisione di Michele Placucci (rileggete il mio articolo ”Usanze e superstizioni…”) La sera del 30 marzo 1840, alle ore 9 circa, al suo ritorno a casa, Placucci, in via Angelo Moroni (dedicata, non so per quale motivo, al Cap. della 4° Legione, Comandante la Piazza di Forlì, 14 pratile, anno VI repubblicano (2 giugno 1798), strada che è una traversa tra Via Giordano Bruno e Via S. Anna) e lì viene pugnalato a morte. Casadei scrive invece che l’omicidio è avvenuto in Via Albicini. Casadei non si accorge neppure parlando del Ronco che la lapide dedicata ad Antonio Fratti ha un errore, come abbiamo visto.
Monumento alla Vittoria
Io a suo tempo ho scritto tanto su questo monumento. Allora avevo notato che nella scritta di descrizione posta davanti allo stesso dalla parte del viale c’era un errore nella misura della sua altezza. Infatti vi era scritto di 22 metri quando invece sono 32 (U.Tramonti). Oggi la scritta non esiste più, quindi neanche l’errore. Il restauro mi lascia perplesso perché il monumento ha perso quella patina di antico che lo rendeva vivo. Oggi è asettico, quasi ospedaliero con quel suo biancore uniforme ed esagerato. Tutti i restauratori cercano sempre di conservare quella patina di antico che ha il pezzo su cui stanno lavorando per non snaturarlo e farlo rimanere, se lo è, antico.
Curiosità: Porta Schiavonia
Nell’interno della Porta Schiavonia prima dell’uscita verso il ponte, dalla parte sinistra, è stata murata in mezzo a tanti mattoni una pietra miliare della strada N.67 Tosco Romagnola come è ancora scritto. Quanto era presente nella parte sottostante non è più leggibile è stato scalpellato. Senza dubbio era un fascio.
Curiosità: Località La Cava
Arrivati percorrendo Viale Bologna o Via Emilia che dir si voglia, all’incrocio che porta all’interno del quartiere Cava, sulla destra seminascosta perché arretrata rispetto al bordo della strada e coperta da qualche casa esiste questa piccola cappella chiamata “Celletta del Divino Amore “ costruita nel 1816. In questo stesso luogo sorgeva un cippo a ricordo della visita di papa PIO VII venerdì 15 aprile 1814. Papa Chiaramonti rientrava in Italia dopo più di 4 anni di esilio e prigionia in Francia e testimoniava con la sua presenza il ritorno delle provincie emiliane e romagnole al potere pontificio. In Forlì la notizia di questa visita suscitò enorme emozione e già 10 giorni prima ne era stato dato avviso. Alle ore 12 il Pontefice era giunto al principio del territorio forlivese, sì proprio in questo punto (!), ed a incontrarlo il vescovo di Forlì Andrea Bratti con tutte le autorità. Il popolo intanto giunto dalla città e dalle campagne distaccò i cavalli dalla carrozza e volle tirarla a mano.
Giunto a porta Schiavonia il Podestà, accompagnato da tutte le Autorià civili e militari, si presentò al Papa e genuflesso gli parlò. Il pontefice ammise il bacio della mano. In quest’occasione Michele Placucci, (citato nella targa descrittiva della cappella), ufficiale della Guardia Nazionale ebbe l’onore di offrire la sua spalla destra al Papa per aiutarlo a scendere dalla carrozza. Un’ora più tardi Pio VII fece il solenne ingresso in Forlì con il suono di tuttte le campane. Apparve sulla gran piazza adorna di ricchi addobbi dove si erano radunate circa trentamila persone (!?), un numero penso esagerato, ma così recitano le cronache. Il giorno dopo, svolte tutte le funzioni, verso le nove prese la via che conduce a Ravenna con un seguito imponente compresa la Guardia Nazionale a cavallo che ebbe l’onore di scortarlo fino al confine del territorio forlivese e cioè la Cocolia. Giunto alla parrocchia di Durazzanino alle ore 11 il corteo, accompagnato dal Podestà e preceduto e seguito da una moltitudine di gente di fronte al vado detto la Sisa, si fermò perchè una ventina di giovani distaccati i cavalli portarono la carrozza a braccia fino allo steccato della chiesa. Il Papa riconoscente di tanta devozione, proseguì poi il viaggio verso Ravenna.
È da sottolineare il fatto che questa visita lascia un profondo segno in Forlì. Infatti alla città viene confermato ruolo e status di capoluogo. Non solo, anche nell’urbanistica avvengono radicali mutamenti. Infatti avviene un subitaneo cambio di intitolazione dei luoghi cittadini percepiti come più visibili, come Borgo Cotogni rinominato Borgo Pio (con l’abbattimento dei portici con gli edifici che si sarebbero presentati con facciate uniformi) e Porta Cotogni intitolata Porta Pia (vedi i disegni di Giuseppe Missirini del 1816).
Tornando alla Cappella dalla quale siamo partiti, un tempo era punto di riferimento tra le parrocchie dei Romiti e di Villanova, legata alla proprietà del podere su cui insisteva. Nel 1954 nasce il nuovo quartiere Cava e la Cappella viene donata alla Parrocchia della Cava.
Agostino Bernucci