Gli interventi sul letto del fiume Montone sono come la tela di Penelope

uno scavatore sotto il ponte di Schiavonia

«Dei residenti hanno fatto pervenire alcune foto di un intervento non meglio precisato e circostanziato disposto dalla regione Emilia-Romagna per rimuovere i sedimenti dal letto del fiume Montone nel tratto prospicente il ponte di Schiavonia, molto prevedibilmente trasportati dalla erosione degli argini delle recenti piene, resi friabili dalla eradicazione degli alberi operata lungo le sponde. Mentre le pale meccaniche cingolate hanno valutato la tenuta delle zone di lavoro, evitando magari di impantanarsi, resta irrisolta la problematica sollevata da Sara Vannoni, responsabile provinciale dell’Agenzia per la sicurezza territoriale e Protezione civile, la quale durante un evento del 26 febbraio scorso a proposito dell’intervento citato disse “si andranno a rimuovere con questo intervento gran parte dei detriti che si sono depositati nel corso di circa un secolo. I lavori ad ora sono sospesi in attesa di bonifica di ordigni bellici, che sono stati rilevati”. Quindi è lecito chiedersi se detti ordigni siano stati rilevati ma nel frattempo sia stato disposto l’inizio dei lavori, quando gli ordigni siano stati rimossi, laddove la bonifica avrebbe richiesto misure di sicurezza di largo raggio coordinate dalla Prefettura» è la segnalazione di Raffaele Acri consigliere Quartiere Resistenza.

«Difficile poi credere visto le condizioni degli argini del fiume, sguarnito della protezione degli alberi che gli accumuli di detriti siano secolari ovvero abbiano sicuramente avuto una addizione importante dalla grande alluvione del maggio 2023. In estrema sintesi quindi le opere di prevenzione della regione Emilia Romagna per la prevenzione sui fiumi di competenza sono state le seguenti:
taglio degli alberi lungo gli argini dei fiumi; accatastamento degli stessi dopo il taglio senza una spiegazione lungo gli argini; rimozione dei tronchi precedentemente accatastati trasportati dalle piene sotto i ponti; rimozione necessariamente periodica dei detriti che si accumulano dall’erosione degli argini rimasti senza alberi. C’è sicuramente qualcosa di folle o di sconsiderato in questa che appare una insulsa attività naturalmente a spese di cittadini emiliano-romagnoli» conclude Raffaele Acri.

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